Un esproprio ai proletari

Il Tfr non destinato ai Fondi pensione confluisce, per le aziende con oltre 50 dipendenti, in un fondo presso l’Inps. Doveva essere usato per gli investimenti, ma Tremonti ci copre la spesa corrente. La Corte dei conti accusa: “E’ un prestito forzoso senza indennizzo”

Con una relazione al Parlamento (qui il testo) la Corte dei Conti ha infranto il silenzio che da quattro anni grava su di un improvvido provvedimento del governo Prodi che, al solito, il ministro Tremonti utilizza peggiorandolo. Si tratta dell’uso delle risorse che annualmente affluiscono all’Inps al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato del Trattamento di fine rapporto.

 

E’ un Fondo istituito dalla finanziaria per il 2007 con norme che prevedevano il conferimento del Tfr ai Fondi pensione complementari attraverso la formula del silenzio/assenso. In caso di rifiuto da parte del lavoratore di aderire ai Fondi pensione la norma prevedeva che l’accantonamento annuo del Tfr  non sarebbe comunque restato in azienda, ma trasferito un apposito Fondo istituito dalla finanziaria presso la Tesoreria dello Stato e gestito amministrativamente dall’Inps. Il provvedimento sollevò una forte protesta da parte delle organizzazioni imprenditoriali e il governo fu costretto a limitare il provvedimento alle sole aziende con almeno 50 dipendenti. Da parte sindacale ci fu invece assenso pieno o comunque accettazione.

 

Il provvedimento aveva due scopi. Da un lato favorire l’adesione ai Fondi pensione facendo venir meno la resistenza delle imprese che in ogni caso avrebbero dovuto privarsi dei nuovi accantonamenti del Tfr, versati o al Fondo pensione o all’Inps. Questo obiettivo è sostanzialmente caduto con il compromesso raggiunto con la Confindustria di escludere le imprese con meno di 50 dipendenti dall’obbligo del trasferimento del Tfr al Fondo Inps. E’ infatti in queste imprese che si manifesta maggiormente la pressione sui lavoratori per non destinare il Tfr ai Fondi complementari, adesione che costringerebbe le imprese a privarsi annualmente di queste risorse.

 

Il secondo, e probabilmente più importante, obiettivo era quello di mettere a disposizione del bilancio pubblico un ammontare di risorse non indifferente. La norma inserita in finanziaria prevedeva, infatti, da un lato che il Fondo si assumeva nei confronti dei lavoratori tutti gli obblighi previsti dalle norme del Tfr (pagamento della prestazione in caso di cessazione del rapporto del lavoro ed erogazione degli anticipi previsti dalla legge), dall’altro che le risorse eccedenti questi obblighi sarebbero state utilizzate all’interno del bilancio dello Stato per finanziare una serie di investimenti in settori indicati in una tabella allegata (Alta velocità, Anas, Autotrasporto, Ferrovie dello Stato, Infrastrutture energetiche, ecc.).  Questo secondo obiettivo è stato invece pienamente raggiunto: come rilevato dalla Corte dei Conti, nel quadriennio 2007-2010 il Tesoro ha prelevato dal Fondo Inps ed utilizzato a fini di bilancio pubblico 15,86 miliardi di euro.

 

Una norma prevedeva infine uno sgravio contributivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, per le imprese in funzione compensativa “in relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di Tfr alle forme pensionistiche complementari ovvero al Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto istituito presso la tesoreria dello Stato”. Nulla invece era previsto per i lavoratori “in Fondo” titolari di quelle risorse. In pratica si chiedeva ai lavoratori che non aderivano alla previdenza complementare di finanziare, senza alcun corrispettivo, una parte degli investimenti pubblici.

 

Tra i principali critici del provvedimento vi fu allora l’attuale ministro Tremonti che tuttavia appena approdato al governo si è ben guardato dal sopprimere la norma in questione, ma ha utilizzato a piene mani le risorse che annualmente affluiscono al Fondo estendendone per di più l’uso anche al finanziamento della spesa corrente.

Come già altre volte (vendita del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali ad esempio) Tremonti si è impossessato di strumenti e norme create dal centrosinistra portandoli ad un uso estremo con la giustificazione delle necessità di bilancio. Le risorse derivanti dal Fondo Tfr, quasi 16 miliardi, hanno contribuito a finanziare il bilancio dello Stato evitando così di tagliare la spesa pubblica e/o di porre nuove tasse: questa è la giustificazione da parte di Tremonti. Affermazione indubbiamente vera, ma che si traduce di fatto, come già evidente nel 2006 e come afferma oggi la Corte dei Conti, in «un'operazione di natura espropriativa senza indennizzo o comunque di prelievo fiscale indiretto nei confronti di categorie interessate a versamenti finalizzati a scopi ben diversi dal sostegno alla finanza pubblica».

