Il difficile slalom tra cuneo e pensioni

Le esigenze di controllo della spesa pubblica e di finanziamento del provvedimento promesso sul costo del lavoro chiamano in causa ancora una volta la previdenza. Ma gli interbenti devono essere ben calibrati e rimanere nella logica del sistema: aumentare l'età pensionabile, per esempio, servirebbe a ben poco
I due termini largamente usati (ed abusati) negli ultimi tempi sono quelli della pressione fiscale e del cuneo fiscale. In entrambi i casi si sommano insieme i contributi e le imposte, in quanto si tratta in entrambi i casi di prelievi coattivi. Ma la natura e la funzione sono notevolmente diversi: nel caso dei contributi si dovrebbe parlare propriamente di un sistema obbligatorio di risparmio e di assicurazione. In particolare la riforma pensionistica del 1995 ha introdotto il cosiddetto sistema contributivo, nel quale il legame tra contributi versati dal singolo lavoratore e pensione che lo stesso riceverà è particolarmente stretto.
 
Il problema della spesa pensionistica e del suo finanziamento è sotto i riflettori da due punti di vista: 1) la manovra di rientro dalla procedura di disavanzo eccessivo e, cosa ancora più importante, la necessità di convincere i mercati finanziari che il rapporto debito-pil riprenderà la strada in discesa che si è interrotta negli ultimi anni; 2) la promessa di riduzione del cuneo fiscale (ma più specificamente dei contributi) di cinque punti fatta da Prodi in campagna elettorale.

Nel periodo 2000-2005 il pil è cresciuto (a valori nominali, cioè compresa l'inflazione) mediamente del 3,5%, mentre la spesa pubblica totale del 4,5%; in particolare la spesa (monetaria) di welfare non si discosta, anzi è leggermente inferiore, dall'andamento della spesa complessiva. Il punto percentuale di differenza è dovuto principalmente alla bassissima crescita del pil reale, ma il problema dell'andamento negativo della produttività totale (e quindi della competitività) dell'economia italiana non si risolve nel breve periodo. Dunque nell'arco della legislatura un problema di controllo dell'andamento della spesa pubblica, per ridurre il suo tasso di crescita, si pone.

Nell'ambito della spesa di welfare la componente dominante è quella della spesa pensionistica, ed è quindi ovvio che, oltre alle auto blu e simili, il pensiero vada a come ridurre questa spesa; ecco che nelle considerazioni finali di Draghi compare l'accenno all'aumento dell'età di pensionamento. Qui è opportuno un chiarimento: in un sistema contributivo a regime l'età del pensionamento non svolge nessun ruolo sull'andamento della spesa pensionistica, purché i coefficienti di trasformazione siano opportunamente adeguati alla vita attesa della popolazione. Invece in un sistema di tipo retributivo un anno di lavoro in più riduce permanentemente la spesa.
 
Ora la nostra riforma del 1995 prevede che fino al 2013 (circa) i lavoratori andranno in pensione col sistema retributivo; dal 2013 al 2030 andranno in pensione con un sistema misto, che si sposta però progressivamente verso il contributivo, e successivamente il sistema contributivo entrerà in vigore pienamente. Un ipotetico allungamento dell'età lavorativa ha quindi un effetto per il primo periodo, poi lo perde progressivamente. La riforma Maroni ha due principali elementi negativi: il primo è l'assurdo scalone del 2008, il secondo è che interferisce con la logica del sistema contributivo, senza comprenderne la logica di funzionamento.

Ma anche la riduzione del cuneo fiscale può alterare i principi su cui si basa il sistema contributivo, in particolare l'eguaglianza dei tassi di rendimento per tutti i lavoratori (anche se da questo punto di vista il nostro sistema presenta qualche difetto, che non è però il caso di aggravare). In effetti sembra più opportuno non toccare i contributi pensionistici, ed agire, nei tempi che il DPEF dovrà stabilire, su quei contributi che, in un'ottica di riforma del nostro sistema di welfare, potrebbero essere sostituiti da un finanziamento basato sul prelievo tributario, dato che gli obiettivi che si pone (famiglia, maternità, disoccupazione) sono obiettivi che riguardano la collettività nel suo insieme.         
Lunedì, 12. Giugno 2006
 

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