Euro e debito: come è facile farla facile

Circolano ricette improbabili per uscire dalla crisi, come uscire dall'euro e abbattere il debito pubblico, magari non rimborsandolo in parte. Chi le propone evidentemente non si rende conto di quali sarebbero le conseguenze, che ci farebbero passare dalla padella nella brace

Durante la campagna elettorale e negli ultimi giorni si sono sentite proposte semplici e risolutive per risollevare l’economia italiana, che sintetizzerei così: 1) usciamo dall’euro, 2) abbattiamo il debito (pubblico).

1) Uscire dall’euro e tornare alla “nuova lira” permette di svalutare e rilanciare l’export, far finanziare le banche dalla Banca d’Italia e quindi dare ossigeno alle imprese. Magnifico, peccato che un paese che ha aderito all’euro, per uscirne, deve uscire dall’Unione Europea. Il Regno Unito, ad esempio, aveva a suo tempo fatto “opting out”, come Svezia e Danimarca, opzione non ripetibile. Quindi dobbiamo uscire dall’Ue; una volta fuori però gli altri paesi diranno (come minimo): volete fare i furbi? Allora eccovi una raffica di dazi e altre misure protettive, del tipo di quelli applicati al Giappone e alla Turchia. Non solo, ma non si esce dall’Ue in una notte di venerdì, a Borse ferme, come con le svalutazione ai tempi dello Sme. Il primo effetto immediato sarebbe il crollo non solo del debito pubblico, ma di tutte le attività finanziarie, crolli che potrebbero determinare perdite di valore da 2/3 a 4/5.

2) Abbiamo una spesa per interessi di cento miliardi che ci ammazza (Grillo). La cifra è un poco esagerata, ma il problema esiste, ed è uno dei due più grossi (dal punto di vista economico) che abbiamo, l’altro essendo la stagnazione della produttività. Un anno fa circolavano ipotesi di imposta straordinaria o risparmio forzoso, ora echeggiano fesserie del genere: “facciamo comprare il nostro debito dalla Germania”, oppure “riportiamo tutto il debito in Italia (come in Giappone)”, in modo da portare (quasi) a zero gli interessi. In realtà bisognerebbe che coloro che si inventano queste facili soluzioni usassero la parola giusta: default. Ovviamente dichiarare un default è una scelta possibile, anche rimanendo nell’euro. Altrettanto ovviamente dopo aver, per dire, dimezzato il debito (ad esempio su un titolo di 100 restituisco 50), avremmo qualche difficoltà ad effettuare nuove emissioni. Bisognerebbe quindi portare il bilancio pubblico in attivo (attenzione: parlo di un surplus totale, non di un surplus nel saldo primario), un attivo sufficiente a rimborsare alle scadenze il debito esistente (ancorché dimezzato); una stangata rispetto alla quale quella di Monti apparirebbe un lieve buffetto.

In entrambi i casi significa passare dalla padella alla brace. Lasciamo quindi a Grillo di fare pubblicità con i referendum on line sull’euro, tanto lo sa anche lui che per fare un vero referendum prima bisogna cambiare la Costituzione. Quello che sarebbe stato realistico immaginare è un governo che ottiene dalla Commissione Europea (e quindi dalla Germania) tempi più lunghi per l’equilibrio di bilancio, e comunque con la possibilità di effettuare una serie di spese di investimento in deficit, entro quel 3% del Pil che era stato fissato a Maastricht. Già, ma quale governo?   

Venerdì, 15. Marzo 2013
 

SOCIAL

 

CONTATTI