Quante alternative per la manovra

Non è vero che non si poteva fare altro: anche restando nell’ambito della tassazione si poteva per esempio puntare sull’imposta di successione, che colpisce i patrimoni, invece che sull’Iva che colpisce indiscriminatamente. E comunque il vero bersaglio doveva essere semmai il debito, non il deficit

Non è vero che questa manovra non aveva alternative. È sorprendente che un governo tecnico sostenga una tesi del genere. Qualche alternativa tecnica c’è sempre, basta saperla trovare una volta deciso politicamente di percorrere una certa strada. Le imposte di successione abrogate da Berlusconi nel 2001 che sono state reintrodotte dal governo Prodi nel 2006 sono tra queste. Rendono pochissimo: 454 e 475 milioni entrate da successione rispettivamente nel 2009 e 2010; nei primi 9 mesi del 2011 il gettito è in calo rispetto all’anno precedente. Per un paese tra i più ricchi del mondo con una ricchezza stimata di oltre 9 mila miliardi di euro questo gettito è risibile. Si tratterebbe di abbassare le esenzioni e alzare le aliquote. Si tratterebbe soprattutto di accertare meglio l’imposta. Solo cercando di chiudere i varchi elusivi e combattendo l’evasione aperta delle imposte di successione è possibile passare ad eventuale imposta patrimoniale ordinaria, personale e progressiva. 

Non è vero che si fa equità tassando tutti: ricchi e poveri, come sta facendo questo governo dei tecnici. Anzi questo è il modo per fare sicuramente ingiustizia. In materia di tassazione diretta e indiretta devono pagare tutti quelli che hanno capacità contributiva. Devono essere esonerati quelli con i redditi più bassi. Ma se scegli anche una manovra sulle imposte indirette, è chiaro che, in questo modo, tratti alla stessa maniera i consumatori con diverso potere d’acquisto. È chiaro che tagli in maniera immediata la domanda di consumi delle persone e delle famiglie con redditi medio bassi. È questa la misura più appropriata in una fase congiunturale di recessione certificata dall’Ocse, dalla Commissione Ue, dalla Confindustria e, infine, dall’Istat?

È sicuro che, in questo modo, il governo non fa né equità né efficienza a meno che non si assume che la manovra sulle imposte indirette serva a fare una svalutazione “interna”  per rendere più competitive le merci italiane rispetto a quelle degli altri paesi dentro e fuori l’eurozona. Si tratterebbe di misura alternativa ed equivalente a quella sul cambio  dell’euro sopravvalutato che è governato dalla Banca centrale europea in fatto se non in diritto. Ma allora bisognerebbe prevedere misure compensative per i soggetti maggiormente colpiti. Ma anche questa operazione nelle circostanze ha diversi punti deboli:
1) non tiene conto della fase di rallentamento della crescita in tutta l’eurozona - Germania inclusa. Quindi potrebbe non funzionare;
2) non tiene conto che gli aumenti dell’Iva e delle imposte di fabbricazione sugli oli minerali in grossa parte si trasferiscono sui prezzi e fanno lievitare i costi di trasporto che incidono su tutte le persone e le merci viaggianti, alimentando l’inflazione al di sopra del 3% e della media europea.

Se è così, hanno ragione quanti come me ritengono che la manovra avrà effetti fortemente depressivi sulla crescita. Ormai è altamente probabile che con gli effetti cumulati di ben quattro manovre di tagli alla spesa e di aumenti delle imposte, la crescita nel 2012 sarà negativa. È incerto il quantum. Ci viene detto che questa manovra era necessaria per tagliare il deficit di bilancio, ma il nostro è uno dei più bassi dei paesi dell’eurozona. È il debito pubblico il nostro problema più grave e, a questo fine, non si vedono provvedimenti, a quanto pare rinviati ad una seconda fase. È vero, il governo è operativo da meno di un mese, ma forse sarebbe stato più appropriato aggredire prima il debito e poi il deficit corrente.

Domenica, 18. Dicembre 2011
 

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