La campagna elettorale per le regionali è caratterizzata dal dibattito su alcuni punti-chiave. A parte sviluppo economico e occupazione, tema sul quale concordano le diagnosi, ma non le terapie (e su cui, comunque, le Regioni non hanno strumenti efficaci), fra gli altri argomenti spiccano la sanità, la privatizzazione delle risorse idriche e il nucleare. Sul primo sembrano profilarsi soluzioni bypartisan che porterebbero ad un rafforzamento dei poteri dirigenziali della classe medica che, non a caso, annovera nel governo un neo ministro e un sottosegretario ministro in pectore. Delle acque e del nucleare abbiamo discusso in precedenti note. Ma sul nucleare alcune recenti dichiarazioni - fra cui spicca per comicità quella della Gelmini, che vuole inserire la materia fra gli ormai sparuti insegnamenti della scuola media superiore - ci inducono a riconsiderarne gli aspetti politici.
E' in corso una campagna mondiale di propaganda per supportare le scelte in tal senso di alcuni paesi, dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Finlandia alla Cina e alla Germania. In questo paese si vorrebbe rinverdire l'economicità degli impianti esistenti, allungandone il periodo di esercizio, così da ridurre i costi unitari fissi. Si ha la sensazione che accanto alla "Big Pharma" - che ci ha indotto ad acquistare 24 milioni di dosi di vaccino, che verranno ritirate e forse regalate agli africani (!?) - si stia profilando un vero e proprio "Big Nuke". Come siamo messi in Italia? Nell'enfasi declamatoria il governo italiano non è secondo a nessuno ed ha anzi cavalcato la tigre con un "Piano nucleare", gradito alla Confindustria ed a quelle imprese che ritengono di essere in grado di partecipare agli appalti per la costruzioni delle centrali.
Come in altre circostanze la maggioranza - sempre attenta ai suoi sondaggi di opinione - non ha saputo sottrarsi all'irrefrenabile coazione alla schizofrenia, con punte di involontaria comicità. La girandola delle battute è stata avviata dall'onnipresente ministro Zaia, candidato Governatore veneto, il quale, dopo aver disciplinatamente votato il Piano nucleare, afferma che "nel Veneto non vi saranno centrali". Ha proseguito la Polverini, affermando che "... il Lazio ha già dato...". Vacillando sotto i colpi della Bresso, Cota ha affermato che "il nucleare va bene, ma in Piemonte la scelta dei siti non dipende da me"; e che significa? I fuochi di artificio sono continuati ad opera del premier, che gigionando tra questione libica e belle ragazze albanesi, ha ipotizzato centrali nucleari in Albania, si suppone per trasferirne parte dell'energia in Italia. Fingendo di ignorare tempi e costi della mappatura del territorio albanese, della creazione di una rete autostradale atta a sopportare i carichi pesanti delle parti delle centrali o della creazione di attrezzature portuali, nonché della messa in opera di un elettrodotto. Conclude per ora l'On. Urso, che nell'atteggiamento del pensatore di Rodin si chiede: "Perchè non fare prima un referendum in tutte le Regioni?"
Il fenomeno più preoccupante e meno evidenziato (ma rilevato anche dalla Corte dei Conti) è quello dell'esistenza di un gran numero di opere pubbliche non completate o comunque non consegnate (carceri, ospedali, scuole, strade). Potremmo definirle: le "grandi incompiute". A questo punto dobbiamo porci un angoscioso interrogativo: si può ipotizzare che il vero obiettivo delle forze politiche, economiche e sociali che sostengono il governo - al di là della politica degli annunci - sia quello di produrre proprio queste "incompiute", così che fra il dire e il fare non vi sarebbe di mezzo il mare, ma lo stato di avanzamento?
Per rispondere a questa domanda esaminiamo i vantaggi delle "incompiute". Il cammino inizia con gli studi progettuali, affidati ad una lenzuolata di consulenti. Il piatto è più ricco di quanto l'opinione pubblica immagini. Sempre la Corte dei Conti, oltre a rilevare il numero esorbitante di personale di Palazzo Chigi (4.500 unità e speriamo che non vi siano fannulloni) osserva che la massa di consulenti, esperti, periti, commissari costa intorno ai 4 miliardi di euro l'anno.
Trova così conferma il richiamo al futurismo, perchè di Balla in balla il paese sembra muoversi in un sogno pittorico-televisivo, mentre ciabatta lentamente nella realtà