Dopo cinque mesi di trattative lopinione più diffusa era che il governo greco e le istituzioni europee avrebbero trovato un compromesso dellundicesima ora o dellultimo minuto, quando martedì sera leurogruppo si è riunito in teleconferenza, respingendo lultima proposta greca prima del referendum (vedi qui la lettera). La previsione di un compromesso era a suo modo ragionevole. Con un difetto: era paradossalmente troppo ragionevole. Non teneva conto dellobiettivo di fondo dei signori delleurozona: che non era la ricerca di un compromesso ragionevole ma la punizione di una provincia che aveva osato ribellarsi allimpero. Era necessaria una lezione esemplare: colpire uno per educarne cento.
La decisione del governo Tsipras di indire il referendum è una scelta che sposta il conflitto a un nuovo livello, finalmente democratico, sottratto ai raggiri delloscura tecnocrazia di Bruxelles e allarroganza di Wolfgang Schäuble.
Su cosa dovrà esprimersi il popolo greco? Proviamo a ricapitolare brevemente i dati essenziali.(Greece's Proposals)
Il governo Tsipras ha trovato in eredità un debito pubblico astronomico di 320 miliardi di euro. A chi sono andati i prestiti delle istituzioni europee e del Fondo monetario internazionale? Si cerca di accreditare lidea di un popolo levantino, abituato a vivere a sbafo, comunque al disopra delle proprie possibilità. E semplicemente falso. Nemmeno un euro è andato al popolo greco. Scrive Branco Milanovic, ex capo-economsta del Dipartimento di ricerca economica della Banca mondiale: Lintera operazione di salvataggio della Grecia è stata unoperazione di salvataggio delle banche tedesche e francesi.
Essendo stati posti questi prestiti a carico del bilancio pubblico, ne è derivata una crescita esplosiva del debito Greco, e limposizione del famigerato programma di austerità. I suoi disastrosi risultati sono alla luce del sole. Scrive lEconomist, sul quale non pesa lombra di una qualche debolezza ideologica verso il governo greco: Dopo cinque anni di salvataggi e tagli del debito, leconomia greca si è ridotta del 25 per cento, la disoccupazione è al 26 per cento e il debito vicino al 180 per cento del PIL Al primo ministro Alexis Tsipras, è stato chiesto di sottoscrivere misure di austerità simili a quelle prescritte ai precedenti governi che aveva combattuto dai banchi dell opposizione. Padoan li avrebbe sottoscritti? Domanda retorica, essendo la risposta scontata.
Il governo Tsipras aveva accettato in effetti, subìto limpegno ad accrescere lavanzo di bilancio fino al 3,5 per cento entro il 2018. Un impegno assunto con la corda al collo per un paese che avrebbe bisogno di investimenti pubblici per tornare a crescere. Per realizzare un simile programma non cè altra soluzione che, da un lato, continuare a ridurre le spese sociali e gi investimenti; dallaltro aumentare le entrate.
Ma Tsipras non si è tirato indietro. Ha proposto un progressivo risparmio sulla spesa pensionistica: da un lato, riducendo i prepensionamenti; dallaltro, col graduale aumento delletà per laccesso alla pensione fino a raggiungere la soglia dei 67 anni nel 2025. Una scadenza più vicina di quella programmata in Germania dove il limite dei 67 anni è previsto per il 2027.
Le entrate sarebbero aumentate: a) elevando, da un lato, lIVA al 23 per cento per tutti i prodotti con esenzione dei beni alimentari e dellelettricità, dell'acqua e degli alberghi il cui aumento sarebbe stato limitato al 13 per cento mentre una terza aliquota ridotta al 6 è riservata a medicine, libri e spettacoli teatrali - clausola questultima capace di suscitare lironia di una tecnocrazia ignara di Euripide e Aristofane, padri nobili dellantico teatro greco e dellintero mondo occidentale.
Non potendo bastare laumento dellIVA, il governo greco aveva proposto di accrescere le entrate con: a) un aumento del 3,9 per cento dei contributi previdenziali pagati dai datori di lavoro - oggi al livello più basso in Europa; b) un aumento dellaliquota sui redditi d'impresa dal 26 al 28 per cento; c) unimposta una tantum del 12 per cento sui profitti superiori a 500 mila euro. Apriti cielo.
Ora la parola passa al popolo sovrano. Se il referendum sancirà il SI alle proposte delle autorità europee, la maggioranza che sostiene il governo Tsipras si sfalderà, e le autorità europee chiederanno di trattare solo con un nuovo governo possibilmente guidato da un tecnocrate alla Monti e sostenuto da una nuova maggioranza che dovrà comprendere i partiti che hanno messo in ginocchio il paese.
Cosa possiamo attenderci da una vittoria (mettiamo) plebiscitaria del NO? Il governo Tsipras chiederà di riaprire il ngoziato questa volta da una posizione di forza. Allora le autorità dell'eurozona dovranno scegliere: o un compromesso accettabile per la Grecia o forzarne luscita dalleuro. Una scelta non indolore. Nel primo caso sarà dimostrato, per la prima volta, che uno Stato membro può condizionare e cambiare la politica di austerità fino a cancellarne gli aspetti più irragionevoli. Allora prenderanno fiato le forze di opposizione e chiederanno ragione ai governi di Spagna, Francia e (perché no?) Italia della loro sottomissione alle politiche di austerità. Sarebbe un NO contagioso.
I falchi delleurozona guidati da Schäuble cercheranno di far prevalere la linea delluscita della Grecia da presentare come una punizione esemplare, tale da scoraggiare ogni altro tentativo di ribellione. Ma laspetto paradossale è che i più interessati alla permanenza nelleuro dovrebbero essere i principali paesi delleurozona che direttamente, o attraverso Banca centrale, sono detentori della maggior parte del debito greco.
Perché allora questa guerra al governo greco? Linterrogativo è sbagliato, se posto in termini di unordinaria logica di convenienza. Scrive Stiglitz: Non si tratta di soldi. ma di costringere la Grecia ad accettare linaccettabile non solo misure di austerità, ma un insieme di politiche regressive e punitive.
Ma proprio per questo il referendum greco rappresenterà, anche al di là del suo esito, una scelta contagiosa. Molti altri paesi saranno tentati da questa nuova vecchia arma della democrazia da utilizzare contro loscuro autoritarismo della tecnocrazia di Bruxelles, sostenuta dalla Germania. Ha scritto Luciano Cafagna su Repubblica: Il referendum è lo strumento della sovranità popolare che veniva utilizzato nelletà antica. Chi lo critica si mette dalla parte degli oligarchi. Da che parte si colloca il governo italiano? Finora con gli oligarchi. Ma il referendum voluto da Tsipras è destinato ad aprire nuovi scenari. Non solo in Grecia, ma in tutta leurozona, e la coppia Renzi- Padoan difficilmente potrà cavarsela con unalzata di spalle, o rincorrendo, come cagnolini al guinzaglio, Angela Merkel.