I tre errori della Troika

Il risultato paradossale delle prescrizioni di Ue, Bce e Fmi è che alla fine di cinque anni di austerità i deficit di bilancio di Grecia, Irlanda e Portogallo sono circa come quelli iniziali, ma i rapporti debito/Pil sono andati alle stelle

Negli ultimi giorni i debiti sovrani dei paesi mediterranei sono di nuovo sotto tensione; motivi di ciò sono rinvenibili nell’influenza di eventi come la decisione della Corte Costituzionale tedesca di verificare l’Omt (Outright monetary transactions) o le dichiarazioni di Bernanke sul (futuro) rallentamento dell’espansione monetaria statunitense.

Ma a questi si sono aggiunti due fatti specifici che riguardano la Grecia ed il Portogallo. In Grecia la Troika minaccia di non concedere la tranche di otto miliardi di prestiti (dal fondo europeo Esm) se il governo non si dimostrerà diligente nell’applicazione delle terapie suggerite da Bruxelles e Berlino. In Portogallo il governo di coalizione è scosso da tensioni interne ai partiti di maggioranza, dimissioni di ministri e possibili elezioni, visto che nel 2013 si profila il terzo anno di recessione (con un -2,4%), e che la popolazione sembra non volere continuare ad essere soggetta alla cure europee.
Vale la pena di dare un’occhiata ai cinque anni passati dalla crisi dei tre paesi che hanno richiesto i finanziamenti europei e del Fmi (e, nel caso della Grecia, ottenuto anche un parziale default del debito pubblico). Qui di seguito vi sono i dati del rapporto debito-Pil a fine 2007, dei deficit (sempre in rapporto col Pil) nei tre anni successivi, e infine del debito a fine 2012.

 

Debito

                                            Deficit

Debito

 

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2012

Grecia

107,4

9,8

15,6

10,7

9,5

10

156,9*

Irlanda

25,1

7,4

13,9

30,8

13,4

7,6

117,6

Portogallo

68,4

3,6

10,2

9,8

4,4

6,4

123,6


 
 
 
 

*Al netto di 100 miliardi di tagli. I deficit greci sono quelli effettivi, non quelli dichiarati dal governo Karamanlis.
 

Come si vede, i tre paesi hanno avuto degli impressionanti incrementi del rapporto debito-Pil, tenendo conto anche dei 100 miliardi di taglio del debito pubblico greco. E’ da notare che la differenza tra debito finale e debito iniziale è nettamente maggiore della somma dei cinque anni di deficit; la differenza dipende dalla caduta del denominatore, cioè del Pil. Anche nel caso greco avremmo lo stesso fenomeno, se non fosse intercorso il taglio al debito. Naturalmente la caduta cumulata del Pil è stata molto maggiore in Grecia (-20%) di quanto non sia accaduta in Irlanda e Portogallo (rispettivamente -6,1% e -5,8%).

Sempre Grecia a parte, a fine 2007 l’Irlanda aveva un rapporto molto basso, ed anche quello portoghese era leggermente sopra il livello del 60% stabilito a Maastricht. Con l’avvio della crisi finanziaria nel 2008 si verifica un aumento dei deficit in tutti e tre i paesi, come riflesso di una caduta dell’attività produttiva che nel biennio 2008-9 causa un segno negativo nell’andamento del Pil (-7,6% in Irlanda, -3,3% in Grecia, -2,9% in Portogallo). La decisione del governo irlandese, di assumersi i debiti delle banche, fa schizzare alle stelle il deficit nel 2010. E’ interessante notare che alla fine del quinto anno i deficit di bilancio sono pari o superiori a quelli iniziali.

Secondo la visione tedesca, avvallata da Bruxelles, i problemi europei sono dovuti all’irresponsabilità fiscale dei governi mediterranei, e la Grecia costituisce il paradigma. Questo punto di vista capovolge la realtà storica, poiché la crisi economica è il frutto della sfrenata deregulation finanziaria avviata in passato. Il caso irlandese è il perfetto paradigma di una crisi bancaria dovuta ad un eccesso di debiti che sono stati riversati sulla collettività. Ma se consideriamo il caso greco, dove effettivamente dopo le Olimpiadi di Atene Karamanlis era ricorso alla finanza creativa, notiamo che nel 2010 il deficit era stato ridotto di cinque punti percentuali, uno sforzo gigantesco. A quel punto era il momento di interrompere la stretta fiscale e di rilanciare l’economia, nonché, come ha riconosciuto la stesso Fmi, di tagliare subito il debito.

Invece la Troika si è accanita sulla linea del rigore, con il risultato che la caduta del Pil (-7,1 nel 2011 e -6,4 nel 2012) ha impedito allo stesso deficit di migliorare. E’ evidente che la strategia della Troika è fallita. Il documento del Fmi sembra però affetto da schizofrenia; da un lato riconosce che le misure di austerità hanno avuto un impatto sul Pil più di tre volte maggiore di quanto previsto, ma dall’altro ritengono che le stesse misure fossero necessarie nell’entità e nel timing: “Il rapporto non mette in questione la giustezza complessiva delle politiche adottate…L’aggiustamento fiscale era inevitabile, così come lo è stato il forte ritmo di riduzione del deficit, dato che il finanziamento pubblico era già al limite della fattibilità politica e la ristrutturazione del debito è stata inizialmente esclusa. Le riforme strutturali sono chiaramente indispensabili per ripristinare la competitività. Alcune domande possono essere sollevate circa i tipi di misure (troppo affidamento sugli aumenti fiscali) e condizioni di carattere strutturale (troppo dettagliato nell'area fiscale), ma le politiche adottate nel quadro del programma sembrano essere state  nell’insieme corrette”.

In conclusione, i tre errori della Troika sono: 1) capovolgimento del rapporto causa-effetto tra crisi finanziaria e debito pubblico; 2) applicazione delle politiche di austerità sbagliate, come quando i medici facevano i salassi ai tubercolotici; 3) non riconoscimento che i tre paesi europei hanno una struttura economica molto diversa: il rapporto delle esportazioni sul Pil è stato, nel 2012, 104,4 in Irlanda, 38,7 in Portogallo e 27 in Grecia.

Venerdì, 12. Luglio 2013
 

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