Scalone e articolo 18

Il segretario della Fim di Torino replica all'articolo di Clericetti, che risponde. Scrive anche il consulente del lavoro Antonio Piacentini che si dichiara invece d'accordo con l'articolo

Spett.le Redazione di Eguaglianza è Libertà,

 

Ha ragione Clericetti a dire che tra la battaglia sull’articolo 18 e quella sullo scalone non ci sono possibilità di paragone.

 

Infatti, al contrario di quello che pensa Clericetti, la battaglia sull’articolo 18 diventò  una battaglia ideologica contro il Governo Berlusconi perdendo i connotati del confronto sindacale.

 

Il famoso Patto per l’Italia, poi disatteso dal Governo B., che l’autore cita genericamente riferendosi ad una parte del movimento sindacale, poneva tante e tali limitazioni alle imprese per poter utilizzare le deroghe all’art.18 della legge 300, che finì per essere inapplicabile.

 

Invece si dimentica che il governo D’Alema, propose di innalzare da 15 a 20 dipendenti l’inapplicazione dell’art. 18 il che avrebbe avuto conseguenze ben più nefaste per i lavoratori se teniamo conto del fatto che la stragrande maggioranza delle imprese sta nella fascia sotto i 50 dipendenti.

 

Non bisogna neanche dimenticarsi di ciò che disse Cofferati, parecchio tempo dopo aver portato i famosi “tre milioni” di lavoratori in piazza ed essere un affermato Sindaco di Bologna!  Disse più o meno così: che la battaglia sull’articolo 18 fu sbagliata e dicendolo ha confermato quello che tutti i sindacalisti sapevano da tempo immemore: che Cofferati sin da quando si occupava dei chimici era ed è sempre stato un sindacalista moderato e riformista, cosa che è stata confermata dal suo agire da Sindaco di Bologna.

 

Ciò per evitare letture, di nuovo ideologiche, sul passato.

 

Clericetti mi stupisce di nuovo quando dice che andare in pensione 3 anni prima o dopo non cambia nulla tanto si vive sino a 80 anni! Ecco un altro che parla e non conosce il mondo del lavoro e leggendo il suo sito internet capisco che chi fa l’economista e la vita del giornalista non si pone limiti lavorativi, ma chi passa o ha già passato 35 anni ad una catena di montaggio facendo doppi o tripli turni (in un mese si fa una settimana il 1° turno, poi il 2°, poi il 3° turno e si ricomincia con il 1°…questo  per chi non lo sapesse e magari vuole fare un’esperienza di vita!) vuole andare in pensione e vuole andarci il prima possibile e con una pensione dignitosa.

 

Quella stessa sinistra a cui Clericetti si riferisce ha in parte imparato la lezione proprio sull’esperienza dell’articolo 18 che ha portato ad uno scontro frontale con il Governo e a una divisione sindacale che non portato frutti ai lavoratori….ma come dice Epifani: “un Sindacato che non fa accordi non conta nulla” e non rappresenta politicamente nessuno aggiungo io.

 

Ecco perché allora come oggi è importante fare un accordo che modifichi lo scalone perché il rischio di posizioni estreme è quello di fare il gioco della destra e di una parte del riformismo PD che vuole invece mantenere lo scalone. Ma nell’accordo bisogna avere una particolare attenzione a quei lavoratori usurati (catene di montaggio, linee e transfer con lavori ripetitivi, doppi e tripli turni non solo di operai ma pensiamo alle infermiere, ai tranvieri che fanno un lavoro sicuramente più disagiato di un operaio normalista che lavora in un magazzino) e che, quindi, non sono la categoria generica degli operai ma una parte di essi.

 

Concludo con l’ennesimo invito che ognuno faccia il suo mestiere per dare il meglio di sé e a noi lasciate fare i sindacalisti senza che nessun economista tema che gli possiamo “rubare” il posto, anche perché, nonostante tutto quello che si dice in giro, siamo ancora l’unica Organizzazione organizzata che ogni anno andiamo per dieci ore “a mettere la nostra faccia” e a rispondere direttamente ai lavoratori che rappresentiamo.

