Come ogni anno in questa stagione,
Alla manifestazione hanno preso la parola mons. Piergiorgio Saviola (Fondazione Migrantes), Franco Pittau (coordinatore del Dossier), Filomeno Lopes (della Guinea Bissau, giornalista della Radio Vaticana), mons. Giuseppe Merisi (presidente della Caritas italiana).
È intervenuto inoltre il ministro del Lavoro e della Solidarietà sociale Maurizio Sacconi, il quale ha ricordato che la fase recessiva metterà a dura prova l'integrazione per via dei prevedibili tagli alle spese sociali. Il ministro ha poi affermato che le difficoltà maggiori potrebbero esprimersi nel mercato del lavoro, con la riduzione delle opportunità occupazionali per i soggetti più fragili, e tra questi gli immigrati. Sacconi prevede fenomeni di disoccupazione di lungo periodo, che metteranno ancor di più a repentaglio le opportunità di inclusione. L'intervento del ministro è stato duramente contestato dalla platea di circa cinquecento persone quando, citando il caso della sua provincia di origine, Treviso, ha parlato delle difficoltà che si incontrano di fronte a fenomeni di abusi da parte di cittadini stranieri.
(B.L.)
Di seguito riportiamo lintervento introduttivo di Franco Pittau, coordinatore del Dossier.
Il Dossier Caritas/Migrantes 2008 giunge questanno alla 18ª edizione ed entra nelletà adulta: una ricorrenza che, con il supporto delle Fondazioni Monte Paschi Siena e Cariplo, è stato possibile enfatizzare, potenziando le presentazioni nelle diverse Regioni in contemporanea con quella romana.
Il rapporto si struttura in una sessantina di capitoli curati da più di cento redattori, con una grande ricchezza di dati e anche di considerazioni innovative. ( )
Con semplicità e sinteticamente si possono trattare questi punti: il numero degli immigrati, la loro funzione, il rapporto immigrazione-criminalità, limpegno svolto per la loro accoglienza.
Il numero degli immigrati
La consistenza degli immigrati regolari in Italia si aggira tra i 3,5 milioni di residenti accertati dallIstat e i 4 milioni ipotizzati dal Dossier. Noi includiamo nel conteggio anche le presenze regolari che, a causa delle procedure molto lunghe, ancora non sono registrate in anagrafe: è come se anticipassimo di un anno linserimento dei nuovi venuti presso i rispettivi Comuni.
Gli immigrati esercitano unincidenza notevole perché costituiscono 1 ogni 15 residenti in Italia e 1 ogni 15 studenti a scuola, quasi 1 ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri.
In Italia, limmigrazione è un fenomeno a vasta diffusione. Seppure in misura differenziata, non vi è regione o paese estero di provenienza che non siano coinvolti. Dalla Lombardia e dalla collettività romena, che contano entrambe quasi un milione di persone, si va alle piccole regioni del Meridione e alle collettività con poche migliaia di presenze. Al vertice della graduatoria vi sono 18 collettività con più di 50.000 presenze, ma ve ne sono anche 34 con un numero compreso tra i 1.000 e i 3.000. Lo stesso ragionamento vale per i settori lavorativi. Lelevata presenza presso le famiglie per lassistenza, in edilizia, nelle fabbriche e in determinati servizi si compone con una diffusione crescente anche in altri settori: nei trasporti, nei bar, negli alberghi, negli uffici.
Linterpretazione di questi dati è controversa: per molti si è di fronte a un innesto complesso e fruttuoso, mentre per altri si tratta di uninvasione pericolosa anche se non ne possiamo fare a meno. A seconda dellangolatura, le politiche prescelte sono diverse: di accoglienza nel primo caso e di difesa nel secondo. Il Dossier, come di consueto, entra nel merito di questo dilemma sulla base delle statistiche.
La funzione degli immigrati
Limmigrazione è iniziata in Italia come fenomeno lavorativo e questo continua a essere laspetto prevalente, senza sottovalutare le implicazioni familiari, culturali, religiose, giuridiche. Gli immigrati hanno un tasso di attività (73%) di 12 punti più elevato degli e italiani e tra di loro non vi sarebbero disoccupati se non perdurasse la pessima abitudine di costringerli a lavorare in nero. La quota di forza lavoro dallestero di 170.000 unità lanno, esclusi gli stagionali, è il minimo ritenuto indispensabile per il buon andamento del nostro sistema produttivo. Sappiamo, però, che le famiglie e le aziende praticano un numero di assunzioni ben al di là dei numeri ufficiali e anche questo comportamento merita attenzione.
Anche le recenti stime demografiche dellIstat evidenziano lapporto positivo e indispensabile degli immigrati. Ipotizzando 250.000 nuovi ingressi lanno, nel 2050 la popolazione attiva in Italia scenderà da 39 a 31 milioni, mentre gli ultrasessantacinquenni, attualmente 12 milioni, diventeranno 22 milioni. Sempre nel 2050 la presenza degli immigrati risulterà più che triplicata, con 12,4 milioni di persone e unincidenza del 18%: senza di loro il nostro accentuato processo di invecchiamento pregiudicherebbe seriamente le capacità produttive del Paese.