 

In poche parole i lavoratori dipendenti del settore privato non solo subiscono, assieme ai dipendenti pubblici e ai pensionati, il peso preponderante dell’Irpef, ma contribuiscono al bilancio dello Stato anche con il prelievo forzoso senza indennizzo –  previsto invece per le imprese – del loro Tfr.

La relazione al Parlamento della Corte dei conti bacchetta pesantemente l’attuale governo sull’uso di queste risorse e lancia un allarme sulle capacità del Fondo Inps di erogare in futuro le prestazioni del Tfr.

 

Un primo rilievo della Corte era già stato fatto all’inizio del 2010 per l’uso che il ministero dell’Interno aveva fatto delle risorse derivanti dal Fondo Tfr. Trasferimenti agli Enti locali e il pagamento dei lavoratori socialmente utili dei Comuni di Napoli e Palermo e della Provincia di Napoli non corrispondevano, secondo la Corte, alle finalità delle norme in tema di utilizzazione del Tfr. Il ministero dell’Interno si è messo in regola, ma nella relazione si evidenzia come nel prelievo e nella gestione complessiva delle risorse del Fondo Tfr siano emersi profili critici ulteriori e più vasti che “riguardano essenzialmente il rispetto del vincolo di destinazione delle somme versate dai lavoratori e dai datori di lavoro, la corretta determinazione degli stanziamenti di bilancio e i profili economici complessivi dell’operazione.”.

 

“A partire dal 2010 sulla base della legislazione sopravveniente (la Finanziaria per il 2010 stabilisce che le somme del Tfr possono essere destinate dallo Stato, oltre che per gli interventi di investimento, anche alla copertura di ulteriori interventi diretti ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione sanitaria)  e della concreta attuazione della stessa sembra cessare l’impiego ad investimenti delle somme prelevate. Infatti, non è stato specificato alcun capitolo di spesa alimentato dal prelievo: a seguito di tale fenomeno può concludersi che il prelievo stesso diviene un’entrata indifferenziata dello Stato senza alcun vincolo di destinazione e senza l’istituzione di correlate poste passive, destinate alla reintegrazione del Fondo.” 

 

In sintesi la Corte rileva come le risorse inizialmente destinate a finanziarie solo determinati investimenti siano diventate di fatto un’entrata aggiuntiva dello Stato senza vincoli di destinazione. Risulta quindi legittimo parlare di azione espropriativa o quanto meno di forma di prelievo fiscale indiretto a danno dei lavoratori dipendenti del settore privato che contribuiscono così a finanziare ulteriormente la spesa corrente dello Stato.

 

Nell’arco di un decennio si prevede che le risorse prelevate dal Fondo ammontino a circa 30 miliardi di euro. Secondo la Corte, la mancanza di un piano di reintegro delle risorse, che comporterebbe peraltro una uscita nel bilancio pubblico annullando così i benefici per lo stesso,  pone pesanti dubbi sulle capacità del Fondo di pagare in futuro le prestazioni di Tfr. La relazione respinge le assicurazioni fornite dalla Ragioneria generale sulla natura a ripartizione e non a capitalizzazione del Fondo che renderebbero le entrate annue più che sufficienti a finanziare le prestazioni richieste. Secondo la relazione i dati forniti dalla Rgs sono parziali e lacunosi e fondati su statistiche elementari che non consentono visioni tanto ottimistiche. “La carenza dei dati istruttori e la sottovalutazione di importanti fattori di criticità è idonea a creare squilibri nel tempo, dei quali potrebbero fare le spese i futuri contribuenti e percettori delle prestazioni.”

 

In definitiva i dipendenti del settore privato sarebbero cornuti e mazziati. Dopo aver contribuito forzosamente al finanziamento del bilancio pubblico vedrebbero messe a rischio le prestazioni di Tfr.

 

Si può dissentire da questa ultima affermazione. Nessuna impresa accantona effettivamente il Tfr in un Fondo da cui prelevare le somme necessarie per pagare le prestazioni. Se così fosse il versamento annuo del Tfr ai Fondi pensione o al Fondo Inps non sarebbe una perdita di liquidità per le imprese. A meno di catastrofi occupazionali il Fondo Inps dovrebbe quindi essere in grado, nonostante il sequestro da parte dello Stato di buona parte delle sue risorse, di erogare le prestazioni di Tfr. Resta la natura di esproprio fatto a danno dei lavoratori di queste risorse. Che aspettano i sindacati a chiedere almeno una compensazione?

Sabato, 2. Aprile 2011
 

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