Il Fiscal Sustainability Report 2015 della Commissione Europea (Institutional Paper n. 18, gennaio 2016) presentato al Consiglio e al Parlamento europei, è un documento di oltre duecento pagine, con una congerie di dati, tabelle e grafici. Lobiettivo è quello di presentare un quadro complessivo riferito al breve termine (in sostanza lanno in corso), al medio termine (un arco decennale), e infine al lungo termine (dal 2027 in poi). Cipro e Grecia, sottoposti ai programmi della Troika, non sono considerati. I paesi sono classificati in tre livelli di rischio: basso, medio ed alto. Mentre nel medio periodo i fattori principali sono costituiti dal rapporto debito-PIL e dalla dinamica del deficit, nel lungo termine i fattori demografici, in particolare linvecchiamento della popolazione (e quindi pensioni e cure a lunga degenza) svolge il ruolo più importante.
Mentre
nel breve periodo tutti e ventisei i paesi sono considerati a basso rischio, 11
paesi sono considerati ad alto rischio e 5 a medio rischio nel medio periodo;
un solo paese è considerato ad alto rischio nel lungo periodo, e 14 a medio
rischio. La Slovenia quindi è ad alto rischio sia nel medio che nel lungo
periodo, mentre Belgio, Finlandia, Romania e Regno Unito sono ad alto rischio
nel medio e a medio rischio nel lungo periodo. Tutti i paesi, eccetto
lUngheria, che hanno un medio rischio nel medio periodo, lo hanno anche nel
lungo.
Medio periodo |
Lungo periodo |
|
Alto rischio |
Belgio, Irlanda, Spagna, Francia, Croatia, Italia, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia e Regno Unito |
Slovenia |
Medio rischio |
Lituania, Ungheria, Olanda, Austria, Polonia |
Belgio, Bulgaria, Republica Ceca, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Polonia, Romania, Republica Slovacca, Finlandia, Svezia and Regno Unito |
I
paesi in corsivo sono presenti in due riquadri. Come si può notare Irlanda,
Spagna, Francia, Croatia, Italia, Portogallo che sono considerati ad alto
rischio nel medio periodo, scendono a basso rischio nel lungo periodo. Solo
Quattro paesi sono considerati a basso rischio sia nel medio che nel lungo
periodo (Germania, Danimarca, Estonia, Lettonia), oltre che, ovviamente, nel breve.
Questa classificazione della Commissione appare sorprendente. Ipotizziamo che in Germania decidano che solamente i paesi a basso rischio, nel breve, medio e lungo periodo, siano degni di avere la moneta comune; in questo caso si ritroverebbero con la sola Danimarca e due paesi baltici. Supponiamo che invece si voglia privilegiare il lungo periodo ed i paesi a basso rischio: ebbene in questo caso i tedeschi ritroverebbero la Francia, ma anche lItalia e i due paesi iberici, ma non lAustria, il Belgio, la Finlandia e lOlanda.
Ci sono molte osservazioni che possono essere fatte al Report della Commissione; basti pensare al come valutare gli effetti dellimmigrazione sulle tendenze allinvecchiamento dei paesi europei nel lungo periodo. Ma in questa sede ci si può limitare a indicare due punti in particolare. Il primo è costituito da unaffermazione che si trova nellintroduzione:
"Mentre lelevato debito pubblico non è stato all'origine della crisi nella maggior parte dei paesi dell'area dell'euro, la mancanza di spazio fiscale in via preliminare ha impedito un uso corretto delle politiche fiscali e dobbiamo affrontare ora più alti livelli di debito pubblico a causa degli effetti della crisi".
