Addizionali, famiglia ed equità

Una polemica innescata dal "Sole 24 ore" sostiene che una parte della riforma fiscale varata con la Finanziaria sarebbe addirittura incostituzionale, perché violerebbe l'equità "orizzontale" a danno di chi ha famiglia. La tesi è infondata: la riforma corregge semmai incongruenze ben più gravi della precedente situazione
 Il governo è scivolato sulla politica estera, e non, come si poteva ipotizzare, sull'economia; tuttavia alcuni segnali da parte imprenditoriale indicavano un crescente atteggiamento di ostilità, con la ricerca di ogni pretesto per avanzare critiche. Quello che segue è un resoconto di una tematica che, partita dal Sole-24Ore, è salita alla ribalta del Parlamento, e soprattutto, della TV. 
Che il Sole prediliga l'efficienza rispetto all'equità è cosa piuttosto ovvia; tuttavia di recente il tema della giustizia distributiva ha avuto molta enfasi sul giornale; in coincidenza con le indicazioni dei comuni sulle addizionali 2007 sul Sole sono comparsi vari articoli che richiamavano l'attenzione su una iniquità: con la sostituzione delle deduzione irpef con le detrazioni, i contribuenti si trovano a versare addizionali irpef uguali, indipendente dai carichi familiari, anzi chi ha più figli versa di più.

Uguale o di più? La risposta è che le addizionali sono uguali (a parità di reddito), ma, rispetto all'irpef 2006, a parità di addizionali, il contribuente che ha maggiori carichi familiari si trova ad avere un aumento della base imponibile maggiore rispetto a chi ha meno carichi, o di chi non ne ha affatto (che non ha quindi nessun aumento). Enrico De Mita, autorevole docente di diritto tributario, sempre sul Sole (19-02-07), ha bollato come incostituzionale la situazione, per violazione dell'equità orizzontale.
 
Può essere utile fare un passo indietro per cercare di capire meglio: nella Finanziaria 2003 fu introdotto il cosiddetto I° modulo della legge delega di riforma di Tremonti, nelle quali le detrazioni personali per redditi da lavoro, pensione ed autonomi furono trasformate (con l'aggiunta della "no tax area" per tutti) in deduzione decrescenti rispetto al reddito. In quella sede fu stabilito che non si tenesse conto della deduzione (che si azzerava ad un certo livello di reddito, 33.500 per i lavoratori dipendenti, 33.000 per i pensionati, 30.500 per gli autonomi e 29.000 per i rentier) per quanto riguardava le addizionali regionali e comunali.
 
La ragione è da ricercarsi, plausibilmente, nella forte perdita di entrate che ci sarebbe stata nel caso in cui l'imponibile fosse sceso per via delle deduzioni (perdita che si può stimare in circa un miliardo e mezzo). Ma forse un'altra ragione va ricercata nella volontà di non introdurre un meccanismo in cui le decisioni di modifica dell'irpef erariale (cioè che spettano al governo centrale) comportano una modifica del gettito dei tributi locali. Un principio di base del federalismo è proprio questo: le scelte del governo centrale non devono determinare effetti (almeno direttamente) sulle entrate degli  enti locali, e viceversa. Si tratta quindi di una scelta giusta, quale che sia la ragione per la quale Tremonti la prese.
 
La Finanziaria 2005 introduce il II° modulo, che questa volta riguarda le detrazioni per carichi familiari, trasformate in deduzioni decrescenti in modo simile (ma più lentamente) rispetto al reddito. Ora però Tremonti non c'è, e il suo successore (Siniscalco) avrebbe preferito dirigere lo sgravio d'imposta verso l'irap, cioè a favore delle imprese. Fatto è che questa volta le deduzioni familiari vanno a diminuire l'imponibile in sede di addizionali locali. Ma c'è un altro aspetto del II° modulo che è importante mettere in luce, perché costituisce una bella violazione dal punto di vista equitativo.

Prendiamo un lavoratore dipendente con moglie e due figli a carico. A 14.000 euro il risparmio d'imposta per i carichi familiari (1937 euro) è sufficiente, insieme a quello della deduzione personale, ad azzerare l'imposta. Il risparmio scende regolarmente fino a 1.592 per un reddito di 27.000. Ma quando il reddito del nostro sale a 28.000, il risparmio sale a 2.247 euro, più alto cioè di quello di colui che, nella stessa situazione familiare, ha la metà del reddito. Successivamente il risparmio ricomincia a scendere, fino a  39.000 (risparmio 1.828), ma poi, passati a 40.000, risale a 2.115, per poi riprendere a scendere. A suo tempo l'incongruenza di questo sistema deve essere sfuggito sia a Il Sole che a De Mita.

Il punto è che un sistema di deduzioni decrescenti poteva forse avere un senso logico nell'ambito di quella flat tax vagheggiata nella legge delega, ma inattuabile per banali ragioni di gettito; in un sistema a scaglioni un sistema del genere è un ossimoro tributario. Non solo, ma la scelta del II° modulo, opposta a quella del precedente, di diminuire l'imponibile delle addizionali, portava con sé l'interferenza sulle entrate degli enti subalterni di qualunque manovra sulle deduzioni familiari.
 
L'abolizione delle deduzioni (personali e familiari) e la (re)introduzione delle detrazioni effettuata con la finanziaria 2007, mirava a correggere le incongruenze sopra citate ed altre ancora che risparmiamo al lettore, ed attuava anche una separazione tra gettito erariale e gettiti regionali e comunali, nel senso che in futuro qualunque variazione sulle detrazioni non alterarà le entrate locali.

