Su lavoro e pensioni tutto il peso del risanamento

I documenti di finanza pubblica presentati dal ministro dell’Economia sono modesti negli obiettivi e vaghi sulle misure da prendere, tra le quali non si fa cenno a nulla che riguardi le rendite e i costi della politica. Ci sono però i risparmi di quelle già prese su previdenza, scuola, sanità e contratti pubblici, per quasi 20 miliardi di euro

Il ministro Tremonti ha introdotto un’innovazione nei documenti di finanza pubblica che il governo deve presentare al parlamento italiano e all’Unione Europea: la premessa. Comune sia al DEF (Documento di economia e finanza) che al PNR (Piano nazionale di riforma), è diventata il vero oggetto di discussione, assieme alle previsioni di finanza pubblica, nelle audizioni parlamentari delle parti sociali, mentre il PNR (documento di 160 pagine) è stato pressoché ignorato.

 

In realtà qualche indicazione nel PNR si trova, ma tutto in negativo per il nostro paese. Nel documento sono fissati gli obiettivi nell’ambito della strategia Europea 2020. Si tratta di obiettivi quantitativi che riguardano il tasso di occupazione (75%), il rapporto spese di ricerca e sviluppo/PIL (3%), la riduzione degli abbandoni scolastici (al 10%), la quota di giovani con educazione “terziaria” (40%), la riduzione del numero di poveri (20 milioni per tutta l’Europa), i tre obiettivi energetici (20% di energie rinnovabili, 20% di risparmi energetici e 20% in meno di gas ad effetto serra).

 

Gli obiettivi fissati nel PNR 2011 per il nostro paese sono sensibilmente inferiori salvo che per la diminuzione della popolazione a rischio povertà, dove l’obiettivo indicato (2,2 milioni ) contribuirebbe per più del 10% al target europeo. Obiettivi molto prudenti che, se gli altri paesi rispetteranno i loro, ci collocherebbero agli ultimi posti in ambito UE in molti dei punti di Europa 2020. Di questa non invidiabile prospettiva indicata dal governo poco o nulla si è discusso.

 

La premessa riassume i contenuti del Patto per l’euro da poco approvato dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo e afferma che il Patto vincola l’Italia a rafforzare le regole e le azioni necessarie per l’equilibrio della finanza pubblica e a rispettare i vincoli sull’indebitamento netto e sul rapporto debito/PIL. Ma questa, secondo Tremonti, è, comunque, la politica che il nostro paese dovrebbe darsi e che viene richiesta dai mercati finanziari. “L’unico messaggio responsabile, nell’interesse del paese, è che non esistono i presupposti per una crescita duratura ed equa, senza stabilità del bilancio pubblico”. Il Programma di stabilità è quindi impostato in questa logica. Il governo si impegna da un lato a introdurre nella Costituzione il vincolo della disciplina di bilancio e, soprattutto, si impegna a raggiungere entro il 2014 un livello prossimo al pareggio di bilancio secondo gli impegni europei e poi proseguire con un surplus primario per ridurre il debito pubblico. Gli obiettivi programmatici di deficit/Pil sono fissati al 3,9% nel 2011, 2,7% nel 2012, 1,5% nel 2013 e 0,2% nel 2014.

 

Tremonti riconosce che gli obiettivi di politica economica per lo sviluppo non possono essere limitatati alla disciplina di bilancio, ma afferma che “per raggiungerli è necessario attivare motori di sviluppo esterni all’area della spesa pubblica in deficit” rimandando in merito al PNR. Pietra tombale, quindi, sulla tanto conclamata scossa berlusconiana e attenzione primaria al rigore finanziario.

 

Tremonti nega la necessità di manovre correttive nel 2011/12 e rinvia al 2013/14 la correzione dei conti pubblici per rispettare gli obiettivi di bilancio. Sulla base dello sviluppo del PIL indicato (1,1% nel 2011, 1,3% nel 2012, 1,5% nel 2013, 1,6% nel 2014) la manovra correttiva sarebbe pari al 2,3% del PIL ossia a circa 35 miliardi di euro.

In realtà l’entità della manovra, anche dando per scontato l’esattezza delle previsioni governative, dovrà essere maggiore. Nelle previsioni del DEF, infatti, per il biennio 2013/14 nel valutare la spesa per il personale del pubblico impiego si considera la sola indennità di vacanza contrattuale. Prospettiva poco sostenibile dopo un triennio di blocco della contrattazione.

 

La domanda ovvia è perché non si spalmi nel quadriennio questo intervento rendendolo così meno pesante. L’unica risposta è che il governo non vuole assumersi nel 2011 e nel 2012 l’onere di intervenire sulla spesa e/o sulle entrate e vuole rimandare il più possibile il probabile impatto negativo in termini poltico-elettorali che queste misure potrebbero avere. Se la supposizione è giusta si possono prevedere elezioni anticipate nel 2012 dato che già in quell’anno dovranno essere indicate le misure da prendere nel 2013.

