Tfr e contributi Inps

Un lettore ci scrive a proposito dell'articolo "L'uovo di Colombo per la previdenza" di Felice Roberto Pizzuti, che risponde
A proposito de "L'uovo di Colombo per la previdenza", io opero questo semplice ragionamento (e mi sembra che sia più o meno lo stesso dell'articolo):
per un lavoratore metalmeccanico che guadagna, per esempio, 1500 euro, confluiscono ogni mese nelle casse INPS 600 euro (aliquota complessiva del 40% circa data dal 9% a carico del lavoratore e dal 31% a carico dell'impresa); contemporaneamente l'accantonamento tfr è pari a 111 euro circa (1500/13,5).
La pensione di quel lavoratore, grazie al meccanismo vigente del sistema contributivo, verrà calcolata rivalutando quei 1500 euro, ma se il lavoratore versa all'INPS 111 euro in aggiunta ai 600 di contributi si può determinare un imponibile MAGGIORE sul quale verrà calcolata la sua pensione (che a sua volta sarà MAGGIORE).
In pratica occorre RIcalcolare quei 1500 euro, operazione possibile grazie a questa semplice proporzione: 1500 : 600 = X : (600+111), dove x (il nuovo imponibile INPS) viene ad essere pari a 1777,50 euro.
Il lavoratore ci guadagna perché avrà una pensione più alta.
Lo Stato ci guadagna perché diminuisce il disavanzo INPS e conseguentemente la quota di risorse che deve fornire per coprire tale disavanzo.
Nella più semplice delle ipotesi si potrebbero RIDURRE LE TASSE, ma qui sta comunque il vero dibattito: come impiegare le risorse liberate da questi risparmi? Nuove politiche sociali? Investimenti in infrastrutture? Ricerca? Scuola e università? Un po' di tutto?
Solo i datori di lavoro ci rimetterebbero qualcosa, visto che il TFR è una sorta di prestito che il lavoratore è costretto ad erogare loro in base alla legge (questo sì che è dirigismo!) e che l'azienda remunera ad un tasso di interesse bassissimo. Ma anche qui si potrebbe ovviare al problema destinando una quota di risorse ottenute da quei risparmi introducendo un credito di imposta pari alla differenza fra il tasso medio di mercato dei finanziamenti all'impresa e il tasso di rendimento del tfr.
Davide Vanicelli
 
Risponde Felice Roberto Pizzuti
Non ho capito bene il meccanismo a cui pensa il sig. Vanicelli (nel sistema contributivo si rivalutano i contributi, non lo stipendio); ma come lui stesso dice, mi pare sia d’accordo con l’idea di fondo della mia proposta e dell’appello per la libertà di scelta previdenziale che mirano ad allargare le possibilità d’impiego da parte del lavoratore dei suoi accantonamenti per il Tfr, consentendo d’impiegarli anche per aumentare la contribuzione al sistema pensionistico pubblico. La conseguenza sarebbe naturalmente un aumento delle prestazioni le quali vengono calcolate in proporzione (mediante i coefficienti di trasformazione che tengono conto anche dell’età di pensionamento) al monte contributivo accumulato e rivalutato nel tempo in base alla crescita del Pil.
 
 
P.S. Approfitto per ricordare che per aderire all’Appello si può comunicarlo a roberto.romano@cgil.lombardia.it e a feliceroberto.pizzuti@uniroma1.it
 
Lunedì, 27. Novembre 2006
 

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