Via Quaranta, ipocrisia da manuale

I ministri Moratti e Pisanu inneggiano alla scuola pubblica dimenticando le altre 13.000 scuole private italiane, il Comune interviene dopo 13 anni di latitanza. L'unico risultato, per ora, è che 500 ragazzi non vanno a scuola
L'unico effetto, al momento, della fantastica esibizione di laicità del sistema educativo italiano per bocca dei ministri Pisanu e Moratti - l'integrazione si fa solo nella scuola pubblica, l'Italia è contraria a ogni ghetto scolastico - è che i cinquecento ragazzi egiziani di "via Quaranta" sono ancora senza  scuola: né pubblica né privata, né separata né integrata. E che uno di loro, che qualche giorno fa si trovava per strada invece che in aula, è stato travolto ed ucciso. Chissà se ciò indurrà i troppi protagonisti di questa storia a recuperare un po' di quel buon senso e di quella capacità di mediazione che sono essenziali nelle complicate vicende dell'immigrazione.

Moratti e Pisanu, in verità, dovrebbero recuperare innanzitutto la memoria. E non dimenticarsi che in Italia ci sono più di 13.000 scuole "di appartenenza", e un milione di studenti che le frequentano. Cattoliche ed ebraiche, ma anche francesi, tedesche, inglesi, americane che, senza violazione della Costituzione che vieta, com'è noto, solo gli "oneri per lo Stato", ottengono il riconoscimento paritario se rispettano alcune condizioni. Tra cui quella, importantissima ed accettata dai responsabili di via Quaranta, di non rifiutare l'eventuale iscrizione di ragazzi di altre appartenenze.
 
Può non piacere (ma non è certo il caso dei nostri ministri ) che ci siano le scuole private; e si può anche, con ottime ragioni, ritenere che la via maestra per l'integrazione interculturale sia la scuola pubblica. Lo pensa, d'altra parte, anche la maggioranza delle famiglie musulmane (nelle sole scuole della Lombardia sono oltre 15.000 gli studenti di lingua araba) e, più in generale, dell'immigrazione. Ma uno Stato davvero laico può  decidere che ci sono "ghetti" ammissibili e "ghetti" non ammissibili ? E in base a quali criteri può stabilire tali gerarchie di valore tra le diverse scuole di appartenenza e tra le diverse religioni ? Considerazioni che dovrebbero valere anche per quei  laicissimi di sinistra che si sono invece buttati a capofitto nella polemica contro la proposta di scuola paritaria, come se via Quaranta potesse essere il cavallo di Troia contro la parità scolastica.

Ipocrisie e tortuosità di ogni tipo, del resto,  hanno accompagnato la vicenda  fin dal suo inizio, nel lontano 1991. Per tredici anni nessuno, né i sindaci  - che hanno il compito di vigilare sull'adempimento dell'obbligo scolastico - né l'amministrazione scolastica hanno fatto una sola piega, come se il diritto all'istruzione, questo sì scritto a chiare lettere in Costituzione,  potesse non valere per quello strano aggregato di  musulmani.
 
E il caso scoppia, infatti, solo lo scorso autunno, quando sta per iniziare l'esperimento di qualche classe separata all'interno di una scuola pubblica. Un progetto sul filo dell'illegittimità, perché le norme vietano classi "omogenee", e tuttavia costruito pazientemente dall'amministrazione scolastica regionale come un compromesso promettente. Già un certo numero di ragazzi, qualche mese prima, aveva frequentato corsi di italiano in una scuola media per poter conseguire la licenza, e gli insegnanti raccontavano di ragazze che, finalmente senza veli e mantelli, avevano indossato la regolamentare tuta da ginnastica in sede di esame; di sguardi finalmente diretti negli occhi degli interlocutori; di  libertà di movimento e di parola; di desideri di iniziare una via diversa.
 
Si poteva tentare, sperando che col tempo, e con la bella curiosità dei più giovani, sarebbero caduti divieti e separazioni. Ma niente da fare. Alle prime incursioni leghiste, la sconfessione da parte del ministro Moratti dell'operato della sua amministrazione, e poi il verdetto pesante di incostituzionalità. La proposta della scuola paritaria è nata da questo primo fallimento, come l'unica alternativa  per una comunità ancora riluttante a misurarsi con la cultura e con le regole di un paese in cui pure ha scelto di vivere, e tuttavia sulla via di convincersi  di non poter più negare ai propri figli la possibilità di un inserimento sociale e professionale.
 
Ma anche questa volta non ha funzionato. Anche se il Comune aveva destinato un edificio scolastico alla futura scuola paritaria, anche se mancavano ormai pochi mesi per mettere la parola fine a una scuola tutta araba, è bastato un articolo sul Corriere della Sera di quel Magdi Allan diventato il rappresentante mediatico dell'Islam moderato a far saltare tutto. Via Quaranta come una pericolosa madrassa? I suoi insegnanti come temibili Imam predicatori d'odio? Non ci sono prove, ci sono anzi testimonianze di tutt'altro segno, ma perché attardarsi a capire? Perché prendere sul serio i tentativi della comunità egiziana e della sua ambasciata di trovare una soluzione? Tutto viene utile nei giorni degli arresti e delle espulsioni di musulmani forse non irreprensibili, forse davvero pericolosi. Tutto serve, dopo Londra, a dimostrare che il governo sa difendere la sicurezza dei suoi cittadini.

Il Comune scopre improvvisamente quello che sapeva da sempre, cioè che l'edificio di via Quaranta non è ottimale, e ordina la chiusura. Per non essere da meno anche la Provincia, che pure è di colore diverso e  non ha competenze in merito, entra scompostamente in campo. E poi Moratti, e poi Pisanu. Una vicenda esemplare: ma solo dell'insipienza politica e culturale del  belpaese; ma solo di come si fa a seminare intolleranza e rancore.

Qualcuno dei ragazzi egiziani forse si iscriverà frettolosamente in una scuola pubblica ma quanti, nel variegato mondo musulmano che abita le nostre città, riusciranno a non sentirsi vittime di una discriminazione? E quanti saranno indotti proprio da questa vicenda a rafforzare diffidenze e ostilità? Intanto, centinaia di ragazzi sono senza scuola, e c'è solo da sperare che, in qualche modo, la trattativa continui e che una qualche mediazione arrivi finalmente in porto.
Martedì, 27. Settembre 2005
 

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