Rappresentanza, finalmente l’accordo, ma…

L’intesa tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, in attuazione dell’accordo del 2011, è senz’altro un passo importante, che colma una lacuna rimasta aperta fin dal ’93. Molti aspetti non secondari vendono però demandati alle categorie; riportare i contenuti nella contrattazione di secondo livello non sarà semplice e, soprattutto, resta il problema di almeno 10 milioni di persone fuori dalle tutele

A fronte delle tante emergenze economiche e sociali nelle quali si dibatte il paese, l’accordo raggiunto da Cgil Cisl Uil è importante anche se tardivo, perché affronta finalmente un problema non meno rilevante degli altri, quello della rappresentanza e rappresentatività a supporto dell’attività contrattuale e dello stesso sistema di relazioni industriali (qui il documento integrale).

Le decisioni riguardano l'assunzione del lavoro come dato centrale che deve ispirare le scelte politiche ed economiche del paese. Cgil Cisl Uil indicano quindi una vera e propria piattaforma per affrontare i temi del lavoro, dell'economia e di tutte quelle misure atte a rilanciare la crescita con investimenti, redistribuzione del reddito, crescita dei consumi.

Sul versante della rappresentanza e della democrazia sindacale Cgil Cisl Uil portano a compimento, su questioni limitate, un processo di decisioni che, partendo dal documento unitario del 2008, era approdato all'accordo unitario del 28 giugno 2011, che però era rimasto non realizzato in quanto mancava di alcune altre decisioni necessarie all’attuazione.

Quelle decisioni che ora sono definite riguardano:

- la rilevazione e la certificazione della rappresentatività basata sull’incrocio tra iscritti e voto proporzionale delle RSU. Laddove non ci siano le RSU varrà solo il numero degli iscritti. Le organizzazioni sindacali sono impegnate a confermare le RSU laddove esistenti;

- la titolarità della contrattazione nazionale per le organizzazioni sindacali firmatarie che raggiungano almeno il 5% della rappresentanza per ogni CCNL;

- gli accordi saranno definiti dalle organizzazioni sindacali che sommano almeno il 50%+1 della rappresentanza e dalla consultazione certificata dei lavoratori, a maggioranza semplice, le cui modalità attuative saranno stabilite dalle categorie per ogni singolo CCNL.

 

Sulla base di questo accordo Cgil Cisl Uil hanno proceduto con Confindustria a definire un protocollo d'intesa che ha sicuramente un valore politico e simbolico, ma che ha come unico dato di novità la presenza di quelle scelte che hanno consentito: “… di dare applicazione all'accordo del 28 giugno 2011 in materia di rappresentanza e rappresentatività per la stipula dei CCNL…”.

 

Una discussione ben presente tra le tre centrali già dal 1992 - 93 e che portò nel settore pubblico alla formazione dell'Aran - Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni -, risolvendo in tal modo per via legislativa i problemi relativi alla rappresentanza e rappresentatività.

 

Nel settore privato, con l'accordo interconfederale del 1993, si affrontano tra l'altro il tema delle RSU e quello dell'assetto contrattuale. Quindi regole unitarie precise nel settore privato su rappresentanza e rappresentatività mancarono fin dal ‘93 ed anche l'accordo interconfederale Confindustria e Cgil Cisl Uil del 28 giugno 2011 non ha risolto nulla perché non scioglieva importanti nodi politici di dissenso tra le centrali. Se si guarda l'accordo del 2011 (qui il documento integrale), si vedrà che manca proprio della parte concordata in questi giorni ed avrebbe, se realizzata prima, forse fatto risparmiare due anni (2011-2013) di grandi divisioni sindacali.

 

Ora per imprese e lavoratori del sistema Confindustria si dovrebbe fare per via contrattuale quella regolamentazione che la pubblica amministrazione  fece per via legislativa. Se così fosse si potrebbe parlare di una nuova fase sindacale, anche senza scomodare la storia.

 

Ma cosa dice, in parte di nuovo e in gran parte riproponendo scelte già presenti nell'accordo del 2011, l'accordo firmato il 31 maggio 2013? (qui il testo integrale del “protocollo d'intesa”).

 

“Come presente intesa le parti intendono dare applicazione dell'accordo del 28 giugno 2011 in materia di rappresentanza e rappresentatività per la stipula dei CCNL”: questa è la vera finalità, il nocciolo dell’accordo.

 

 Misurazione della rappresentanza

- per certificare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali, ai fini della loro abilitazione a sedere ai tavoli, si assumono le deleghe per i contributi sindacali per ogni organizzazione trasmesse dal datore all’Inps e i voti ottenuti da ogni organizzazione nelle elezioni delle RSU;

- il numero di iscritti e i voti alle elezioni peseranno ognuno per il 50%;

 

- un certificatore esterno (es. Cnel) procederà con questi dati a calcolare, per ogni contratto,  la rappresentanza di ogni organizzazione sindacale;

 

- le RSU verranno elette in prospettiva con voto proporzionale, superando la garanzia finora in vigore di un terzo dei membri destinato alle organizzazioni sindacali firmatarie dei CCNL;

- c'è l'impegno a rinnovare entro sei mesi le RSU scadute, a non costituire più le RSA e a trasformare in RSU quelle ancora esistenti.

