Pensioni: altri tre motivi per la libertà di scelta

Aumentare i contibuti all'Inps accresce, e non riduce, la stabilità della finanza pubblica; i soldi dei Fondi impiegati in titoli di Stato italiani sono una dispendiosa partita di giro; è invece il trattamento fiscale privilegiato a creare distorsioni
Non condivido le tesi di Fabio Pammolli e Nicola Salerno e rinvio all'articolo di Carlo Clericetti (vedi) che le contrasta efficacemente. Mi limito ad aggiungere quattro osservazioni.
 
1) E' vero che i Fondi pensione investono in titoli italiani solo il 2,3%, ma non tutto il resto va all'estero; attualmente ci va il 77%, mentre la rimanente parte è investita in obbligazioni e titoli di Stato italiani. Naturalmente quest'ultima allocazione costituisce una prova di fallimento per la logica di mercato con cui si vogliono sostenere i Fondi privati  e comunque rappresenta una dispendiosa partita di giro rispetto al sistema pensionistico pubblico che "investe" direttamento in se stesso ovvero nel bilancio della pubblica amministrazione.
 
2) A P&S si potrebbe anche ricordare che se aumentano le contribuzioni al sistema pubblico, non solo è del tutto apodittico considerare questo fatto fonte di maggiore instabilità finanziaria, ma - anzi - poiché le contribuzioni entrano subito e le prestazioni maturano con decenni di ritardo, i conti pubblici migliorano e questo dai mercati internazionali viene considerato un elemento di maggiore affidabilità finanziaria del sistema paese, con i miglioramenti che ne conseguono per i bilanci pubblici e privati.
 
3) E' curioso che P&S  richiamino spesso obsolete argomentazioni liberiste (ad esempio, come si dimostra nel Rapporto annuale sullo Stato sociele 2006, cap. 1, tutte le più accreditate indagini econometriche non confermano la tesi del trade-off secondo cui la spesa sociale ridurrebbe l'offerta di lavoro, investimenti e risparmi privati e la crescita del Pil), ma poi non dicano nulla sull'effetto distorsivo (oltre che iniquo) di un sistema fiscale altamente sperequato a favore dei Fondi pensione privati (rispetto sia al sistema pubblico sia ad altre forme d'investimento finanziario) e sulla negazione della libertà di scelta dei lavoratori in merito all'impiego del loro salario differito; paradossalmente sottraggono ai rappresentanti della collettività il compito di stabilire ciò che per essa è "meritorio" e diventano essi stessi "paternalistici" per imporre il ricorso al privato a danno del più efficiente sistema pubblico. Stanno reimpostando l' Economia del Benessere !!!
 
4) Infine una notazione sulla proposta di Clericetti di convogliare in qualche misura il Tfr (che effettivamente rende poco, situazione che andrebbe comunque migliorata) verso un Fondo pubblico che garantisca un rendimento indicizzato al Pil e investa in infrastrutture e ricerca. In effetti è la stessa cosa che consentire di impiegare il Tfr nel sistema pensionistico obbligatorio (vedi l'Appello) che, appunto, offre rendimenti pari al Pil; nell'Appello non si vincolava l'impiego di quelle maggiori entrate, ma comunque si diceva che dovessero servire a finanziare l'innovazione del nostro settore produttivo. La differenza sta però nel fatto che andando il Tfr nel sistema pensionistico anziché nel Fondo che ipotizzato da Clericetti, ne discende la possibilità di aumentare le pensioni, a scapito naturalmente della liquidazione (che permarrebbe aderendo al Fondo proposto). In definitiva mi pare che le due proposte non siano affatto alternative ma ben cumulabili ed entrambe migliorative dell'esistente, non fosse altro (ma non solo) perché aumentano la libertà di scelta (che dovrebbe essere molto apprezzata da convinti liberisti; ma, com'è noto, c'è differenza tra liberisti e liberali).
Giovedì, 11. Gennaio 2007
 

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