Cara Cgil, che pasticcio!

La posizione scelta dal Direttivo non solo complica le relazioni con la piccola impresa, ma è anche difficilmente compatibile con la proposta di legge sulle nuove garanzie
Il Direttivo Cgil del 6 e 7 maggio ha messo insieme un armamentario di novità davvero rilevanti. La più grande è quella consistente... “nella scelta di votare SI a un referendum del quale ci si dichiara contrari ma che tanto non passerà per mancanza di quorum…” . Ma c’è anche la richiesta di plebiscito al segretario generale consistente nella approvazione della sua relazione, la invenzione delle dichiarazioni di non partecipare al voto come trasformazione di ordini del giorno ritirati dai proponenti (me compreso) e perfino l’accreditamento di dottissime dissertazioni degli scienziati della Consulta giuridica per spiegarci come ci sarebbe “sinergia e non più antagonismo tra le proposte di legge della Cgil e il referendum sull’art. 18”.

Lo schierarsi della Cgil a favore del SI avrà comunque un effetto di complicare e incattivire le relazioni con il mondo della piccola impresa. E’ un mondo con il quale si sono fatti contratti non grazie a rapporti di forza messi in campo, ma grazie a un sistema di relazioni fondate sulla reciproca convenienza e riconoscimento. Se gli si mettono le dita negli occhi ci si espone a vendette che saranno pagate dai lavoratori. Naturalmente c’è chi sostiene come peggio di così non si possa andare e che, anzi, una vittoria del SI scatenerebbe una capacità di rivolta e combattimento nei lavoratori interessati tale da poter creare uno scenario nuovo e del tutto ad essi favorevole, in quanto liberati dal cappio della possibilità di licenziamento non giustificato e senza reintegrazione.
 
Vorrei rassicurare che nel mio approccio non c’entra un bel niente la politica togliattiana di alleanza con i ceti medi. Non esistendo più un partito della classe operaia non c’è più il tema alleanze; c’è solo il tema convenienze. E tra queste c’è da valutare se sia appunto conveniente, per i lavoratori delle piccole imprese, il mandare questa massa di piccoli imprenditori definitivamente in braccio a Berlusconi, Bossi e Fini di modo che possano seguitare a governare a lungo questo paese. Ma è chiaro che questo rischio potrebbe essere ben mitigato da una capacità di rivolta sociale organizzata dai lavoratori in questione. Tuttavia non ho finora sentito nessuno affrontare queste problematiche e continuo a ritenere impossibile fare il molto (nuovi e buoni contratti) da parte di chi non ha finora dimostrato di fare il poco (ottenere che siano applicati quelli modesti preesistenti debellando il lavoro nero).
Veniamo al problema “sinergia”.
 
Davvero una vittoria del SI apre la strada alla approvazione della legge proposta da Cgil?
 
Per rendere praticabile una tale ipotesi la Cgil dovrebbe tornare dai lavoratori “beneficiati” dal referendum a spiegare che il suo intento vero non era estendergli l’art. 18, ma dargli più soldi “con un’adeguata sanzione risarcitoria, intesa però non più come variabile mediante forfetizzazione da un minimo e un massimo, ma quale risarcimento del danno venturo derivante dalla perdita dell’utilità futura che sarebbe derivata dalla conservazione del posto di lavoro” (Giorgio Ghezzi - Rassegna Sindacale n. 18/2003). Cioè ti leviamo la reintegra ottenuta con il referendum, ma ti diamo un tale pacco di soldi che vale molto di più.
 
Non ho idea di come reagirà Bertinotti quale autentico ed unico vero titolare della eventuale vittoria, ma immagino che griderà al tradimento.
 
Molto più probabile che una volta ottenuta una regola uniforme per tutte le imprese di qualsiasi dimensione si ritenga questo criterio non più modificabile e allora prenda piede l’idea di abbassare (o rimodulare che è più carino) per tutti e rispunterà la proposta di Pietro Ichino. Che io non considero malvagia ma neppure desiderabile. Chi sia approdato a questa idea - e perciò al SI - avrebbe il dovere di dirlo prima, anche per rendere possibile un negoziato capace di estendere qualcosa ai Co.Co.Co e agli stessi protagonisti delle associazioni in partecipazione che sembrano entrare trionfalmente nelle novità ammesse da Cgil-Cisl-Uil, dal momento che si concorda di metterli in regola con l’INPS.
 
Conviene comunque apprezzare il lato comico di ogni situazione.
In questo caso lo schierarsi con il SI, ma senza combattimento di modo che non si arrivi al quorum. A meno che non ci pensi Berlusconi...
 
Aldo Amoretti è membro del Direttivo della Cgil
Giovedì, 15. Maggio 2003
 

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