Non perdere la testa (a Torino)

E’ possibile trasformare questa fase di crisi in una opportunità di rilancio

Dopo l’accordo di programma definito tra Fiat e Governo il 5 Dicembre 2002, si sono registrati alcuni fatti che a ragione dovrebbero indurre tutti i soggetti coinvolti nella crisi della Fiat, Governo in testa, ad un’attenta verifica della situazione.
I fatti sono noti, dai vari terremoti dei gruppi dirigenti, passando per la cessione della quota di partecipazione in GM, il declassamento dei titoli di debito di Fiat da parte di Moody’s, l’entrata in scena di vari portatori di piani di rilancio, fino all’avvento di Umberto Agnelli alla Presidenza il 28 febbraio e di Giuseppe Morchio al ruolo di Amministratore Delegato (il 4° in meno di un anno!).
Alla fine, pur in un quadro di incertezze sul ruolo delle banche e di General Motors, sembra profilarsi un rinnovato impegno della famiglia nella responsabilità di direzione dell’Azienda. La scelta di questo impegno pare concentrata sul rilancio dell’auto, a partire dalla disponibilità della famiglia a introdurre ulteriori risorse finanziarie, sia proprie sia derivanti dalla cessione di importanti società del gruppo, quali Avio, Toro e Fidis e di alcuni beni immobiliari (IPI).

La valutazione già fatta nei mesi scorsi circa le risorse finanziarie aggiuntive necessarie per il rilancio (5 miliardi di Euro), dovrà chiarire il ruolo che GM intende esercitare in questa partita, e cioè se intende partecipare a tale rilancio anche mediante il proprio impegno finanziario.

E i lavoratori della Fiat che fine hanno fatto? Sono, come capita spesso in un mondo dell’informazione superficiale e votato al sensazionalismo, semplicemente spariti dalla scena mediatica e dal dibattito pubblico, restando soli con i loro problemi ed i loro sindacati, ai margini di una partita che sembra ritagliare per loro il ruolo di spettatori. Eppure le immagini di Termini Imerese, di Mirafiori, di Arese e di Cassino avevano inondato le nostre case nei mesi di Novembre e Dicembre del 2002!

I lavoratori sono lì, dove li avevamo lasciati il 9 Dicembre 2002; una parte a lavorare, una parte, circa 5.800 in Cassa Integrazione. Complessivamente, i lavoratori Fiat coinvolti negli ultimi 12 mesi nella crisi sono 6.000 a Torino, 11.000 in Italia e 17.000 nel mondo.

Il punto più acuto della crisi è rappresentato da Mirafiori ed è su questo tema che è opportuno sviluppare la riflessione. Il piano così concepito è rischioso dal punto di vista industriale e non offre garanzie di rientro ai lavoratori posti in Cigs, innescando invece seri problemi di reddito e forti rischi di perdita di professionalità.

Infatti, sul versante industriale, l’unico nuovo modello, seppure di nicchia, assegnato a Mirafiori per il 2003 è il B/MPV, monovolume piccolo costruito sul pianale della Punto. Per i contenuti del Piano Gamma Prodotto previsto dall’ Azienda e per il carattere delle politiche commerciali di Fiat sul segmento B, quello della Punto, c’è il forte rischio che si inneschino dinamiche di cannibalizzazione dei modelli che si succederanno nell’arco di pochi mesi. Le politiche commerciali operate sull’attuale versione della Punto, innescando un anticipo della domanda, rischiano di erodere volumi al Restyling della Punto previsto per la primavera del 2003 e di cui una quota si produce a Mirafiori.

A questo fenomeno di erosione su Punto restyling si può sommare l’effetto causato dall’uscita del Monovolume Punto prevista per l’autunno del 2003. Il risultato sarebbe di un doppio danno per Punto Restyling perché, in un lasso di tempo molto stretto, si avrebbe anticipo di acquisto a favore della vecchia Punto per gli incentivi ad essa collegati e ritardo sulle scelte di acquisto a favore del monovolume Punto per l’interesse collegato all’uscita di un nuovo modello.

Sul versante dell’occupazione collegata a questi fenomeni và osservato che sia Punto Restyling sia il Monovolume Punto saranno prodotte sulla stessa linea di montaggio e, quindi, non potranno offrire, anche al meglio delle loro performance sui volumi, effetti direttamente proporzionali sull’occupazione. Inoltre la cessazione della produzione della Panda (vettura prodotta a Mirafiori), sostituita dal nuovo modello prodotto negli stabilimenti polacchi della Fiat, porrà il problema dell’utilizzo degli impianti e dei lavoratori di Mirafiori a partire dal prossimo Giugno.

Insomma, anche con i migliori auspici, i lavoratori che collocati in Cigs a Mirafiori avrebbero un orizzonte di rientro di 18/24 mesi: il loro rientro sarebbe collegato alla sola realistica prospettiva che può essere rappresentata dall’anticipo della Large e della Nuova Punto, previste per il 2005, al 2004: per questi obiettivi avanziamo la richiesta di risorse finanziarie utili a realizzare tali interventi.

