Una scommessa poteva essere fatta ragionevolmente: allundicesima ora, fra Grecia e le istituzioni europee sarebbe stato trovato un compromesso. Ora si può altrettanto ragionevolmente scommettere che il compromesso con le sue inevitabili ambiguità, sarà oggetto dinterpretazioni controverse finalizzate a individuare chi ha vinto e chi ha perduto, secondo le convenienze.
Poiché il dibattito su questo punto è destinato a durare, conviene attenerci alla registrazione di alcuni dati di fatto.
1. Alexis Tsipras aveva chiesto un accordo-ponte di sei mesi durante i quali la Grecia sarebbe stata legittimata a negoziare un nuovo accordo in sostituzione di quello legato al Memorandum del 2012, controfirmato da Samaras e da Papandreu. Il negoziato durerà quattro mesi durante i quali il Fondo europeo di stabilità e la Bce forniranno i prestiti che erano già previsti dal vecchio accordo che scade a fine febbraio . Il ministro delle Finanze, Schäuble, grande capo dei falchi delleurozona, aveva innalzato un muro di fronte a questa posizione del nuovo governo greco. Ora, nel muro è stata aperta una fondamentale breccia. Il negoziato toccherà due punti considerati sacri dai vecchi accordi: la gestione del debito e le riforme strutturali.
La seconda condizione posta dal governo greco è la riduzione dellavanzo primario programmato dal 4,5 all1,5 per cento: vale a dire la riduzione dellammontare delle entrate destinato al pagamento degli interessi, in modo da liberare risorse di bilancio per aprire spazi agli investimenti pubblici e alla spesa sociale. Questo punto, fondamentale per spezzare le catene dellausterità, è stato accettato in linea di principio per il 2015 dalleurogruppo. Tutto il resto sarà oggetto del negoziato. Un comune mortale sarebbe portato a ritenere che lo schema coraggiosamente innovativo presentato dal ministro delle finanze greco Varoufakis, sul quale si apre il negoziato in virtù dellaccordo del 20 febbraio, possa ragionevolmente risolvere il maggiore problema del rapporto fra la Grecia e le istituzioni delleurozona. Ma non è così.
Più intrigante è il punto che riguarda le riforme strutturali. Il testo dellaccordo dice: Le autorità simpegnano ad attuare le riforme indispensabili per combattere la corruzione, levasione fiscale e per accrescere lefficienza del settore pubblico. In questo contesto le autorità greche simpegnano a fare luso migliore dellassistenza tecnica che sarà loro fornita (traduzione di chi scrive). Fin qui laccordo rispecchia gli impegni già dichiarati da Tsipras e dal ministro delle Finanze Varoufakis. Un programma di riforme sulle quali il governo greco simpegna, rovesciando la tradizione di corruzione e clientelismo sistematicamente praticata dai passati governi. Ma per quanto importanti queste riforme non soddisfano le autorità delleurozona.
Le autorità delleurozona ne chiedono il ritiro o, quanto meno, il riesame e la verifioca di compatibilità con le regole dellausterità. Ma, anche per lindecenza delle loro posizioni non sono in grado di affermarlo chiaramente. Nel testo dellaccordo si può leggere che il processo delle riforme strutturali è finalizzato a realizzare una crescita durevole e (a incrementare) le prospettive di occupazione, assicurando la stabilità del settore finanziario e rafforzando la giustizia sociale. Il compromesso si apre a diverse soluzioni.
La Grecia, come ha ammesso Tsipras, ha vinto solo un round di una lunga battaglia. Molte cose possono ancora succedere in un senso o nellaltro nei quattro mesi di negoziato. Ma una cosa è già successa. Un governo che gode di un consenso popolare e democratico senza uguali in Europa ha spezzato la catena dellomertà. Altri movimenti e partiti saranno tentati di seguirne lesempio.