Usa, un New Deal per il Messico

L'immigrazione clandestina ha ormai dimensioni bibliche. I Repubblicani propongono misure draconiane quanto inutili. L'unica soluzione possibile è invece imparare dall'esperienza europea
Il clamore dell'anno elettorale sul modo di fronteggiare l'immigrazione illegale ha gettato nella confusione il normale scenario politico di Washington. A dicembre il gruppo repubblicano della Camera dei rappresentanti, avvertendo la possibilità di puntare su un tema vantaggioso in un anno politico per altri versi oscuro, ha rotto con i tradizionali alleati e ha presentato una legge draconiana diretta a criminalizzare e deportare tutti gli undici milioni di lavoratori clandestini illegali, al tempo stesso innalzando più alte barriere lungo il confine messicano per assicurarsi che essi non possano ritornare.
 
Al senato il democratico Edward Kennedy e il repubblicano John McCain propongono che i lavoratori illegali abbiano l'opportunità di acquisire la cittadinanza e che il programma d'ingresso dei lavoratori immigrati sia allargato. L'amministrazione Bush vuole più lavoratori immigrati, ma non l'amnistia per i lavoratori già presenti. L'AFL-CIO provvederebbe un sentiero di legalizzazione per quelli già presenti., ma non consentendo nuovi ingressi. Altri sindacati che si sono staccati di recente dalla confederazione sostengono invece  l'entrata di un maggior numero di immigrati, d'accordo in questo con la Camera di commercio.
 
La confusione politica si spiega con il fatto che nessuna di queste proposte è in grado di andare alle radici del problema. L'innalzamento di barriere e l'intensificazione dell'azione di contrasto della polizia renderanno certamente più difficile l'attraversamento della frontiera, ma la storia recente ci dice che non arresteranno l'afflusso di immigrati illegali, così come la repressione non ha fermato il flusso illegale di droghe. Né le deportazioni di massa, né i limiti numerici posti agli ingressi, né l'amnistia colgono la radice dei fenomeni legati alla povertà e alla mancanza di  opportunità di lavoro a sud della frontiera.
 
Il Messico non è l'unica fonte dell'immigrazione illegale, ma è di gran lunga la più grande, rappresentando oltre i tre quarti del totale. Circa il 40 per cento degli oltre cento milioni di persone che vivono in Messico affermano che si trasferirebbero negli Stati Uniti se ne avessero l'opportunità, che dipende dalla possibilità di sborsare più o meno 2.500 dollari, quanto costa un "coyote" che faccia attraversare la frontiera. Tentativo nel quale almeno 400 morirono l'anno scorso.
 
Nessuno pensava che potesse ancora accadere. Tredici anni or sono ci fu assicurato che l'Accordo di libero scambio nord americano (NAFTA) avrebbe trasformato il Messico in una società di prosperoso ceto medio. "Vi sarà una minore immigrazione illegale" promise il presidente Bill Clinton, " poiché un maggior numero di messicani potrà allevare i propri figli rimanendo nella propria terra". E il presidente messicano Carlos Salinas sostenne che la scelta era fra l'importazione di pomodori messicani o di raccoglitori di pomodori.
 
Purtroppo, il NAFTA non ha mantenuto le promesse. La crescita economica è stata debole, e i suoi benefici hanno avvantaggiato i più ricchi per i quali l'emigrazione agisce come una valvola di sicurezza. Le elite hanno fatto del Messico una delle società più diseguali dell'emisfero occidentale, mentre le rimesse dei lavoratori migranti alle loro famiglie frenano le spinte verso  il conflitto sociale
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Il NAFTA contrasta clamorosamente con l'esperienza dell'integrazione economica dell'Europa occidentale che previde la libertà di movimento delle persone attraverso i confini. All'origine vi fu il diffuso timore che Germania, Francia e altri paesi ricchi sarebbero stati inondati da lavoratori provenienti da Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia.. Per evitare questo , la Comunità europea stanziò risorse  destinate a programmi di sviluppo finalizzati alla creazione di posti di lavoro nei paesi più poveri. Si dimostrò che quando opportunità economiche vengono offerte in patria, moltissimi preferiscono rimanere nel loro paese.
 
E' tempo per i leader di questo paese riconoscere che il NAFTA non ha mantenuto le promesse e tornare a ridefinirne i termini. Abbiamo bisogno di un New Deal fra Stati Uniti e Messico. Esso comprende un trasferimento di fondi per infrastrutture, istruzione e altri investimenti pubblici diretti a stimolare la crescita dell'occupazione e l'aumento dei salari in Messico. In cambio i leader messicani dovrebbero impegnarsi a introdurre un sistema di protezione obbligatoria attraverso la libera contrattazione collettiva, salari minimi e altre misure dirette a garantire la crescita dei salari in parallelo con la crescita economica.
 
Questo New Deal col Messico non è semplice. Ma sarebbe di gran lunga più efficace per fronteggiare l'origine del problema direttamente piuttosto che alimentare l'illusione che possa essere risolto semplicemente  con nuove leggi sull'immigrazione e barriere  sempre più alte. Nella misura in cui l'economia messicana non può offrire alla propria popolazione opportunità economiche, nuovi migranti continueranno ad arrivare.
 
(Jeff Faux , fondatore dell'Economic Policy Institute, ha recentemente pubblicato "The global class war" )
 
(Traduzione a cura della redazione di EL)
Mercoledì, 12. Aprile 2006
 

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