Dunque il ragionamento è il seguente: non è stato il debito pubblico a causare la crisi, nella maggior parte dei paesi europei (in effetti in nessuno, a parte la Grecia); però i paesi non sono stati in grado di effettuare politiche espansive perché i deficit erano troppo alti (lack of fiscal space), per cui ora abbiamo debiti pubblici più alti, e quindi dobbiamo fare politiche restrittive per abbassare il debito e costituire uno spazio fiscale (cioè portare in pareggio i bilanci pubblici), in modo da avere maggiore spazio fiscale quando scoppierà la prossima crisi:
"Finanze pubbliche sostenibili e più piccoli oneri del debito pubblico, in particolare, restano elementi importanti per garantire che i paesi dell'UE abbiano spazio fiscale sufficiente per far fronte a sviluppi negativi macroeconomiche per tutto il ciclo economico. La conduzione della politica di bilancio dovrebbe garantire seriamente che i buffer siano costruiti in tempi buoni per essere pronti per essere utilizzati per sostenere l'economia in tempi difficili".
Il secondo punto riguarda la relazione tra debito pubblico e crescita (par. 5.5 Public debt, fiscal consolidation and growth): si ammette che nel breve periodo prevalgano gli effetti keynesiani (un aumento del deficit fa crescere il PIL, una diminuzione lo fa diminuire), ma si dà per scontato che nel lungo periodo la relazione sia negativa:
"Nel complesso, questa nuova serie di prove empiriche appare sostanzialmente in linea con la visione neoclassica che in un contesto economico, come quello determinato da una crisi o da tassi dinteresse a zero per la politica monetaria, la spesa pubblica (un aumento del debito) sia in grado di stimolare la domanda aggregata e il PIL nel breve periodo in un modo keynesiano, mentre nel lungo avremmo spiazzamento del capitale privato e riduzione della produzione".
Vengono citati due articoli (1) che sostengono che lespansione fiscale può avere effetti positivi anche nel lungo periodo, ma per scartarli in modo spicciativo.
Anche questo tema potrebbe dar luogo a molte considerazioni, ma è interessante sottolineare che, avendo ammesso che nel breve periodo le strette fiscali diminuiscono la produzione, il Report indica in un valore medio del moltiplicatore pari a 0,75. Quindi un punto percentuale di aumento del surplus primario fa diminuire il PIL di 0,75. Non è un valore molto incoraggiante; nel caso italiano questo significherebbe che un taglio di un punto di PIL ridurrebbe il rapporto debito-PIL da 133% a 132,8-132,9% (a seconda del tasso dinflazione ipotizzato). Ma a parte ciò, la cosa interessante è che il valore viene ricavato da un recente articolo di due funzionari della Commissione (2). Ora quando due economisti della Commissione scrivono un articolo, premettono lusuale disclaimer: le tesi sostenute non coinvolgono la Commissione. La quale ne adotta però il valore del moltiplicatore; ma a quanto riferisce lo stesso Report (tabella 5.10) i due autori indicano valori tra 0,8 e 0,9 in condizioni buone di andamento economico, e tra 0,9 e 1 in condizioni cattive. Per tornare al caso italiano, un moltiplicatore di 0,9 implica che una manovra restrittiva farebbe aumentare, non diminuire, il rapporto debito-PIL.
Non solo, ma gli autori contrappongono al metodo di calcolo dellavanzo strutturale un loro metodo (discretionary fiscal effort), concludendo che:
"Lo sforzo discrezionale di bilancio suggerisce che, salvo eccezioni, la politica fiscale nella UE è stata condotta in modo più stop and go e prociclico, nel corso degli ultimi dieci anni, di quanto suggerito dagli indicatori tradizionali. Negli ultimi anni, in un contesto in cui la maggior parte dei paesi dell'UE stanno stringendo la politica fiscale, lo sforzo di risanamento vero e proprio valutato sulla sola base del saldo strutturale sembra essere stato sottovalutato in molti paesi".
In conclusione, lordo-liberalismo è vivo e vegeto, ma qualche barlume di consapevolezza incomincia a emergere in alcuni paper, ed in piccola misura anche nei Report ufficiale della Commissione.
(1) De Long, B., and Summers L. (2012), "Fiscal Policy in a Depressed Economy", Brookings Papers on Economic Activity. Rendahl, P. (2012), "Fiscal policy in an unemployment crisis", Cambridge Working Paper Economics No. 1211.
(2) Carnot N., de Castro F., The Discretionary Fiscal Effort: an Assessment of Fiscal Policy and its Output Effect, European Economy, Economic Papers n. 543, 2015.