Un'alternativa per le energie alternative

Il governo dei tecnici lascia in eredità una bozza di Piano energetico nazionale, che formula ipotesi avveniristiche e in alcuni casi non condivisibili. Intanto la tecnologia progredisce: gli incentivi sarebbero forse meglio spesi se fossero dirottati sul finanziamento della ricerca di base

Il governo morituro ha lasciato in eredità una bozza di Piano Energetico (pomposamente chiamato "Strategia Energetica Nazionale", Sen) che si colloca tra le numerose incompiute dei tecnocrati insieme a quei provvedimenti approvati con 51 fiducie, ai quali mancano i decreti attuativi (!).

    

Nel frattempo per combattere la disoccupazione si è stilata una Agenda che si propone di agire, ancora una volta, sul lato dell'offerta, per accrescere una produzione che non troverà sbocco sul mercato interno perché lo stesso governo ha ridotto la domanda mediante la tassazione e la diminuzione della spesa pubblica. Questa seconda scelta, contrariamente a quanto si pensa e si scrive, è la peggiore, perché mentre la tassazione è in parte progressiva, l'abbattimento della spesa sociale è sicuramente regressivo.

 

A livello mondiale ed ancor più a livello nazionale sembra dimostrato invece un deciso rapporto positivo fra sviluppo della green economy e aumento dell'occupazione. I dati globali non sono facilmente calcolabili: forse la cifra di 100.000 nuovi occupati è sottostimata. Il senatore Monti, nell'ansia di compiacere il colto e l'inclita, ha aperto nell'Agenda una coloreria ("il mio programma è pink and green").

    

A questo punto dobbiamo porci una serie di interrogativi. Può una politica energetica puntata sull'espansione delle rinnovabili coniugare occupazione, efficienza e miglioramento ambientale? Quali sono le innovazioni in grado di agire durevolmente sull'occupazione (sempre supponendo una ripresa della domanda interna ed esterna)? Quelle di processo o quelle di prodotto? Quali sono i tipi di incentivi previsti nel Sen e come potrebbero essere eventualmente riallocati per amplificarne l'effetto occupazionale?

    

Le innovazioni di processo consistono nel produrre le stesse merci in modo diverso e più efficiente, riducendo quindi i costi dei fattori di produzione. Quasi sempre le innovazioni di processo tendono ad incidere anche sulla quota di prodotto destinata a remunerare la manodopera. Donde la brusca alternativa: meno salari o meno occupazione. E ciò tanto più quanto più la contrattazione è a livello aziendale (quella che piace a Pietro Ichino), perchè l'impresa vi gioca meglio il suo "waiting power": l'operaio sa che la disoccupazione lo priverebbe dei mezzi di sussistenza. Le innovazioni di prodotto, a parità di condizioni, tendono a produrre occupazione. Basti pensare ai nostri mitici Anni '60 ed alla varietà di nuovi prodotti che i tecnici ed i designer italiani sfornarono in poco più di un decennio e che oggi compaiono addirittura in mostre di modernariato visitate da milioni di stranieri (Fiera di Shanghai).

    

Non vi è dubbio che nel campo delle rinnovabili si sono sviluppati una grande varietà di nuovi prodotti ai quali si aggiungono continuamente altri, soprattutto nei centri di eccellenza italiani, così trascurati dalla pubblicistica e purtroppo anche dalla classe politica. I progressi di certi settori (fotovoltaico e solare a concentrazione) sono stati più rapidi di quanto ipotizzato a Kyoto. Frenano, invece, nelle paludi dell'ignoranza, dei bimbi piangenti esibiti in TV, delle perplessità dei sindaci minacciati dall'"effetto Nimby", le utilizzazioni delle biomasse. Con conseguenze molto gravi perché il ciclo dei rifiuti è fortemente redditizio in molti Paesi, mentre nel nostro la materia prima anziché essere venduta viene pagata dal venditore al compratore. Paradosso che manderebbe in tilt il più diligente studente di economia aziendale.

