Bush e l'arte della menzogna

La dottrina dell'esportazione della democrazia (con le armi) e il problema della sanità Usa vengono affrontati nello stesso modo: si afferma un principio, pazienza se la realtà non corrisponde. Così mentire diventa una pratica di governo

Nel discorso sullo stato dell’Unione, il presidente Bush non ha fatto nemmeno un cenno all’asse del male (Iran, Iraq e Corea del nord) che l’anno scorso servì a mobilitare l’America e pochi stati amici o “lacchè” nell’avventura irachena.
Il pericolo imminente delle armi nucleari, chimiche e biologiche è stato declassato al rischio costituito dai “programmi di costruzione di armi di distruzioni di massa”. Ora siamo avvertiti che la guerra in corso e quelle future hanno una motivazione semplificata ed estensibile a discrezione: portare la democrazia dove non c’è, naturalmente anche con la forza, e occupando militarmente i paesi che si vogliono liberare. A questo punto non c’è più bisogno di giustificazioni che possono diventare imbarazzati e rivelarsi pure menzogne l’anno dopo. Basta assumere un principio e dedurne la legittimazione di qualsiasi iniziativa sia giudicata politicamente conveniente.

Questo schema lo ritroviamo nella parte del discorso che riguarda la politica sociale e quindi direttamente la campagna elettorale. Il principio in questo caso non è la democrazia a ogni costo, ma la superiorità dell’iniziativa privata, che – afferma il presidente nel suo discorso alla nazione – è, per definizione, più efficiente di qualsiasi gestione pubblica.

Applicando questo principio al sistema sanitario, la cui gestione è privata, ne deriva, per la proprietà transitiva, che la sanità americana è la più efficiente possibile, e che lo Stato – ribadisce Bush - deve astenersi dall’assumere impegni diretti.

Proviamo a capire se il sillogismo funziona.
1) Il modello americano è basato su un sistema assicurativo privato, ma il governo federale assume la spesa per l’assistenza ai poveri (medicaid) e agli anziani con più di 65 anni (medicare), e per quest’ultima i lavoratori pagano un contributo del tre per cento, diviso con l’impresa.
2) Complessivamente, fra spesa a carico del bilancio federale, contributi dei lavoratori e costo delle assicurazioni private, la spesa totale oscilla fra il 13 e il 14 per cento del PIL.
3) Questo livello è il più alto al mondo. Nell’Unione europea, dove l’assistenza ha carattere universale ed è generalmente gratuita, la spesa media è intorno all’8 per cento del PIL, con alcune differenze fra i diversi paesi. L’Italia è perfettamente in linea con la media europea; la Francia e la Germania sono uno o due punti sopra la media, altri sotto.
4) Oltre quarantatré milioni di cittadini che non hanno la fortuna (sfortuna?) di essere iscritti nelle liste di povertà e di non essere nemmeno vecchi sono privi di assistenza sanitaria. Sono in generale i lavoratori che non lavorano per le grandi imprese o che hanno lavori discontinui o a tempo parziale. Strati crescenti di ceto medio, in passato garantiti, cadono sempre più frequentemente in questa condizione, non disponendo di risorse per un’assicurazione privata.

Allora dov’è la decantata efficienza del sistema? E’ il più caro del pianeta e lascia decine di milioni di cittadini americani privi di assistenza, fra i quali undici milioni di bambini, come nei paesi più derelitti del terzo mondo.

Ma, oltre a essere il discorso sullo stato dell’Unione, il discorso di Bush era anche il manifesto elettorale per la rielezione fra otto mesi, e la sanità minaccia di essere uno dei principali cavalli di battaglia dei democratici. Bush anticipa tutti e propone un credito d’imposta oscillante fra 1000 e 3000 dollari per tutti coloro che, essendo privi di assistenza, acquisteranno un’assicurazione privata.

Secondo gli esperti, la stragrande maggioranza delle persone e delle famiglie che non è assicurata continuerà a non poter sopportare i costi di un’assicurazione privata, intorno a 10.000 dollari l’anno, e continuerà a essere privo di assistenza. In compenso, il gigantesco disavanzo della spesa pubblica federale, accumulato in tre anni di amministrazione repubblicana, aumenterà ulteriormente a beneficio delle compagnie assicuratrici e delle case farmaceutiche. Com'è già successo con la legge che prevede la concessione delle medicine agli anziani che, in principio, godono solo dell’assistenza ospedaliera.

Che cosa ha a che fare il problema della sanità con quello della guerra? In effetti, nulla. Ma c’è qualcosa che accomuna il modo di ragionare. La guerra irachena deve essere considerata legittima non perché si siano trovate prove di un pericolo imminente, ma sulla base di un principio: è giusto esportare la democrazia anche con la forza per rendere il mondo più sicuro. La realtà, se ce ne fosse stato bisogno, dimostra tragicamente il contrario, ma non vale.

Alla stessa stregua, la sanità va bene così com’è, in base al principio che il sistema assicurativo privato è il migliore. Il fatto che costi mediamente sei punti di prodotto nazionale in più rispetto alla media europea, lasciando decine di milioni di cittadini senza assistenza, nel paese più ricco del pianeta, non conta. O forse conta per chi di questo sistema paga le conseguenze.

Ma affermare, come se fossero vere cose che non lo sono, può diventare una pratica ordinaria di governo. Quando l’apatia e l’assuefazione finiscono col prevalere, la menzogna può, anzi, diventare un’arte di governo.

Sabato, 24. Gennaio 2004
 

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