Perché la crisi si cura solo con le tasse

La diagnosi delle cause della crisi finanziaria ed economica mondiale non è completa né credibile, quindi anche le terapie sono inadatte. La crescente sperequazione verso l'alto della distribuzione dei redditi e la parossistica innovazione di prodotto hanno ristretto il mercato e provocato una crisi della domanda globale

Questo articolo si propone di sostenere la tesi secondo la quale la diagnosi delle cause della crisi finanziaria ed economica mondiale non è completa né credibile. In altre parole si è guardato al dito e non alla luna che esso indicava. Ne conseguirebbe - se la tesi fosse valida - che le terapie adottate, forse efficaci nel breve periodo, rinvierebbero a tempi migliori la soluzione strutturale del problema.

 

Riassumeremo brevemente alcune caratteristiche salienti delle economie contemporanee, nelle quali si annidano le cause delle crisi.

 

Il neocapitalismo si differenzia da quello originario per alcuni elementi fondamentali, che elencheremo in ordine non necessariamente cronologico.

 

A) Il capitalismo nasce dall'osservazione di un fenomeno già noto in agricoltura. A parte i cicli stagionali, le nuove colture richiedono un certo tempo per diventare produttive. Lo stesso fenomeno si verifica nella prima fase degli altri processi produttivi. Quando l'impianto nuovo entra in funzione, il capitale necessario è solo il circolante, che si rinnova al completamento di ogni ciclo produttivo.

 

B) Il neocapitalismo, superata la fase primitiva del capitalista-imprenditore-consumatore (economia di Robinson Crusoe, o del prosumer) approda ad uno stadio in cui non solo coloro che risparmiano sono diversi da quelli che producono, ma non li conoscono neppure. I capitali sono gestiti da intermediari finanziari. Il sistema opera con il velo dell'ignoranza. I fattori di produzione sono complementari; ma ce n'è uno che è "più uguale degli altri": il capitale, che è dotato di un waiting power (può aspettare a combinarsi con gli altri, perché non ha fretta). Questa sua specificità era stata individuata in passato: ma la novità consiste nella opacità dei gestori e nei sofisticati meccanismi finanziari, che con tecniche raffinate sembrano creare capitale dal nulla. Evidentemente non è così: le bolle finanziarie colpiscono i consumatori con l'inflazione e i risparmiatori, quando scoppiano, attraverso la svalutazione degli assets.

 

C) Un'altra caratteristica del neocapitalismo è il prevalere delle innovazioni di prodotto, che provocando l'obsolescenza di macchinari e di prodotti fa aumentare la produzione a disposizione del consumatore meno di quanto sarebbe possibile. Le merci vanno fuori mercato prima che si sia esaurito il ciclo del prodotto. Il fenomeno è importante, anche se poco studiato, perché restringe le dimensioni del mercato.

 

D) La creazione della cosiddetta economia di carta ha trasformato uno strumento in sé valido, come quello della prenotazione a prezzo dato di un prodotto futuro, in un fenomeno da baraccone, con un overbooking di decine di volte la produzione reale attesa.

E) Il neocapitalismo, però, non è soltanto un modo di produrre, ma anche di pensare e governare. Gli aspetti socio-politici sono abbastanza  evidenti, dalle liste bloccate al  leaderismo che ne è la causa e la conseguenza; sfiducia nei sistemi pubblici o parapubblici perché giudicati inefficienti; esaltazione del mito del profitto come parametro di valore. La meritocrazia, lasciata al giudizio del mercato, tende a valutare come migliori quelli che guadagnano di più. Infine in alcuni paesi, come il nostro, si privilegia il decisionismo, svuotando le funzioni del Parlamento, così come nelle società per azioni i consigli di amministrazione tendono a prevaricare sulle assemblee dei soci, con i bei risultati che tutti possiamo vedere.

 

Un sistema di questo genere non poteva che produrre ed ha prodotto una forte accentuazione nella concentrazione dei redditi verso l'alto. Negli ultimi 15 anni essa è aumentata in quasi tutti i paesi (compresi Cina e Russia), nonchè fra paesi del Nord e del Sud del mondo. Se noi rappresentiamo la distribuzione del reddito tra classi come una trottola, questa trottola risulterà equilibrata, e cioè girerà più a lungo, se ha una pancia prominente, e cioè se il reddito si concentra nella fascia centrale medio-bassa. Se dovesse esservi una forte redistribuzione verso il basso, la trottola sarebbe più stabile, ma girerebbe più lentamente. Un eccessivo peso verso l'alto tende invece a squilibrare la trottola, che cade prima che l'impulso di rotazione sia esaurito. In paesi come l'Italia l'evasione fiscale rende difficile il calcolo della concentrazione dei redditi e della ricchezza; ma il fenomeno si può evincere dalla dinamica e dalla consistenza dei consumi di lusso, compreso il mercato immobiliare. Anche l'eccessivo ritmo delle innovazioni di prodotto rende meno necessarie (a parte la filosofia di base del neocapitalismo) le manovre di redistribuzione, perché sembra non essere più indispensabile l'allargamento del mercato.