 

Titolarità ed efficacia della contrattazione


- con l’accordo ci sono regole per rendere esigibili i contratti per le due parti contraenti;

- a  contrattare andranno solo le organizzazioni che superino il 5% di rappresentatività, calcolato sulla base delle regole previste;

- la presentazione delle piattaforme è lasciata alle categorie, con l'auspicio confederale di concordare piattaforme unitarie;

- il CCNL rinnovato è valido ed esigibile purché: 1) sia sottoscritto almeno dal 50% +1 delle organizzazioni sindacali trattanti, e 2) sia approvato con consultazione certificata dei lavoratori, a maggioranza semplice, con modalità demandate alle categorie;

- la sottoscrizione formale dell'accordo, come descritta, costituirà atto vincolante per le parti;

- il rispetto delle procedure comporta l'applicazione degli accordi ai lavoratori e la piena esigibilità per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie. Conseguentemente le parti firmatarie impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto con gli accordi stipulati.

 

Questi sono i contenuti del protocollo: non ci sono altre clausole o condizioni e valgono ancora le regole dell'accordo del 1993. La gestione degli impegni sindacali sarà messa in capo alle federazioni di categoria, che ricevono un'esortazione e un'indicazione per l’applicazione, ma non di più.

 

Ne sono prova, ad esempio, l’impegno a costituire le RSU e a non costituire le RSA; in presenza di RSU e RSA il passaggio alle RSU avverrà solo se definito unitariamente dalle federazioni aderenti alle centrali; le federazioni di categoria per ogni CCNL decideranno le modalità di definizione delle piattaforme e della delegazione trattante;  le organizzazioni sindacali favoriranno, in ogni categoria, la presentazione di piattaforme unitarie.

 

Da notare ancora due passi importanti.

 

A) Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si impegnano a rendere coerenti le regole dell'accordo interconfederale del dicembre 1993 con i suddetti principi, anche con riferimento all'esercizio dei diritti sindacali e, segnatamente, con quelli in tema di diritto di assemblea in capo alle Organizzazioni sindacali firmatarie della presente intesa, di titolarità della contrattazione di secondo livello e di diritto di voto per l'insieme dei lavoratori dipendenti.

B) In assenza di piattaforma unitaria, la parte datoriale favorirà, in ogni categoria, che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50% +1.

L'iniziativa sindacale, quando è unitaria e cerca di fare assumere impegni al governo, per cambiare le cose nel nostro paese e dare risposte a lavoratori e cittadini, è sempre meritoria. La manifestazione unitaria del 22 giugno a Roma è importante. Dobbiamo però legge l'accordo di questi giorni in modo oggettivo, senza trionfalismi, per capire cosa è risolto e cosa rimane da risolvere.

L'accordo riguarda solo Confindustria e le aziende ad essa associate (come si sa la Fiat è fuori e questo è già un grosso problema): questo vuol dire una minoranza di lavoratori dipendenti, rispetto alla totalità.

Bisognerà fare, e certamente i sindacati lo faranno, accordi analoghi per le altre parti datoriali (banche, commercio, artigiani, PMI, aziende locali, cooperative, trasporti, servizi e così via).

L'accordo fatto riguarda solamente i CCNL; è vero che c'è la norma riportata sopra, a pagina sette, punto A), ma si parla solo di titolarità della contrattazione di secondo livello. Confermata la centralità del contratto collettivo nazionale di lavoro, bisognerà riportare ai livelli decentrati i contenuti dell'accordo centrale e non sarà semplice. La stessa difficoltà si potrà intravedere nella volontà di applicare l'intesa, nelle resistenze, nei tempi biblici di realizzazione.

Le nuove regole impongono più fatica e un cambio di cultura assieme ai lavoratori. Se le RSA dovevano essere superate a partire dal 1993 e nel 2013 ritroviamo una norma che prevede che non saranno più rinnovate, vuol dire che oggi con le trasformazioni repentine in tutto il mondo del lavoro, i vent'anni delle RSA sono un lasso di tempo assolutamente fuori ragione.

Se poi i problemi sono politici e quindi non si cambia, allora la musica è diversa e bisognerà vedere, nonostante il dramma che vive il mondo del lavoro, quale grado di camaleontismo sopravvive nei sindacati italiani.

Un ultimo aspetto in questa prima valutazione dell'intesa: come riuscire a far entrare i 10 milioni di lavoratori delle imprese sotto i 19 dipendenti, la metà di tutti i dipendenti, nel sistema della rappresentanza, rappresentatività, democrazia anche per i CCNL di chi rappresenta quella metà del mondo del lavoro dipendente.

Un conto è avere un contratto nazionale ed un conto è non averlo. Nel primo caso i diritti e le tutele ci sono ed al peggio ci si potrà rivalere con vertenze o azioni legali, a differenza che nel secondo. Andranno previste soluzioni particolari per queste imprese, dove non esistono RSU e probabilmente neppure le deleghe sindacali.

Su questo aspetto delle deleghe va fatto osservare come, in un momento di crisi, di recessione, con licenziamenti e cassa integrazione, non mancano i datori di lavoro che tornano a culture e metodi autoritari e repressivi, che sicuramente scoraggeranno i lavoratori dalla pratica della delega sindacale.

Venerdì, 14. Giugno 2013
 

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