Tina Anselmi e i segreti della P2

Pubblicati e commentati a cura di Anna Vinci 773 appunti del periodo della presidenza della Commissione d’inchiesta sulla Loggia. Con scritti di Dacia Maraini, Giovanni Di Ciommo e del pm Giuliano Turone. Un tuffo nel passato per ritrovare nomi oggi alla ribalta: Berlusconi, Cicchitto, Bisignani

Anna Vinci, giornalista e scrittrice, ha raccolto, trascritto e pubblicato ben 773 appunti di Tina Anselmi, finora custoditi gelosamente, nel periodo in cui presiedeva la Commissione di indagine parlamentare sulla Loggia P2, dal 1981 al 1984. Con Tina Anselmi Anna Vinci ha una lunga dimestichezza, iniziata nel 1976 quando, da giornalista di “Conquiste del lavoro”, allora settimanale della Cisl, fu incaricata di intervistarla come nuovo ministro del Lavoro, prima donna ministro nel Parlamento repubblicano.

 

Circa i “diari segreti”, scrive Anna Vinci nell’introduzione al libro: “Tina li scriveva per sé, per meglio muoversi in quel circo di verità e menzogne, mezze ammissioni, linguaggio omertoso, e perché – come poi, più volte, avrebbe dichiarato – voleva che restassero, quale documento, per invogliare a conoscere, capire, far emergere, la rete di complicità, di connivenze, d’illegalità piduiste, che stava profondamente intaccando il corretto funzionamento dello Stato. Stava danneggiando quello che lei definisce il principio di trasparenza che è alla base di un concreto controllo democratico dei cittadini sulle istituzioni e tutte le attività che attengono al pubblico interesse’.”

 

Il libro riporta integralmente queste annotazioni, con un corredo commentario e documentario di tutto rispetto. Oltre all’introduzione della curatrice, i “diari” sono accompagnati da una prefazione di Dacia Maraini, da un saggio di Giovanni Di Ciommo, segretario della Commissione parlamentare sulla P2 e da una postfazione di Giuliano Turone, il magistrato che insieme al collega Gherardo Colombo aveva nel 1981 assunto l’iniziativa del sequestro e della pubblicazione degli elenchi degli iscritti alla P2. In fondo al libro è offerta un’ampia documentazione: documenti ufficiali, lettere dei protagonisti, estratti della relazione di maggioranza di Tina Anselmi, l’elenco degli iscritti alla P2.

Ne parliamo con Anna Vinci.

 

I diari, o meglio gli appunti di Tina Anselmi, sono un documento impressionante. Il loro interesse è ormai solo storico, o ci parla anche dell’oggi?

 

“Quanto l’ombra della vicenda della P2 si allunghi sul presente lo dicono anche i recenti fatti di cronaca: l’arresto di Luigi Bisignani, con tutto quello che ci sta attorno, la dice lunga in proposito. Bisignani, per quanto ancora giovanissimo, era presente nei famosi elenchi di Licio Gelli. Come presenti erano personaggi che oggi sono ancora lì, in posizioni di potere ad alto livello. Due nomi tra gli altri: Silvio Berlusconi, oggi presidente del Consiglio, e Fabrizio Cicchitto, attuale capogruppo del partito di maggioranza relativa alla Camera e strenuo interprete della politica del governo.

 

Molti hanno cercato di minimizzare la loro iscrizione alla P2, di ridurla a un incidente biografico, a un peccato veniale di gioventù. Ma la P2 sicuramente non era un’associazione di beneficienza o dopolavoristica, e nemmeno un semplice comitato d’affari. E lo sapevano. Iscriversi significava un fatto ben preciso, la scelta di aderire a un disegno non solo affaristico ma dagli evidenti connotati politici eversivi. Certo, può essere che alcuni si iscrivessero semplicemente e principalmente per affari, per brama di successo e carriera, ma non potevano ignorare il disegno politico che Gelli e i suoi complici nutrivano.

 

In ogni caso, come richiama nel suo saggio introduttivo Giovanni di Ciommo, che le mire della Loggia non si limitassero a questioni di affari o di carriera risulta evidente dalla composizione delle liste. Scrive Di Ciommo: “Rimane da spiegare perché un’organizzazione il cui core business fosse quello affaristico si trovava così piena di militari in genere, di generali (molti dei carabinieri) e di politici. Il tutto per circa un terzo del totale degli iscritti emersi. Un tipo di personale che sembra ben più adatto per operazioni di tipo golpistico o paragolpistico e che comunque aveva una valenza, prima di ogni altra cosa, politica”.