 

Questo fenomeno non poteva non provocare una crisi da carenza della domanda globale. Ma qui si è innestata una spettacolare manovra di illusione finanziaria, attuata prevalentemente, ma non solo, negli Stati Uniti. Perché perequare i redditi con la leva fiscale, odiosa ai neocapitalisti, quando la felicità dei consumatori e dei produttori si poteva realizzare con il credito facile?

 

Questo era il quadro della situazione consapevolmente o meno creata attraverso un inganno colossale. Come cause contingenti vi sono state la crisi dei subprime; il prevalere della finanza sull'economia reale; l'anomalia dei tassi di interesse intorno o al di sotto dello zero (tenendo conto del tasso di inflazione). Queste cause hanno fatto scoppiare la bolla finanziaria.

 

In assenza della leva fiscale l'unico modo per riequilibrare verso il basso il sistema è proprio la crisi (tutti giù per terra......). Ciò era noto anche nel mondo antico. Gli alti tassi di interesse dopo qualche tempo rendevano impossibile per i meno abbienti il rimborso non solo del mutuo, ma anche dell'onere per interessi. Si ricorreva allora nei paesi del Medio Oriente al periodico azzeramento dei debiti, adducendo talora motivazioni di ordine religioso. Si trova una eco di questa consuetudine nel Pater noster (“rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”).

 

Ne consegue che le soluzioni adottate a livello mondiale, corrette sotto il profilo emergenziale, non intaccano le radici del fenomeno. L'unico paese che, per il momento,  sembra aver colto nel segno, è la Cina, che si propone di avviare una formidabile redistribuzione di reddito fra città e campagne, fra zone costiere e aree interne e fra la borghesia rampante e gli operai, artigiani e contadini. Non sappiamo se il regime, benché totalitario, avrà la forza di realizzare questo progetto che, nella sua fase iniziale di attuazione, produrrà certamente un rallentamento della dinamica esplosiva della produzione.

 

Non credo che le manovre finanziarie in corso possano influire in senso positivo sulla distribuzione dei redditi. Conseguentemente nella migliore delle ipotesi risulteranno poco efficaci ed effimere; nella peggiore faranno ricadere gradualmente l'onere della crisi sui ceti economici medio-bassi. Certamente un buon numero di squali della finanza risulterà penalizzato; ma essi saranno sostituiti da altrettanti barracuda che avranno impiegato la propria liquidità per rastrellare i titoli precipitati.

 

Cenni alla da noi auspicata soluzione del problema si colgono nelle dichiarazioni elettorali di Barack Obama e, paradossalmente, dello stesso Mc Cain. In Italia il dibattito sull'impoverimento della classe media e dei pensionati, così vivace durante il governo Prodi che aveva cominciato ad operare in tal senso, si è spento.

 

I sindacati hanno chiesto sgravi fiscali per i redditi medio-bassi; ma per pavidità o per il pesante clima politico che grava su gran parte dell'Europa, non osano dire apertamente che ciò comporterebbe un'accresciuta progressività del sistema fiscale, che da un decennio almeno, in quasi tutto il mondo, si muove in senso opposto. Progressività non solo delle imposte sul reddito, ma anche di quelle patrimoniali, fino a resuscitare le imposte suntuarie di romana memoria (IVA molto alta sui beni di lusso).

 

Un altro aspetto, già accennato, è quello del tipo di progresso tecnologico. In un mercato liberalizzato e con una equilibrata distribuzione dei redditi, le innovazioni di processo esplicherebbero fino in fondo il loro effetto benefico, mirando alla competizione di prezzo e non solo a quella di qualità e generando quel sistema di prezzi calanti che diffonde potere d'acquisto fra i ceti sociali medio-bassi.

 

Le proposte qui accennate non saranno certamente gradite né alle attuali classi dirigenti di molti paesi, né agli economisti servi del potere. Ma, per dirla ancora come gli antichi romani, siamo forse giunti al punto di "hic Rhodus hic salta".

Mercoledì, 22. Ottobre 2008
 

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