Ma, si dice, questa decisione ha fatto aumentare, a parità di addizionali, le entrate locali (così come quella precedente le aveva fatte diminuire), e l'aumento è più forte quanto più basso è il reddito del contribuente con carichi familiari. E' bene precisare che coloro che hanno imposta netta nulla in sede di irpef, non pagano neppure le addizionali. Ora mentre un lavoratore dipendente singolo è esente fino a 8000 euro, un lavoratore con coniuge e due figli è esente fino a 14.952 euro. Pertanto da questo punto di vista non è esatto dire che i carichi familiari non sono considerati.  

Piuttosto vi è un problema, che nasce nel momento in cui l'imposta erariale diviene positiva; allora (nell'esempio di cui sopra a 15000 euro) l'addizionale scatta su tutto il reddito, con la conseguenza che il soggetto si trova a pagare un'irpef erariale di 40 euro annui, ma 195 di addizionale (0,9% regionale e 0,4% comunale).
 
Ciò detto, per capire se vi è una violazione della equità orizzontale o verticale, nonché per capire chi riceve un vantaggio o uno svantaggio dalla Finanziaria 2007, possiamo dare un'occhiata  alla tabella I (clicca qui; per tornare al testo, clicca "indietro sulla freccia del browser): come si vede l'irpef 2007 + le addizionali mantiene le caratteristiche tipiche dell'equità: cresce al crescere del reddito e diminuisce con i carichi familiari; inoltre fino al reddito di 30.000 euro i contribuenti versano una minore imposta complessiva, ed il vantaggio aumenta al crescere dei carichi familiari.
 
Ovviamente nell'ipotesi di aumento dell'addizionale comunale (ad esempio di 0,3%) i vantaggi si riducono. In sintesi per un single vi sono sgravi fino a 20.000 ed aggravi dopo i 36.000 (nell'intervallo guadagni e perdite sono minime).  Nel caso di contribuente con coniuge e tre figli a carico gli sgravi arrivano fino a 39.000. Ma per i lavoratori dipendenti con figli minori di 18 anni va anche considerato l'effetto dell'aumento degli assegni familiari, che, come si vede, premiano tutti i livelli di reddito considerati (vedi tabella 2).
 
Il quadro complessivo della variazione del reddito disponibile  è fornito dalla tabella III (vedi qui) che si commenta da sola. Va solo osservato che certi maggiori guadagni all'aumentare del reddito non sono dovuti ad incongruenze della Finanziaria 2007, ma al sistema precedente irpef+assegni familiari. Ad esempio i maggiori guadagni di coloro che hanno carichi familiari tra 25.000 e 30.000 sono dovuti essenzialmente al fatto che tra questi due redditi i precedenti assegni avevano un gradino; avendo corretto il quale (insieme a tutti gli altri) si ottiene l'effetto evidenziato; ma basta andare alle tabella II per vedere che all'aumentare del reddito gli assegni si riducono, ma in modo più regolare di quanto avveniva prima.
 
Sembra dunque che l'equità orizzontale (nonché la verticale) sia abbondantemente rispettata dalla Finanziaria 2007, compreso il passaggio dalle deduzioni alle detrazioni, che inoltre rispetta anche il criterio di non interferenza tra fiscalità statale e fiscalità locale. Ma la Finanziaria 2007 ha anche dato la facoltà agli enti locali di istituire esenzioni per specifiche "soglie di reddito". L'espressione è vaga, ma plausibilmente essa può essere estesa a comprendere il caso di livelli differenziati di reddito a seconda dei carichi familiari (del resto a suo tempo varie Regioni hanno interpretato il termine "aliquota" in senso lato, istituendo addizionali progressive a scaglioni). Dai dati pervenuti da parte dei Comuni pare che alcuni si siano però limitati a istituire solo soglie reddituali. Tuttavia molti Comuni fanno diversi tipi di interventi assistenziali, rivolti alle famiglie in condizioni di bisogno, e pertanto utilizzano le addizionali (ed i loro aumenti) per finanziare queste spese di assistenza. Per valutare l'effetto complessivo quindi non ci si dovrebbe limitare a considerare la diminuzione di reddito derivante dalle addizionali, ma anche gli effetti dell'uso che l'ente locale fa delle relative risorse.

Il problema delle soglie (anche di eventuali soglie differenziate per carichi familiari) è però il seguente: se vengono fissate più basse di quelle esistenti a livello erariale, esse sono superflue, se vengono fissate più alte spostano il salto di imposizione, e quindi lo rendono ancora più forte. La soluzione migliore sarebbe invece quella di stabilire delle deduzioni fisse (ovviamente crescenti al crescere dei carichi familiari). Le deduzioni fisse non creano nessuna incongruenza quando l'aliquota è costante, e. per la verità, questo sistema potrebbe essere armonizzato a livello regionale.
 
Due parole, infine, sulla questione dell'incostituzionalità delle addizionali 2007; va presa sul serio la tesi secondo la quale l'addizionale vada considerata a se stante, e quindi bocciata perché fa pagare la stessa cifra (a parità di reddito) indipendentemente dai carichi familiari? La tesi qui sostenuta è che l'addizionale (o sovrimposta che sia) non può che essere considerata con l'imposta cui si addiziona, dato il suo stesso nome. Ma se proprio si vuole verificare il rispetto dell'equità per ogni singolo aspetto impositivo, allora la lista diviene lunga. Per esempio l'ici, a parità di valore delle abitazioni, non differenzia rispetto ai carichi familiari. E lo stesso vale per l'esenzione del reddito della casa di abitazione; e che dire del bollo delle auto?  

(l'articolo viene pubblicato anche sul sito www.nens.it)
Martedì, 27. Febbraio 2007
 

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