 

Vorrei ricordare che mentre alcuni si iscrivevano "solo" – come molti hanno tentato di giustificarsi – per trarre vantaggi economici e/o di potere alla loggia di Gelli, che era al centro dei peggiori misfatti italiani, c’erano altre persone che sacrificavano altro che carriera, per la loro scelta di stare dalla parte della legalità, della difesa delle Istituzioni, della democrazia, spesso in solitudine, mentre lo Stato "si distraeva" o, nel peggiore dei casi, nell'ombra praticava pericolosi doppi giochi: penso a Giorgio Ambrosoli che, per fare luce sulle banche di Sindona, legato anch’egli alla loggia e alle trame di Licio Gelli, è stato assassinato. Come in seguito altri servitori dello Stato, come Falcone e Borsellino, hanno pagato con la vita la loro scelta di stare dalla parte della legalità. Nel nostro caso, la stessa Tina Anselmi non è certo stata "premiata" per il rigore, il coraggio, la lealtà democratica che l'hanno ispirata nel suo compito di presidente della Commissione”.

 

Cosa aggiunge di nuovo la conoscenza delle annotazioni di Tina Anselmi, una sorta di “post-it”, come le hai chiamate?

 

“Più che aggiungere nuove rivelazioni, le annotazioni di Tina danno un quadro vivo, mettono a fuoco persone e situazioni. Perché ho parlato di una sorta di “post-it”? Perché la funzione del “post-it” è proprio quella di fissare in un piccolo spazio, sia pure con scrittura fuggevole, un aspetto importante da ricordare, questo sì da identificare con precisione. Così Tina sintetizzava le cose più importanti, quelle che io chiamo tracce da seguire.

 

In certo senso è come disporre di un lente di ingrandimento che consente di vedere meglio eventi cruciali…

 

“… Eventi e persone cruciali. Infatti ci sono persone che ritornano, come questo Bisignani assurto agli onori della cronaca in questi giorni. Su tutto questo aleggia una sorta di rimozione. È strano l’atteggiamento verso il libro che ho curato. Certo, sta andando benissimo, ma sostanzialmente grazie al passaparola, al web, ad alcuni giornalisti di qualità, sensibili al valore della notizia, come Maurizio Chierici, Corrado Stajano, alcuni di Repubblica… Per il resto c’è reticenza, perché – come diceva Tina – la P2 fa ancora paura. La radio e la televisione ci ignorano totalmente (se si prescinde da Radio Rai 3 che ha fatto recentemente una trasmissione). Tina mi diceva: quando  leggi i miei appunti, li devi prendere come delle tracce, vedere gli incroci tra i vari nomi, e così scoprirai – ad esempio – che Bisignani si incrocia con altri piduisti di potere, ad alti livelli, nascosti o palesi; Stammati, che aveva ricoperto diversi ministeri negli anni ’70, di cui Bisignani fu, quando Stammati era ministro del Tesoro, capo di gabinetto; Ortolani, da molti considerato la vera mente della P2; Francesco Pazienza, Giuseppe Santovito, capo del Sismi, coinvolto in trame che portano fino alla strage dell’Italicus. Seguire queste tracce fa paura”.

 

Tu apri la tua introduzione ai “diari segreti” con la seguente frase di Tina Anselmi: “Basta una sola persona che ci governa ricattata o ricattabile, perché la democrazia sia a rischio”. Ci sembrano parole di sapore profetico, considerando il personale politico che oggi ci governa, in primis il presidente del Consiglio.

 

“Lo sono certamente, e la vicenda di Bisignani ne è un'ulteriore riprova. Il fatto è che se tu ti muovi sul crinale tra malaffare e buoni affari, tra cattiva politica e buona politica, tra illegalità e legalità, è ovvio che rischi sempre di imbatterti in qualcuno che ti ricatta!.

 

Dove vedi una continuità tra la P2 di Gelli e la situazione di oggi?

