Romagnoli: Che rischio, se vincesse il “sì”!

Per i lavoratori un vantaggio solo apparente: potrebbe portare a ridiscutere tutto l’articolo 18 e a sopprimere il diritto di reintegro per tutti
Un breve viaggio nella storia dell’articolo 18 può servire a capire meglio le caratteristiche dello scontro attuale. Lo facciamo con Umberto Romagnoli, ordinario di Diritto del lavoro presso l'Università di Bologna. Professore, che cosa c’era prima dello Statuto dei lavoratori?
 
C’era una legge del 1966. Prevedeva la tutela che oggi chiamiamo “debole” contro il licenziamento individuale. Non parlava di alcun reintegro. Prevedeva o la riassunzione a discrezione del datore di lavoro, oppure il risarcimento di un danno oscillante tra un minimo e un massimo. Chiariamo che la riassunzione non è il reintegro: è affidata esclusivamente alla volontà delle parti, non c’è un obbligo. O riassumi oppure paghi il danno.
 
Con la legge del 1966 c’era già una differenziazione per le piccole aziende? Con quale numero massimo di dipendenti?
 
Trentacinque. Nelle aziende con meno di trentacinque dipendenti c’era ancora il licenziamento arbitrario, non controllabile, senza giustificato motivo, il cosiddetto licenziamento ad nutum.
 
Arriva lo Statuto nel 1970. Che cosa prevede?
 
Introduce il reintegro nelle aziende con più di quindici dipendenti. Rimane, in quelle sotto quel limite, il licenziamento ad nutum. Il tetto però si è abbassato, da trentacinque a quindici.
 
Nel 1989 Democrazia Proletaria promuove un referendum. Che cosa chiedeva?
 
C’era da eliminare quella forma di licenziamento, appunto. C’era una contrapposizione violenta tra tutelati e sottoprotetti. Quel referendum però non si fece…
 
Lo rese inutile la legge del 1990 fortemente voluta dalle tre Confederazioni?
 
Un ruolo fondamentale l’ebbe Gino Giugni. Quella legge rimescolò un po’ le carte. Ha generalizzato, anche nelle aziende sotto i quindici dipendenti, il principio per cui il licenziamento deve essere giustificato. Tu puoi avere anche un solo dipendente, ma per licenziarlo vai incontro al rischio di un’impugnazione giudiziaria.Muore il licenziamento ad nutum. Resta per alcune minoranze: i dirigenti, i domestici. Il licenziamento del dirigente è comunque tutelato non dalla legge, ma dagli accordi collettivi. Un altro elemento importante era dato dal fatto che scompariva l’equivoco tra “unità produttiva” e “impresa”. Con la nuova legge era intesa come “impresa” la somma delle unità produttive. Uno poteva avere unità produttive sparse per il paese. Con le norme del 1990, se sommavi gli organici parziali delle diverse unità produttive e superavi la quota di sessanta dipendenti, applicavi a tutti il diritto al reintegro in caso di licenziamento immotivato. Anche nelle unità produttive con tre dipendenti. Tale reintegro era poi applicato “indipendentemente dal livello occupazionale”, quando il licenziamento era impugnato per motivi discriminatori. Questo voleva dire che se c’era un licenziamento per rappresaglia sindacale, il lavoratore colpito aveva diritto al reintegro, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda dove lavorava. Così il referendum fu bloccato. La legge, in sostanza, andava incontro alle istanze dei referendari.
 
Una vittoria che oggi si rischia di mandare a gambe all’aria. Un altro referendum ad opera dei radicali si effettuò, invece, nel 2000…
 
Era eguale e contrario a quello di questi giorni. Mirava ad espungere dall’ordinamento l’obbligo del reintegro. Il referendum non ebbe il quorum necessario, ma la maggioranza dei votanti si espresse contro quell’abrogazione.
 
Che cosa può accadere oggi se non si raggiunge il quorum?
 
Il gioco s’interrompe.
 
Rimane in Parlamento, quella misura concordata nel patto per l’Italia…
 
Un intervento stupido, inutilmente provocatorio. Serve solo per gettare zizzania.
 
E se vincessero i si?
 
Al momento in cui entrerà in vigore l’esito referendario, dopo quindici-trenta giorni, il diritto al reintegro si applicherà per tutti. Qualcuno sostiene che assisteremo in quei quindici-trenta giorni a cose selvagge. Io non ci credo. I piccoli imprenditori sono operatori economici che fanno il loro tornaconto. Semmai è ipotizzabile un’espansione dei cosiddetti Co.Co.Co.
 
E il governo? Starà zitto e buono?
 
Io credo che non staranno fermi. Dato che amano molto inasprire e radicalizzare il conflitto, diranno: benissimo, riprendiamo in mano l’articolo 18, rivediamolo tutto e non solo con quei provvedimenti stralcio concordati nel patto per l’Italia. E così scomparirà il diritto al reintegro per tutti.
Sabato, 7. Giugno 2003
 

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