Ora non basta un semplice emendamento

Molti gli inviti alla ripresa del dialogo tra governo e sindacati dopo la forte prova dello sciopero. Cgil cisl e Uil, rispondono però che non basta un emendamento. E’ l’intera “controriforma” che va cambiata. La necessità di una piattaforma.

E' stato uno sciopero generale all'altezza della posta in gioco, quella relativa ad un intervento sul sistema previdenziale che il governo chiama "riforma" e i sindacati "controriforma". Un milione e mezzo di lavoratori in piazza, almeno dieci milioni che si sono astenuti dal lavoro, secondo le valutazioni di Cgil, Cisl e Uil. Il balletto sulle cifre conta poco in questi casi. Contano le fotografie, le dirette sulle Sette o su RaiTre, le trasmissioni di Sky. Conta aver girato per le città, aver partecipato alle manifestazioni di Roma, Napoli, Bologna, aver constatato il blocco dei trasporti pubblici. La gente - come dicono del resto anche i sondaggi pubblicati dai giornali - ha capito e ha risposto all'appello sindacale.

I commenti del giorno dopo sono improntati a stili e velleità diverse. C'è nel centro destra chi punta sull'ironico disprezzo, come il portavoce televisivo Schifani che insiste sul ritornello dello "sciopero politico" per misure che invece, a suo dire, arricchirebbero gli italiani. Un modo per trattare milioni di cittadini come degli emeriti incapaci di discernere. Altri, con maggiore acume, da Marco Follini, a Rocco Buttiglione, a Gianni Alemanno, prendono atto dell'avvenimento e si battono per una ripresa delle trattative. Un'operazione appoggiata anche dal ministro al Welfare Roberto Maroni. Solo che non è chiaro su che cosa dovrebbe basarsi il negoziato. Quello che tenta più di altri di entrare nel merito del problema è il vice ministro all'Economia Mario Baldassarri, che ammette l'adesione allo sciopero, ma in sostanza suggerisce solo un emendamento alla proposta governativa, relativa alla famosa scadenza del 2008, per l'allungamento dell'età pensionabile.

Il punto, però, è proprio questo: i sindacati negano di aver indetto uno sciopero generale, prospettando altre scadenze d’azione sindacale affinché non risulti un semplice "fuoco di paglia", solo per sostenere un ritocco delle proposte governative. E' tutto l'impianto che non va. Lo hanno chiarito, nelle ore del dopo sciopero, i dirigenti dei tre sindacati da Savino Pezzotta per la Cisl, a Guglielmo Epifani per la Cgil, ad Adriano Musi per la Uil. Con parole diverse ma concetti simili: non si può emendare una proposta considerata indigeribile. Non si può mescolare una questione importante come la previdenza, con il credito da ottenere a Bruxelles. Il sindacato non può sedersi ad un tavolo per discutere come ridimensionare o meno i 12 miliardi d’euro l’anno che sarebbero risparmiati imponendo 40 anni di contributi. Il risanamento pubblico deve trovare altre strade, diverse da quelle dei tagli alla spesa sociale.

Molti, poi, i commenti a sostegno dei sindacati, nelle diverse formazioni che compongono la costellazione del centro sinistra. Anche se non sono mancati, soprattutto nella pubblicistica quotidiana, coloro che sono saliti sulle spalle della destra per ripetere il ritornello del "Non basta dire no". Senza prendere in considerazione i contenuti dei "No" e i contenuti dei "Si". Molti tra i sindacalisti, ad esempio, hanno ricordato le proposte avanzate a proposito della legge delega. C'è chi come Pezzotta ha parlato, sempre a proposito di "Si", d’armonizzazione delle contribuzioni, di disponibilità a discutere di decontribuzione, d’allungamento dell'età pensionabile, di Tfr, di fondi pensioni. Mentre Epifani ha spiegato come sarebbe possibile un negoziato complessivo sull'intero sistema del welfare. Certo se ci si aspetta, come ha osservato Adriano Musi, una proposta su un tema considerato sbagliato, come quello del risparmio della spesa pubblica fatto sulla riforma previdenziale, allora "si aspetterà a vita".

Quello che più colpisce favorevolmente, in questa discussione, è la mantenuta unità dei sindacati. Una buona cosa. Certo sarebbe importante se tutti questi spunti, anche di carattere propositivo, diventassero una carta comune, una vera e propria piattaforma. Non come un'accondiscendenza a quanti insistono malamente nel tirare la giacca a Cgil, Cisl e Uil. Non per ammiccare alle proposte di finto dialogo emendativo del governo. Ma per essere più forti, per affrontare disuguaglianze reali, per avere più munizioni nel carniere, per essere più convincenti con la propria gente. E per mettere al sicuro l'unità sindacale oggi raggiunta, intanto su questo tema, da eventuali incursioni, da eventuali rischi.

Sabato, 25. Ottobre 2003
 

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