Bankitalia, la Lega e le massime di Andreotti

'A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca', diceva il politico democristiano. Sulla vicenda Fazio forse è il caso di pensar male: se Bossi d'improvviso ha interrotto la sua difesa intransigente, potrebbe aver avuto assicurazioni su contropartite pericolose
Proviamo ad applicare alla vicenda della Banca d'Italia il famoso metodo Andreotti, quello secondo cui "a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca". Ad applicarlo non tanto agli attacchi, ormai corali, contro il governatore Antonio Fazio: anche se molti di essi celano secondi fini, la persona è ormai indifendibile. Quanto ai propositi di chi lo ha difeso fino all'ultimo a spada tratta, anzi, con lo spadone di Alberto da Giussano: la Lega.
 
E' bene ricordare qual è stato il "tema forte" di questa difesa: Fazio, dicevano i leghisti, non si tocca perché gli attacchi contro di lui sono diretti in realtà contro la nascita della Grande Banca Padana (ossia la Popolare Italiana, ex Lodi, più l'Antonveneta). Il vero problema, continuavano Maroni e Calderoli, non è Fazio, né i poteri del governatore: il vero problema è la proprietà della Banca d'Italia, attualmente detenuta in massima parte dalle banche private e segnatamente dalle quattro maggiori che da sole arrivano quasi al 60% delle azioni. I controllati posseggono il controllore, c'è un grave conflitto d'interesse (argomento, del resto, su cui nel Polo ci sono fini studiosi).
 
Ora, da un punto di vista puramente teorico i leghisti hanno ragione, e del resto in nessun altro paese la banca centrale è controllata - sia pure nominalmente - da privati. Da un punto di vista sostanziale, però, gli azionisti di Bankitalia hanno sempre contato zero, e infatto nessuno mai si era posto questo problema.
 
Quello della Lega è solo un pretesto per difendere Fazio, come contropartita del salvataggio della loro banchetta Credieuronord? Oppure c'è un disegno, che non è ancora venuto del tutto alla luce ma che potrebbe emergere ben presto, cogliendo tutti di sorpresa?
 
Questa seconda ipotesi è del tutto possibile. Bisogna ricordare, anche, che l'intransigenza della Lega è finita dopo il vertice nella villa di Berlusconi da cui è uscito il progetto (progettino, diciamo) di riforma che è stato inserito nel ddl sul risparmio. "Ho fatto il miracolo", ha dichiarato soddisfatto Berlusconi; ma che cosa ha promesso, alla Lega, per ottenere questo "miracolo"?
 
Quel che si sa è che si è deciso che le azioni della Banca d'Italia passeranno in mano pubblica, ma del come, a quali soggetti esattamente e con quale ruolo, resta ancora un mistero. Si è parlato, tra l'altro, della possibilità che azioniste diventino le Regioni, come, per esempio, per la Bundesbank tedesca: con un tale modello, chi potrebbe avere a che ridire?
 
Proprio questo, però, potrebbe essere quello a cui la Lega punta. Un Consiglio superiore della Banca d'Italia che non sia, come adesso, puramente decorativo, ma che abbia poteri d'indirizzo e di controllo ed esprima magari pareri sulle nomine. La Lega, da sola, non avrebbe certo una presenza significativa, ma potrebbe usare, come spessissimo ha fatto, il potere di ricatto all'interno della coalizione per ottenere delle cose a cui tiene particolarmente. Una Grande Banca Padana, per esempio. E l'obiezione che, comunque, sia i membri del Direttorio che quelli di un eventuale Consiglio superiore riformato dovrebbero avere forti requisiti di professionalità non tiene granché: è così assurdo pensare a qualche Guazzaloca messo a decidere che cosa debbano fare le banche? Il rischio, insomma, è di passare da un conflitto d'interesse teorico a una lottizzazione politica concreta: vuoi fare Unipol-Bnl? Va bene, ma allora devi farmi fare Popolare Italiana-Antonveneta.
 
Nel frattempo, Berlusconi appare sempre più in difficoltà. Tutti i membri più importanti del suo governo, da Siniscalco a Tremonti a Fini, hanno dichiarato che Fazio se ne deve andare. Solo lui ancora si barcamena senza prendere una posizione precisa. Il fatto è che nessuna delle candidature che circolano (Padoa Schioppa, Monti, Draghi, Siniscalco) sarebbe di garanzia per la Lega, e d'altra parte, con gli occhi di tutto il mondo puntati addosso, non si può scegliere chi si vuole. Fazio si potrebbe mandar via, ma dopo? Così il presidente del Consiglio traccheggia. Ma la sensazione è che la situazione gli sia ormai sfuggita di mano.
Giovedì, 8. Settembre 2005
 

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