In ricordo di Tonino Chegai

Ricorrono venti anni dalla scomparsa di Chegai, dirigente operaio della CGIL campana. Si sforzò sempre di comprendere i cambiamenti della società meridionale e,in primo luogo dei giovani, nella grande stagione di lotte che caratterizzò Napoli fra gli anni 60 e 80. Lo ricordano Gennaro Sanges e Massimo Angrisani

Venti anni fa, in questo stesso mese di febbraio, veniva a mancare, a soli 50 anni, Tonino Chegai, segretario regionale della CGIL Campania, comune amico e compagno della redazione di “Eguaglianza e libertà”.

 
Alla sua morte, su “Il manifesto”, Valentino Parlato lo definì un “vero capo operaio e sindacale”. Due anni dopo, in un convegno della CGIL Campania “Una giornata di lavoro per ricordare Antonio Chegai”, Tonino Lettieri precisava: “Un intellettuale operaio, nel senso che lui, vecchio operista, ricordava a tanti di noi di origine intellettuale che è importante conoscere, capire, analizzare la realtà che cambia, ma la questione decisiva, quando ci si pone un obiettivo rispetto a tali cambiamenti, è come l’obiettivo lo si porta tra la gente, nel confronto e nel dialogo”. Da questo punto di vista è stato un contemporaneo, la sua curiosità intellettuale per tutto ciò che si muoveva nella società è stata  straordinaria.
 
In una bellissima intervista raccolta da Loris Campetti su “Il manifesto” nel 1986, diceva “ma lo sai che esiste l’associazione degli obelischi? Sono giovani che vivono in quartieri urbani dove le piazze che una volta univano la gente sono diventate dei grandi parcheggi. Questi giovani vogliono tornare a parlarsi sotto gli obelischi di quelle piazze. Ma lo sai che esiste un movimento dei pedoni? Li conosci i “Quaderni vesuviani” dove giovani intellettuali riscoprono la cultura delle zone vulcaniche compresi gli spaghetti aglio, olio, basilico e parmigiano? E poi c’è “Napoli ‘99” , il Tribunale dei malati, i gruppi che si mobilitano per l’ambiente, per i parchi, per recuperare il rapporto con il mare, a San Giovanni a Teduccio per riappropriarsi di una villa comunale. Lo sai che hanno risposto i ragazzi che baciandosi per strada davano scandalo fino al punto che un amministratore mattacchione è arrivato a proporre un parco dell’amore, al riparo della gente perbene? Che l’amore non si recinta! Raccogliamo, dunque, i nuovi valori e i nuovi fermenti giovanili. Dovremmo avere il coraggio di offrire a tutti i giovani disoccupati disponibili un assegno, un reddito minimo in cambio di un lavoro socialmente utile, in alternativa ai soldi a pioggia e all’assistenzialismo clientelare”. 
 

Tonino Chegai così racconta, nella stessa intervista, le sue origini: “Sono nato e cresciuto a Villanova, il ghetto popolare di Posillipo, che fungeva da struttura di servizio della borghesia. Facevo il ragazzo di salumeria e portavo la spesa a casa dei borghesi che non sopportavano i pesi”. A 20 anni, nella sua prima esperienza di fabbrica, operaio della ITER, per avere organizzato uno sciopero viene licenziato per rappresaglia sindacale. Entra a far parte della CGIL e nominato responsabile della Commissione Giovanile della Camera del Lavoro di Napoli, impegnato sui temi della pace e delle lotte anticoloniali di quegli anni. Sarà poi nel 1967 segretario della Fiom di Napoli e dal 1975 segretario della CGIL Campania entrando anche a far parte del Direttivo  e dell’Esecutivo nazionale della CGIL. Ed è proprio in quest’ultimo organismo che il 21/02/84 toccherà a lui, insieme con Renato Lattes, presentare la dichiarazione di voto, a nome della Terza Componente, sulla drammatica rottura avvenuta nella CGIL e nel sindacato unitario in merito all’accordo sulla scala mobile nella notte di San Valentino.

 
Altrettanto intensa la sua esperienza politica. Dopo aver militato tra i giovani socialisti, aderì al Psiup, ma dopo il suo scioglimento non accettò di confluire né nel Pci né nel Psi. Tonino attraversò così le esperienze politiche e le aggregazioni elettorali della nuova sinistra (Pdup- Nuova Sinistra Unita) per ritrovarsi nel 1979, insieme con tanti altri compagni della CGIL, un “senza tessera” di sinistra. Ma non smise mai di “fare” politica. Prima con il Cendes, poi con Fabbrica e Stato, poi ancora con il Centro regionale per l’Alternativa, infine fondando a Napoli il primo Centro di “Sinistra ‘80”. Fu instancabile organizzatore in Campania di decine e decine di Convegni, tutti assai riusciti, sedi di confronto alto, aperto, unitario, tra intellettuali, economisti, politici, militanti e dirigenti di CGIL, CISL, UIL. Nel 1986 successe nella storia della CGIL un fatto straordinario. Gianfranco Federico, segretario generale della CGIL Campania, affida a Tonino Chegai la responsabilità dell’organizzazione. Era la prima volta che nella CGIL del dopoguerra questo incarico veniva assegnato ad un dirigente né comunista, né socialista. E qui Tonino diede il meglio di sé. In poco più di due anni impresse una decisa azione di rinnovamento di tutta la CGIL regionale: sburocratizzazione, decentramento, democrazia, conflittualità. E unità sindacale, nel quadro di una rigorosa autonomia sociale.
 
Sotto la sua direzione si svolse in Campania una delle più imponenti manifestazioni sindacali: il 22 aprile 1988  lo sciopero generale regionale per il lavoro riempì piazza del Plebiscito di oltre centomila lavoratori, pensionati, uomini di cultura e gente del popolo provenienti da tutta la regione. Scriverà di lui il compianto Gianfranco Federico: “Lo si vedeva all’inizio di ogni corteo, di ogni manifestazione, con l’ansia di un leone in gabbia, fremere con il dubbio della riuscita. E poi, quando la gente arrivava orgoglioso diceva: possiamo cominciare, andiamo”.
 

Proprio in quei giorni si manifestavano i primi segni di un male incurabile che sarebbe avanzato progressivamente e velocemente, senza che lui smettesse mai di lavorare, di lavorare fino all’ultimo. Ancora un mese prima di morire, era stato tra i promotori di un Convegno nazionale svoltosi a Roma, organizzato da “Sinistra ‘80” dal titolo assai impegnativo “Ripensare il Sindacato”. Chegai fu certamente un uomo di organizzazione, ma fu sempre attraversato da una forte carica di inquietudine a volte vera e propria scontentezza, mai scadendo però nello scetticismo. Era certamente consapevole, in modo critico ed autocritico del limite e dello scarto sempre esistente tra azione organizzata, collettiva, e vastità e profondità delle questioni sociali, economiche, di civiltà da affrontare e risolvere, soprattutto nel Mezzogiorno.

 
Nell’attuale fase storica così incerta, grigia, spesso omologante, si avverte sempre più la nostalgia di compagni di così forte tempra, passione, umanità, così tenacemente impegnati per l’unità politica della sinistra, l’alternativa democratica, l’autonomia e l’unità del movimento sindacale.                                                                                                                                               
Sabato, 14. Febbraio 2009
 

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