 

“Una continuità evidente l’abbiamo già menzionata quando abbiamo parlato di un personale politico che oggi è al comando, che allora figurava nelle liste di Gelli e che è passato indenne, quindi, attraverso le indagini svolte, lo scioglimento della P2 e quant’altro. Abbiamo fatto i nomi di Berlusconi e Cicchitto. E lo stesso Bisignani è un legame vivente nel tempo tra la P2 e l’oggi. Al di là di aspetti particolari, che andrebbero documentati con le carte alla mano, c’è un fatto di fondo che accomuna ieri e oggi: agire di nascosto e – come amava ripetere Tina Anselmi – se qualcuno si nasconde sicuramente fa cose non buone. Questi si nascondono perché agiscono contro l’organizzazione palese, trasparente delle istituzioni democratiche. Qui sta un fondamentale elemento di continuità: il progetto eversivo di Gelli intersecava una realtà di corruzione politico-affaristica, ed è la stessa cosa che si ripresenta oggi.

 

D’altra parte, c’è quasi un’investitura di Berlusconi da parte di Gelli. Lo ricorda a conclusione della sua postfazione Giuliano Turone, riferendo di una conferenza stampa televisiva di Licio Gelli dell’ottobre 2008, nella quale il “Venerabile” – leggo dal testo – “rivendica con orgoglio alla Loggia P2 la paternità di quel documento eversivo che risponde al nome di ‘Piano di rinascita democratica’ con queste parole: ‘Peccato non averlo depositato alla Siae per i diritti, tutti ne hanno preso spunto: l’unico che può andare avanti è Silvio Berlusconi, non perché era iscritto alla P2, ma perché ha la tempra del grande uomo’.”

 

Nei tentativi dell’attuale maggioranza di governo di scardinare gli assetti istituzionali, a cominciare dalla magistratura, c’è dunque una continuità con il progetto di Gelli?

 

“Sicuramente, ma non solo per quanto riguarda i livelli istituzionali, a partire dalla magistratura. Ne sono investiti un po’ tutti i nodi vitali della vita istituzionale e civile del paese. Per esempio, la rottura dell’unità sindacale era anche’essa – come lo è per l’attuale maggioranza di governo – uno degli obiettivi del progetto di Gelli, quello che lui chiamava di “rinascita democratica".

 

Si passa da una fase caratterizzata dalla “strategia della tensione”, che si estende fino agli anni ’80 e culmina con la strage della stazione di Bologna, a un disegno di riorganizzazione delle istituzioni controllate dall’interno da piduisti. Il controllo del sindacato rientra in questa strategia di controllo dall’interno dei gangli vitali del sistema, come vi rientrano i tentativi di controllare la stampa. Tutti ricordiamo le manovre per il controllo del Corriere della Sera (direttore Di Bella, piduista; editore Rizzoli, piduista…)”.

 

Sempre nella tua introduzione, tu citi un testo dal Dizionario biografico delle donne italiane curato dal ministero delle Pari opportunità nel 2005 (ministro Stefania Prestigiacomo) e curato dalla giornalista Pialuisa Bianco, che usa un linguaggio piuttosto significativo, che ricorda un po’ quello dei vari Ferrara, Feltri e compagnia contro il moralismo persecutorio dei nemici di Berlusconi. Puoi farvi un accenno?

 

“Proviamo a rileggere il passo che ho citato. Alla voce “Tina Anselmi” la curatrice scrive: “La presidenza della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 (…) cambiò il suo destino, quando il moralismo giacobino, la vergogna del potere, l’istinto punitivo e tuttavia accomodante tra le parti, che furono la contraddittoria filosofia inquirente, dopo di allora, di tutte le commissioni parlamentari, cambiarono il corso del guerreggiato consociativismo italiano (…) I 120 volumi degli atti della Commissione, che stroncò Gelli e i suoi amici, gli interminabili fogli dell’Anselmi’s list, infatti, cacciavano streghe e acchiappavano fantasmi”.

A parte questa difesa postuma e non troppo larvata dell’operato di Gelli, dipinto come vittima di una ingiusta persecuzione (“stroncò Gelli”) di moralisti acchiappa fantasmi, c’è nel linguaggio stesso il segno di una continuità culturale con chi ha nutrito il disegno di un controllo occulto della vita istituzionale, politica e civile del paese: la messa in moto di una “macchina del fango” per delegittimare, per ridurre a fantasia persecutoria l’azione di coloro che agiscono per preservare il valore della legalità, la trasparenza del funzionamento istituzionale. È storia, anzi cronaca di questi giorni.

