Sono tanti gli interventi che trattano delle difficoltà delleuro nel fronteggiare gli scompensi finanziari di alcuni paesi dellUnione europea, sottolineando tra laltro gli interventi non sempre tempestivi e convinti da parte delle autorità nazionali e comunitarie che facilitano gli attacchi della speculazione internazionale, pronta a sfruttare gli sbandamenti dei mercati, in particolare quelli obbligazionari e valutari, e le conseguenti ghiotte occasioni di guadagni.
Uno tra i più recenti è dellEconomist del 2 dicembre 2010, dal titolo eloquente: Il futuro delleuro. Non facciamo sciocchezze (The future of the euro. Don't do it). Il fatto che i cittadini europei non riescano più a vivere sotto il giogo dell'euro non depone a favore della moneta unica, esordisce larticolo. Nella periferia d'Europa molti vorrebbero evitare l'opprimente rigore che potrebbe essere necessario per far tornare competitivi stipendi e prezzi. Nel centro, dominato dalla Germania, i cittadini sono convinti di pagare per l'irresponsabilità di altri paesi e temono che come creditori saranno penalizzati se la Banca centrale europea ridurrà il debito dei paesi più lenti ricorrendo all'inflazione. Nel profondo alberga il cupo sospetto che si tratti di un dramma che l'eurozona sarà costretta a rivivere di volta in volta. E allora, perché non mollare adesso?
Lo stesso articolo prefigura anche uno scenario possibile a breve: La rottura potrebbe avvenire in uno o due modi. Uno o più stati membri deboli (Grecia, Irlanda, Portogallo e forse Spagna) potrebbero abbandonare la moneta unica, probabilmente per svalutare la loro nuova moneta. Oppure una Germania stufa di pagare, probabilmente seguita da Paesi Bassi e Austria, potrebbe decidere di disfarsi dell'euro e riportare in vita il marco tedesco, che si rivaluterebbe.
Non mancano considerazioni paternalistiche che invitano alla cautela: Se le conseguenze economiche della caduta dell'euro sono problematiche, i rischi politici potrebbero addirittura innescare una catena di eventi tale da mettere a repentaglio il mercato unico e persino la stessa Unione europea. L'Ue e l'euro sono stati l'ancora della Germania post bellica. Se Berlino dovesse abbandonare la moneta unica, pagandone gli enormi costi e lasciando il resto d'Europa a badare a se stesso, l'impegno tedesco nell'Unione europea sarebbe seriamente messo in dubbio.
Infine la stoccata finale improntata a netto pessimismo: Anche se molti paesi oggi potrebbero pentirsi di aver adottato la moneta unica, abbandonarla adesso non avrebbe senso. Ma il fatto che l'euro debba sopravvivere non significa che ci riuscirà. E a meno che i leader europei non agiscano tempestivamente e con coraggio, potrebbe non farcela.
Queste considerazioni poco costruttive - sovente giustificate da errate scelte economiche e finanziarie dei governi, più spesso da cattiva gestione delle risorse nazionali - si ritrovano in moltissimi articoli pubblicati nei lunghi mesi che, a partire dal fallimento dellamericana Lehman Brothers e dalle file di clienti davanti agli sportelli londinesi di Northern Rock, hanno condotto al collasso delleconomia greca e poi di quella irlandese.
Avanzo una proposta disdegnata dalla comunità britannica nel decennio trascorso.
La Gran Bretagna dovrebbe e potrebbe contribuire a ripristinare tranquillità nel mondo monetario e finanziario dellUnione europea adottando da subito l'euro come moneta nazionale al posto della sterlina. E il minimo che la Gran Bretagna dovrebbe e potrebbe fare in questo momento della storia per ricambiare il grande favore ricevuto dai partner europei con il salvataggio delle banche irlandesi nelle quali la finanza inglese è fortemente impegnata ed esposta.
Questa scelta rafforzerebbe lUnione monetaria strutturata intorno alleuro e darebbe vigore e tranquillità alla stessa economia britannica, fiaccata anchessa, forse più delle altre, dalla crisi finanziaria ed economica in atto.
Ladozione delleuro da parte della Gran Bretagna sarebbe un messaggio incontrovertibile per il mondo della finanza internazionale ed un grande monito alle forze agguerrite della speculazione. Indubbiamente la rinuncia alla sterlina sarebbe un grosso sacrificio per lorgoglioso popolo inglese che da sempre ha fatto della propria moneta un punto di forza ed autonomia ed un momento identificativo di una intera e prestigiosa comunità. Le peculiarità inglesi ed i punti di forza acclarati nei campi della finanza e del commercio internazionale avrebbero modo ed occasione di perpetuarsi ed esplicare comunque tutte le loro potenzialità.
Il cambio della sterlina con leuro negli ultimi due anni ha oscillato tra 1,1 e 1,2 euro per sterlina, evidenziando una sostanziale stabilità. Lultimo valore registrato al 3 dicembre 2010 è pari a 1,1773 euro per una sterlina (0,894 sterline per un euro). Il valore medio del cambio registrato nei ultimi due anni può essere considerato, insieme agli altri elementi di valutazione, una base ragionevole ai fini della unificazione tra le due monete.
Alberto Quadrio Curzio, nel suo articolo LIrlanda fa paura ma lUnione ha un modo per aiutarla (pubblicato sul settimanale Economy del 24 novembre 2010) sostiene tra laltro: Se chi ha responsabilità politiche ed economiche manda messaggi sbagliati, la speculazione si butta e la situazione può diventare ingestibile anche se è oggettivamente governabile. Innanzitutto Eurolandia ha adesso un potente strumento per fronteggiare queste crisi: lo European financial stability facility (Efsf) dotato di 750 miliardi di euro. Per attivare lintervento ci vuole un po di tempo per valutare la misura dello stesso e le condizioni che lo Stato soccorso dovrà rispettare. Ma questo non cambia la forza dello strumento e della sua deterrenza.
Considerazioni queste da condividere senza alcun dubbio. Ladozione delleuro da parte della Gran Bretagna rafforzerebbe in maniera inequivocabile lUnione intorno ad una moneta unica e solida e moltiplicherebbe il potenziale dellEuropean financial stability facility.
Sàntolo Cannavale