Un Dpef con molte incognite

E' da apprezzare il rifiuto della filosofia ultra-rigorista di Bruxelles, ma lascia perplessi la previsione di manovre di importo crescente man mano che si avvicina la scadenza elettorale. Inoltre, per rispettare le cifre e realizzare i programmi bisognerebbe tagliare spese per 21 miliardi di euro

Ad una prima lettura il DPEF suscita sensazioni molte diverse, fa nascere il dubbio che ci siano molti retropensieri e, forse, previsioni reali sensibilmente diverse.

 

In primo luogo un giudizio positivo sul fatto che il ministro del Tesoro si smarchi dall’ortodossia ultrà, come lui stesso la definisce, di Bruxelles. Il risanamento non può coesistere con la morte del malato o il suicidio del medico. L’indebitamento è stato ridotto e si ridurrà gradualmente nei prossimi anni. Era stupido un patto di stabilità con limiti fissi, è altrettanto stupido un patto di rientro con riduzioni annuali fisse. Siamo del resto in buona compagnia tra i paesi europei.

 

Detto questo, qualche perplessità nasce dal confronto tra l’indebitamento netto tendenziale aggiornato e quello programmatico con la conseguente manovra da realizzare per portare il primo a coincidere con il secondo. Nel biennio 2007/2008 indebitamento tendenziale e programmatico coincidono, non comportando così alcuna manovra correttiva, mentre nel triennio successivo sarebbero necessarie manovre correttive di importo crescente fino ai 24 miliardi di euro nel 2011. Il 2011, salvo scioglimenti anticipati del parlamento, è un anno elettorale, la previsione di una manovra di 24 miliardi contenuta nell’ultima finanziaria di legislatura suscita qualche perplessità. Il pensiero cattivo è quello di dire che chi ha scritto il DPEF pensa che nel 2011 ci sarà un altro governo, un pensiero più buono è quello che forse il ministro del Tesoro si è mantenuto pessimista sulle previsioni mentre è sicuro, o spera, che la realtà possa essere migliore. In effetti Padoa Schioppa ha spesso ripetuto che una crescita del 3% è possibile e nello stesso DPEF si afferma che la crescita della produttività totale dei fattori e del tasso di partecipazione dei lavoratori in età lavorativa determinerebbe andamenti del PIL sostanzialmente più alti, con tassi che potrebbero avvicinarsi a fine legislatura al 3%. E’ chiaro che se si realizzasse questo, tutte le previsioni contenute nel DPEF andrebbero riviste dato che si basano su incrementi di PIL previsti inferiori, salvo il 2007, al 2%. Una crescita superiore al due ridurrebbe l’indebitamento e l’ammontare o la necessità di manovre correttive.

 

Lasciando gli auspici e limitandoci alle cifre del DPEF non si può non rilevare la singolarità politica di manovre correttive crescenti con l’avvicinarsi alla fine della legislatura.

 

Secondo il DPEF dal quadro tendenziale non emergerebbe la necessità di una manovra per il 2008 e questo accadrebbe per la prima volta a conferma di un risanamento avviato in modo robusto. Lo stesso documento si sofferma peraltro sulla differenza tra previsioni fatte a legislazione corrente e a politiche invariate, sottolineando come le previsioni a legislazione corrente, come è fatto il DPEF, non considerino gli oneri derivanti da impegni sottoscritti ma non tradotti in atti legislativi, le spese certe per prassi consolidate non ancora conteggiate, gli oneri per nuove iniziative volte a realizzare particolari obiettivi.

 

Dal tendenziale mancano ad esempio 1.000 milioni relativi all’impegno del governo in merito alla trattativa su Crescita ed Equità con i sindacati e le risorse necessarie all’attuazione dei contratti del Pubblico Impiego in base agli appena accordi raggiunti. In merito alle prassi consolidate mancano le risorse per i nuovi contratti del pubblico impiego e per i trasferimenti abituali a Ferrovie e Anas. Nulla è previsto per i nuovi interventi in materia di politiche sociali (famiglia) e ICI, comunque nelle intenzioni del governo.

 

Correttamente il DPEF in una tabella indica queste spese, quantificandole in 21.000 milioni per il 2008 e in 19.000 per il biennio successivo. In particolare per il 2008, 4.100 milioni sarebbero necessari per gli impegni già sottoscritti, 7.160 per le prassi consolidate e 10.000 per le nuove iniziative. La finanziaria per il 2008 dovrebbe quindi prevedere una manovra non inferiore agli 11.000 milioni e, per realizzare i programmi del governo, di 21.000 milioni. Nel DPEF si afferma chiaramente che le risorse per questa manovra non possono derivare da inasprimenti fiscali e che possono derivare solo da un aumento della qualità ed efficienza della spesa. Volendo essere caustici una volta si sarebbe detto da una lotta agli sprechi. Oggi il linguaggio è cambiato ma mancano sempre indicazioni precise. Le cifre indicate sono rilevanti e sarebbe corretto dare qualche indicazione più precisa su come e dove si potranno realizzare i corrispondenti risparmi di spesa.

 

In materia di tassazione delle imprese si sta ragionando su di uno scambio “meno Ires meno incentivi” e in questo caso sono chiari i termini dello scambio. In materia pensionistica nel DPEF si afferma che eventuali maggiori spese, modifica/eliminazione dello scalone ad esempio, vanno finanziate con risparmi equivalenti nell’ambito pensionistico. In questo caso lo scambio non è chiaro, oltre ad essere politicamente alquanto incerto.

 

Come spesso è accaduto il DPEF rimanda in realtà ai provvedimenti concreti contenuti in finanziaria. Solo allora si potrà vedere se l’impegno contenuto nel documento di una manovra finanziata esclusivamente con una rimodulazione della spesa sarà mantenuto.

Sabato, 14. Luglio 2007
 

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