 

Cordiali Saluti,

Claudio Chiarle, Segretario FIM-CISL Torino

 

 

 

Caro Chiarle,

è un vecchio trucco quello di far dire a uno una cosa che non dice e poi impiccarcelo. Dove avrei scritto che “andare in pensione 3 anni prima o dopo non cambia nulla”? Ho impiegato metà dell’articolo per sostenere che lo scalone era un provvedimento ingiusto e sbagliato. Di qui a dire che fosse il problema più importante del mondo del lavoro, o anche uno dei più importanti, ce ne corre.

 

Temo di non capire il rammarico per il mancato funzionamento delle deroghe all’articolo 18, che, come si è visto, erano in cambio di niente. La battaglia contro le modifiche diventò, è vero, anche ideologica, ma continuo ad essere convinto che il problema era assolutamente concreto e grave. Come resto convinto che non lo fosse altrettanto quello dello scalone, anche perché, già nel momento in cui scrivevo, la trattativa era già andata oltre, e anche l’esclusione dei lavori usuranti era acquisita. (Se ha letto bene, io suggerivo che si dovesse prevedere anche un’esclusione ove ricorrano motivi di salute, a prescindere dal lavoro che si fa). Ciò nonostante, una parte della sinistra e del sindacato continuava a rifiutare ogni compromesso, al grido di “via lo scalone e basta”. Questo sì, che era un atteggiamento ideologico e irresponsabile.

Comunque l’età di 57 anni per andare in pensione non è scritta nella pietra. In questo caso era sbagliato il modo e il metodo, perché le riforme previdenziali si fanno con grande gradualità e nel lungo periodo (e non sparando nel mucchio), ma che sia necessario aumentare l’età pensionabile dipende dal fatto che la gente ha preso il vizio di campare di più. Quindi, o si lavora per più tempo, o le pensioni saranno troppo basse per viverci dignitosamente.

Tralascio gli attacchi personali, ma mi chiedo se Chiarle pensi che i giornalisti debbano occuparsi solo delle feste di vip e veline. Quanto a “metterci la faccia”, io la mia la metto sotto ogni articolo che firmo con il mio nome, scrivendo le cose di cui sono convinto e non quelle che qualcuno mi suggerisce, cosa che spesso non mi ha agevolato. Inoltre ricordo a Chiarle che di articolo 18 e scalone ho tutto il diritto di parlare, essendo direttamente interessato come lavoratore. E comunque, perché non dovrei? Per non “disturbare il manovratore”? Se il manovratore ha le sue idee, caro Chiarle, continuerò a disturbarlo con grande impegno.

Ricambio i saluti
Carlo Clericetti

 

Io invece sono d’accordo

 

Ho letto l'articolo di Clericetti e voglio semplicemente congratularmi con l'autore. Ho da poco aperto un mio blog in cui parlo delle esperienze lavorative di consulente del lavoro e riconosco molte delle cose dette nell'articolo. Mi farebbe piacere porle anche alla vostra attenzione. L'indirizzo è:  www.antoniopiacentini.ilcannocchiale.it

 

Quanto al merito dell'articolo, ne traggo una provvisoria conclusione. Il centrosinistra alla fine terrà conto delle richieste sindacali, ma non acconteterà nessuno. Semplicemente non convince. Mancano le idee per fare bene le cose, un po' di rottura dei vecchi schemi. Qui in fondo il problema era spiegare al paese che la riforma Maroni è una camicia di forza per molte persone che perdono il lavoro o non stanno bene. Ma non solo...

 

Scusate l'intromissione. Se c'è stato verso di essere utile per il vostro impegno, ne sono contento.

 

Cordialmente

Antonio Piacentini   

Venerdì, 27. Luglio 2007
 

SOCIAL

 

CONTATTI