 

E poi, quale livello culturale nei discorsi che sentiamo! Persino in quelli di Giuliano Ferrara, considerato un genio sia pure malefico: che banalità nei discorsi sul moralismo della sinistra, che non sa vivere né ridere… Davvero viene in mente la “banalità del male” di Hannah Arendt, al sentire le tirate di questi difensori del regime berlusconiano. Qui ci ritrovo la matrice culturale piduista, il perseguimento della distruzione con qualsiasi mezzo dell’avversario, considerato un nemico da annientare e non un interlocutore con cui confrontarsi. L’esatto contrario della cultura cattolico-democratica di Tina Anselmi, una cultura del dialogo e del confronto in un contesto politico e istituzionale fatto di legalità e trasparenza”.

 

Tra le cose che colpiscono nelle annotazioni di Tina Anselmi c’è un cenno inquietante al ruolo di Francesco Cossiga durante l’affaire Moro.

 

“Ripeto, Tina mi diceva sempre: segui le tracce. In questo caso, segui le tracce dei percorsi di Gelli e Cossiga, vedi come e quando si incrociano. Durante il caso Moro Cossiga è ministro degli Interni: ebbene, otto su nove dei rappresentanti dei servizi segreti nel comitato di crisi che si occupa del caso sono piduisti, anche nominati da lui. Sappiamo che poi si dimette, ma la sua carriera politica non è certo distrutta, e arriverà addirittura alla presidenza della Repubblica con una votazione tra le più concordi. Ebbene, pochi giorni dopo l’elezione a presidente Cossiga, nel dicembre 1985, riceve da Gelli una lettera – riprodotta nell’appendice del libro – nella quale il “Venerabile” con toni – diciamo, eufemisticamente, ambigui – lo chiama in causa e gli chiede di restituirgli l’onore che gli era stato tolto da Pertini, Spadolini e dalla Anselmi. Una chiamata in correo?”

 

Davvero inquietante, e in tutto questo – lo abbiamo detto – ci siamo ancora dentro. Ma fino a quando?

 

“Sì, ci siamo ancora dentro, però… Il fatto che sia stato colpito Bisignani, un consigliere importante di Gianni Letta, un piduista della prima ora che ha attraversato tutte le stagioni e si è sempre risollevato dai vari “incidenti” di percorso, questo mi fa pensare – e sperare – che finalmente il potere berlusconiano sia alla fine. Di questo sono felice politicamente, ma anche perché è la vittoria, seppure tardiva, di Tina Anselmi. Del suo coraggio di donna, a fronte di un incubo tutto maschile, quale la P2, una abbuffata di potere superbamente maschile – militari, politici, affaristi, Vaticano, persino criminalità (si pensi ai contatti con la Banda della Magliana…). Coraggio, ripeto, e libertà di pensiero che Tina ha mostrato, sorretta da una disciplina ferrea, da una serietà e un forza mitigate dall’ironia e dall'amore per la vita. Lei mi diceva: non è che noi fossimo migliori – “noi”, cioè il mondo dei Zaccagnini, Moro, La Pira, Leopoldo Elia, Scoppola, e se penso al sindacato della Cisl, da cui sono partite le mosse dell'Anselmi, non posso non aggiungere Pastore, Storti, Carniti, insomma le persone radicate nella cultura cattolica democratica e popolare – non è che noi, diceva, fossimo migliori, avevamo grandi ambizioni e non ci ritraevamo da furibonde battaglie, ma la cornice era sempre quella della funzionalità dello Stato e delle istituzioni al bene dei cittadini, nel massimo di trasparenza democratica, fuori da ogni manovra di controllo occulto affaristico e di potere. Per tutto questo, come ho detto, sono felice che vi siano oggi i segni di una crisi irreversibile degli epigoni della P2 e concreti motivi per sperare in una rivincita dei valori che Tina Anselmi incarna e nei quali moltissimi italiani credono: basta vedere gli ultimi risultati elettorali e dei referendum e l'amore, la stima, che tante cittadine e cittadini ancora provano verso Tina. In Italia, credo, più che mai, si abbia fame e sete di buona politica”.

 

La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi

A cura di Anna Vinci

Chiarelettere, Milano 2011

Pagine XXVI-550, Euro 16,60

 

Intervista di Anna Vinci a Giuliano Turone

Mercoledì, 22. Giugno 2011
 

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