Gli interventi ipotizzati sono però soggetti a 3 vincoli da tenere in considerazione e da provare ad affrontare:
1. i rapporti con GM: infatti le decisioni di GM di svalutare la sua partecipazione in Fiat inducono a pensare ad una volontà di attesa del precipitare degli eventi per trarne un vantaggio; quindi potrebbe esserci un’indisponibilità ad anticipare l’uscita dei modelli richiamati che sono frutto delle piattaforme in comune con GM;
2. l’anticipo dei modelli deve, ovviamente, avere un attento presidio sugli aspetti della qualità del prodotto, versante sul quale Fiat non può commettere alcune errore;
3. va accelerato il processo di ristrutturazione della rete commerciale per evitare di vanificare l’uscita dei nuovi modelli con un’inadeguata capacità di vendita.

A completare il quadro, va aggiunto che il Piano di Fiat contiene pericolosi riflessi su componentistica e indotto per effetto di alcune scelte: riduzione dei volumi, cioè della capacità produttiva, richiesta di riduzione di costi ai fornitori, nell’ordine del 3,5% annuo nel periodo 2003/2005, allungamento dei termini di pagamento, che si attestano ormai a oltre 200 giorni. Il combinato disposto di queste misure rischia di rappresentare il collasso economico e finanziario dell’indotto, sia perché le riduzioni di costo si operano a volumi che salgono, sia perché è materialmente impossibile sia la liquidità della Grande impresa si regga sulla Piccola Impresa.
Malgrado tutto questo, a Torino è possibile continuare ad alimentare la speranza, cogliendo, anche in senso etimologico, la crisi come un’opportunità di trasformazione.

La filiera dell’auto è rappresentata, nella sola provincia di Torino, da oltre 1.200 aziende, per un totale di circa 90.000 addetti: essa può essere, a buon titolo, un polo di eccellenza mondiale del settore: la crisi e la transizione potranno essere un’opportunità se si sarà capaci a declinare diversi aspetti del valore della Coesione.

C’è una naturale declinazione sindacale della Coesione, per la quale non è immaginabile che Fiat pensi di gestire questa fase cruciale senza o contro i lavoratori e le organizzazioni sindacali che li rappresentano.
La transizione dei modelli a Mirafiori, e l’auspicabile anticipo del Piano Gamma Prodotto, devono essere l’occasione per un utilizzo articolato ed innovativo degli ammortizzatori sociali, che coniughi la tutela del reddito con l’attenzione al governo dei cambiamenti del processo produttivo, della professionalità e della qualità.

Nel quadro riassuntivo tracciato sul Piano Industriale della Fiat è opportuno riservare una specifica attenzione al ruolo delle strutture centrali di Mirafiori, ossia al percorso per rilanciare la funzione progettuale, di sviluppo e innovazione di Fiat Auto.

E’ strategico sottolineare con forza l’importanza ed il ruolo di Mirafiori e dei suoi Enti Centrali, non solo in un ambito locale ma come linfa per tutti gli stabilimenti italiani e per il settore dell’auto in generale. Infatti, solo un’autonoma capacità di progettazione e sviluppo preservata a Torino può dare futuro a Fiat ed evitare che la sua presenza in Italia si riduca al solo montaggio finale dell’auto.
Gli Enti Centrali sono influenzati, in questa fase, da alcune questioni sulle quali pare registrarsi un giudizio unanimemente convergente di Enti Locali, Associazioni Industriali, Sindacato, Esperti del Settore.

Gli elementi principali a cui si deve fare riferimento sono: Piano di convergenza con GM, piattaforme comuni sui modelli e sui componenti, avanzamento delle efficienze frutto delle sinergie e del ruolo della società dedicata agli Acquisti (Purchasing), collaborazioni con attori locali di eccellenza sull’Auto, cambiamenti del lavoro innescati dall’implementazione di strumenti informatici e delle reti.

Bisogna, forse, che muti il modo in cui pensiamo alla necessità di conservare, come si dice con un’espressione sintetica, “la Testa della Fiat a Torino”. Non siamo più in grado, anche perché non è più utile, di immaginare a un unico centro di elaborazione e sviluppo: se la coesione territoriale, le logiche di Distretto, il “Fare Sistema” hanno un loro significato, forse conviene pensare ad una “Testa Diffusa”.

Aprire un rapporto a rete tra Grande Impresa e Indotto, concentrando l’attenzione sul prodotto e sul valore finale e non sui singoli componenti, scegliendo di giocare un alto livello di coesione nella Filiera ed entrando in competizione con altri sistemi integrati.
Integrare gli aspetti della Ricerca, dello Sviluppo, della Finanza e del Credito, della Qualità e della Risorsa Umana può consentire di moltiplicare gli effetti di Coesione.

Questo livello di Integrazione e di Coesione è non solo culturalmente auspicabile, ma concretamente possibile e può trasformare questa delicata fase di crisi in una forte opportunità di rilancio.
Il sindacato deve concorrere a creare questo livello di Coesione, per ottenere la qualificazione di un Distretto Industriale in grado, per dirla con uno slogan, di esprimere il “DOC dell’Auto”.

Martedì, 4. Marzo 2003
 

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