 

Il Sen formula ipotesi avveniristiche per l'Italia: gli obiettivi dell'Agenda europea sarebbero agevolmente superati e l'incidenza delle energie rinnovabili sui consumi finali si raddoppierebbe nel 2020. Verrebbe incrementata anche l'efficienza energetica ristrutturando le reti Enel e Terna. Attualmente trasmettono energia dalle centrali all'ultimo miglio (gli utilizzatori finali). Poiché molte rinnovabili producono energia in eccesso in modo discontinuo e puntiforme, la rete dovrà essere risettata. Lo stesso Sen prevede un aumento delle trivellazioni a mare e sulle aree continentali. L'Italia galleggia su un mare di petrolio, a profondità che solo le nuove tecnologie e le tendenze di mercato rendono economicamente appetibili. Tuttavia ritengo queste scelte quanto meno contestabili perché il nostro Paese è ambientalmente fragile, con una limitata superficie abitabile e con un patrimonio artistico da proteggere. L'ipotesi di una foresta di torri petrolifere al largo di Venezia appare raccapricciante, anche se i derricks si stanno moltiplicando sulle coste marchigiane ed abruzzesi. Il documento citato prevede infine investimenti per 180 miliardi con forti ricadute occupazionali. E' questo uno dei casi in cui i tecnici, ormai non più tali perché tuffati nella politica politicante, si trasformano in sognatori. Difficile accertare questa cifra: raramente le previsioni a medio periodo colgono il bersaglio. Più interessante è discutere le proposte di incentivi.

    

Qui le critiche delle categorie e delle forze sociali sono state vivaci. In primo luogo i contributi fluirebbero in tre direzioni: rinnovabili vere e proprie, carbone pulito e trivellazioni,  compensazioni a favore di Enel e Terna. Per quest'ultimo punto si tratterebbe di riequilibrare l'asserita eccessiva concorrenza derivante dai contributi al solare e sostenere la accennata ristrutturazione delle reti.

    

Per quanto concerne le rinnovabili la riduzione dei contributi si giustifica con la diminuzione del costo dei pannelli e degli aeromotori. Incomprensibile però (se non con motivazioni ben poco bocconiane) la preferenza accordata ai piccoli impianti, i limiti dimensionali di potenza installata, l'eccessiva tutela delle aree agricole, le procedure burocratiche defatiganti, che costringono a ricorrere ad una nuova categoria di intermediari, dal nome fascinoso di "sviluppatori" (altro che Semplifica-Italia!).

    

Frattanto, però, le innovazioni in questo settore si stanno intensificando. Citiamo l'agro solare (già brevettato) che consiste in pannelli solari "girasole" (si orientano seguendo il cammino del sole) sospesi ad una certa altezza dal suolo per consentire di cumulare la produzione di elettricità con le colture orticole intensive. O ancora, i nuovi pannelli elastici, con poco silicone (la materia prima più costosa) variamente colorati (brevetto Eni: disponibile dal 2013). Proseguono le ricerche del Politecnico di Torino per la riproduzione della fotosintesi clorofilliana e dell'Università di Napoli per le vernici solari che utilizzano come materia prima gli scarti vegetali. Per unanime ammissione è invece ottimo il provvedimento che consentirebbe di cumulare i contributi solari con quelli per l'ammodernamento edilizio. Assisteremo, probabilmente, ad una "pannellizzazione" delle aree urbane.

 

A questo punto mi sembra giunto il momento, tenendo conto della necessità di stimolare ulteriormente questo settore ad alto coefficiente occupazionale nella produzione, nell'impiantistica e nella manutenzione, di formulare una drastica proposta. Abolire, con la necessaria gradualità, qualunque forma di incentivo alla produzione, che a lungo andare distorce la concorrenza e si presta, come accertato, a truffe gigantesche. Convogliare l'intero ammontare dei contributi verso la ricerca di base e applicata. Finanziando quindi settori di ricerca ancora parzialmente inesplorati, come quello già accennato della sintesi clorofilliana, nonché quello per la produzione di idrogeno per realizzare il sogno di Rifke (la ricerca è in corso in Piemonte). Occorrerà anche intensificare il ritmo innovativo nei pannelli per battere sulla qualità la concorrenza cinese. Si tratterebbe - come si usava dire qualche tempo fa, prima che apparissero all'orizzonte politico i dipinti di Hopper nella rivisitazione bersaniana - di una "svolta epocale".

Sabato, 5. Gennaio 2013
 

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