Oltre agli aspetti economico-occupazionali-demografici bisogna prendere in considerazione
gli aspetti culturali. LItalia, nel confronto con gli altri paesi industrializzati, risulta poco aperta agli apporti dallestero: pochi universitari (neppure 50.000), pochi stranieri nei posti di alta qualificazione, pochi ricercatori, mentre la differenza culturale, se ben gestita, è uno stimolo per favorire la crescita. Troviamo in Italia qualche centinaio di lingue straniere e di altrettante culture, milioni di diplomati e laureati che hanno studiato allestero e portano con sé molteplici esperienze: questo è un patrimonio da non disperdere. In una competizione economica a dimensione globale è svantaggiato chi non valorizza le reti: noi abbiamo sia quella degli emigrati italiani allestero che quella degli immigrati esteri in Italia: per una sorta di bizzarra par condicio rischiamo di non valorizzare nessuna delle due.
Un chiarimento su immigrazione e criminalità
Le statistiche criminali, utilizzate in maniera impropria, rischiano di trasformare un grande fatto sociale come limmigrazione in un fenomeno delinquenziale. Il Dossier ha sempre ribadito che la devianza è qualcosa di estremamente grave e che vi è implicato un numero elevato di cittadini stranieri, senza però cadere in conclusioni infondate.
Lanalisi congiunta delle statistiche giudiziarie e penitenziarie relative agli anni Duemila ha portato il Dossier a queste conclusioni:
- gli immigrati regolari, quelli della porta accanto per così dire, hanno allincirca lo stesso tasso di devianza degli italiani;
- prevalgono le collettività di immigrati che solo marginalmente sono toccate dalle statistiche criminali;
- gli addebiti giudiziari sono più ricorrenti per gli immigrati che si trovano in situazione irregolare, senza peraltro che essi debbano essere trasformati per principio in delinquenti;
- la maggiore preoccupazione va riferita alle mele marce delle diverse collettività immigrate e alla criminalità organizzata straniera, che sta prendendo piede anche in collaborazione con le organizzazioni malavitose locali.
È possibile pervenire a una situazione più soddisfacente con il potenziamento di una strategia preventiva, che insista sulla maggiore convenienza delle vie legali dellimmigrazione e sulla collaborazione delle associazioni degli immigrati, anche perché prevenire costa molto meno che reprimere e i fondi a disposizione sono limitati. Due recenti volumi, pubblicati nel 2008 con il concorso di Caritas Italiana e della Migrantes, sono state dedicate a due collettività additate ad alto impatto delinquenziale e hanno mostrato una certa fretta da parte nostra nel trovare capri espiatori. L'Albania è stata da noi bollata, nel corso degli anni 90, come la patria per eccellenza degli immigrati criminali, creando un pregiudizio negativo nei loro confronti. Stiamo ora riscoprendo, confortati dalle statistiche (anche quelle giudiziarie), che questa collettività sta realizzando unintegrazione sempre più stabile e positiva.
Siamo lieti di comunicare che il governo romeno (il 28 ottobre) e il governo albanese (il 2 dicembre) hanno organizzato nelle rispettive capitali la presentazione di questi volumi, avendone apprezzato la correttezza scientifica e la serenità di giudizio.
Le impostazioni operative alla luce dei numeri
Dai dati statistici si può ricavare qualche utile orientamento ai fini operativi. Ci possiamo limitare a tre esempi riguardanti il soggiorno, il lavoro e lintegrazione.
Le procedure per linserimento nel mondo del lavoro erano già problematiche al momento della loro introduzione nel 1986 e lo sono diventate ancor di più a partire dal 2002, quando sono state rese più rigorose, anche perché nel frattempo è aumentato notevolmente il numero degli immigrati di cui gestire il collocamento. È lo stesso decreto annuale sui flussi a registrare le sacche di irregolarità che si formano. Nel mese di dicembre 2007, a fronte di una quota di 170.000 lavoratori, sono state presentate 741.000 domande: più di mezzo milione di persone fuori quota. La proposta finora inascoltata di reintrodurre la venuta per la ricerca del posto di lavoro, secondo le forze sociali e gli studiosi, aiuterebbe a rispondere sia alle esigenze dei controlli di polizia che alla flessibilità dellincontro tra domanda e offerta.
Anche gli indici di inserimento socio-occupazionale degli immigrati in Italia, elaborati secondo una metodologia che con il concorso dei redattori del Dossier viene di anno in anno perfezionata negli annuali Rapporti del CNEL (il prossimo verrà presentato a novembre), attestano che le stesse Regioni dal più alto potenziale di integrazione possono migliorare le loro strategie in specifici settori, riflettendo su quanto viene fatto in altre Regioni.
Conclusioni: Lungo le strade del futuro
In conclusione, si può dire che in immigrazione si tratta di dare e di avere ma anche di un cambiare la propria mentalità. La situazione attuale è una palestra che aiuta a prepararsi al futuro, in cui italiani e immigrati sono chiamati a convivere. Le statistiche evidenziano normative inefficaci o inopportune, comportamenti lesivi della legge, atti di discriminazione e di razzismo: sono tanti i miglioramenti da auspicare, evitando che limmigrazione diventi una realtà periferica, come auspicato in una ricerca condotta da Caritas e Migrantes con la Commissione nazionale contro lesclusione sociale.
Da parte degli immigrati, e specialmente dei loro leader, bisogna adoperarsi per fare accettare a tutti un quadro chiaro di diritti e di doveri, favorendo una collaborazione sempre più fruttuosa per la quale, peraltro, sussiste la loro predisposizione, come riscontrato nelle diverse indagini condotte dal Dossier.
È auspicabile che si intervenga, con concretezza e coerenza, per migliorare le cose che non vanno, nella convinzione che ci troveremo insieme, italiani e immigrati, lungo le strade del futuro.
Unampia sintesi del Dossier e gli interventi alla presentazione possono essere scaricati dal sito www.caritasitaliana.it.