 

Gli obiettivi indicati nel DEF sono possibili, ma non certi e, soprattutto, non sufficienti. I conti 2011/12 sono da verificare, mentre dal biennio successivo penderà sull’Italia l’incubo del nuovo Patto di stabilità che dà maggior peso al debito rispetto all’indebitamento netto, imponendo la regola che il rapporto debito/Pil debba ridursi annualmente di un ventesimo della distanza tra il rapporto debito/Pil di un paese e il valore obiettivo del 60% sul Pil. L’Italia ha ottenuto che l’applicazione della regola non sia automatica e che nella decisione relativa ad una eventuale procedura per deficit eccessivo si tenga conto anche di altri fattori rilevanti, quali per esempio il livello di debito del settore privato e le condizioni del sistema pensionistico. Nel migliore dei casi l’obiettivo di correzione dei conti pubblici attribuito all’Italia dovrà essere “contrattato” anno su anno, nel peggiore alla riduzione dell’indebitamento dovrà aggiungersi la riduzione del debito.

 

Tutto questo rende necessario innalzare il tasso di crescita previsto dal governo attraverso interventi concreti e non più rinviabili, come pressoché tutti i soggetti intervenuti sui documenti governativi hanno sottolineato. A questa richiesta Tremonti risponde con quattro pagine della premessa indicando alcune priorità: riforma fiscale, Meridione, lavoro, opere pubbliche, edilizia privata, ricerca e sviluppo, istruzione e merito, turismo, agricoltura, giustizia civile, riforma della pubblica amministrazione e semplificazione. Si tratta più che altro di titoli, senza indicazione di misure, di risorse, di tempi. Anche sulla riforma fiscale, sulla quale si spendono più parole che sugli altri obiettivi, le indicazioni sono poche e generiche.

 

Non è accettabile la totale assenza di indicazione di interventi sulla tassazione delle rendite. Non è accettabile la mancanza di indicazioni su dove tagliare la spesa pubblica e sulla riduzione dei costi della politica. Il governo ha ridotto il numero degli insegnanti sulla base dichiarata della necessità di bilancio pubblico. Va ridotto, sulla base della stessa necessità, il numero delle persone che vive di politica. Vanno affrontati il problema delle provincie e degli istituti provinciali (prefetture, tribunali, questure, ecc.), il costo degli enti locali, degli assessori, delle commissioni regionali e comunali, i costi del Parlamento e di tutte le istituzioni pubbliche. I risparmi di spesa pubblica non si possono avere solo da lavoro e pensioni.

 

Il DEF elenca gli effetti finanziari in termini di minori entrate e maggiori spese in diverse aree di policy. Le minori spese pubbliche nel periodo 2009-2014 sono state realizzate per la quasi totalità sul fronte lavoro e pensioni. In particolare gli interventi sulle pensioni hanno portato a risparmi di spesa per 7 miliardi di euro nel biennio 2009/10, e porteranno risparmi crescenti dal 2011 al 2014 valutati in 6,3 miliardi nel 2011, 10,3 miliardi nel 2012, 11,8 miliardi nel 2013, 13 miliardi nel 2014. Gli interventi sulla scuola hanno portato e porteranno economie di spesa per il personale pari a 1,3 miliardi nel 2009, 2,8 miliardi nel 2010, 3,9 miliardi nel 2011, 4,5 miliardi annui nel 2012, 2013 e 2014. Nel settore sanitario le misure di riduzione della spesa per il personale e della spesa farmaceutica porteranno a risparmi di 1 miliardo nel 2010 e di 1,7 miliardi annui a partire dal 2012.  A questo va aggiunto il blocco della contrattazione del pubblico impiego. Nel 2014 i risparmi di spesa complessiva annui derivanti dai settori indicati sono pari a 19,3 miliardi di euro. A questo si possono aggiungere le risorse sottratte annualmente dal governo dal Fondo Tfr dei lavoratori privati, pari a 16 miliardi nel quadriennio 2007/11.

 

Il DEF conferma, così, come negli ultimi anni per la tenuta dei conti pubblici siano stati determinanti gli interventi sul mondo del lavoro dipendente privato e pubblico, mentre nulla è stato richiesto ad altri settori sociali. Il modo del lavoro “ha dato” abbondantemente ora deve avere risposte in termini di occupazione (crescita), diminuzione della precarietà, minore imposizione fiscale. Per fare questo è necessario trovare risorse riducendo la spesa pubblica improduttiva, combattendo la corruzione, riducendo l’evasione e spostando il peso del fisco su ambiti diversi da quello del lavoro.

In questo quadro, oltre a una diversa tassazione delle rendite, non può essere esclusa un’imposta patrimoniale.

Sabato, 30. Aprile 2011
 

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