Nel programma Pd quella riforma non c'era

Nel documento sui cui contenuti è stato chiesto il voto agli elettori solo una frase piuttosto vaga che non prefigurava certo uno stravolgimento del Senato né tantomeno dell'assetto istituzionale, e comunque non nella direzione che si è presa

“Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al Presidente della Repubblica”. Ecco tutto quello che il Partito Democratico ha prodotto ufficialmente sulla riforma costituzionale prima della decisione di Renzi di abolire il Senato elettivo. Queste parole sono infatti quelle del “programma del Pd alle ultime elezioni politiche del 2013,” quelle su cui gli italiani, e in particolare chi ha votato Pd, si è pronunciato.

 
Si tratta, come si vede, di parole molto vaghe, dal contenuto indeterminato, inserite nel terzo capitolo delle cose da fare: il primo è “Dichiarazione”, il secondo “Europa” e il terzo “Democrazia”.  Sono inserite nel terzo di sei paragrafi, dunque non si può dire che si dia loro una particolare importanza.

Nulla lasciava dunque presagire che l’idea di abolire il Senato potesse diventare non soltanto un cavallo di battaglia del Pd ma addirittura la “madre di tutte le battaglie” per il governo Renzi, contro qualsiasi tentativo di ragionarci su meglio, di verificare se effettivamente ciò sia consigliabile e utile. Ovvero, se non siano da creare ulteriori elementi di controllo e bilanciamento democratico a fronte dell’abolizione di una Camera e di una nuova legge elettorale.

 
Ma soprattutto, il punto è che gli elettori del Pd non si sono mai pronunciati sull’idea che si dovesse abolire (di fatto) il Senato, o per meglio dire ridurlo a un pallido simulacro di ciò che è adesso. Ora, è pur vero che molti hanno votato e voteranno sempre un partito e lo seguiranno qualunque strada estemporanea prenda (e ciò vale anche per il Pd), ma è anche vero che in una democrazia dobbiamo supporre che ci sia una fetta non secondaria di persone che quantomeno un’occhiata anche ai programmi. Soprattutto se poi i programmi vengono cambiati promettendo – insieme alla nuova legge elettorale di cui si parla – un vero stravolgimento istituzionale, consentendo a chi prenderà il 40 per cento dei voti di poter nominare anche il presidente della Repubblica. Da notare che, seppur ciò che è scritto nel programma 2013 sulle riforme costituzionali sia abbastanza vago, di certo stride apertamente con quanto si vuole fare adesso l’idea riportata nel testo di un anno e mezzo fa di tutelare la funzione di equilibrio assegnata al presidente della Repubblica.
 
Non sembra dunque corretto, per il Pd, essersi fatto dare i voti sulla base di un programma  per poi fare qualcosa di mai dichiarato. In verità l’abolizione (di fatto) del Senato è un’opzione – con questa virulenza e determinazione come se fosse l’ultima spiaggia - che il Pd non sembra aver mai cavalcato in precedenza, neppure quando si chiamava in un altro modo. Il Pd/Ds/Pds/Pci si è infatti sempre caratterizzato per una “difesa” dei principi basilari della Costituzione. E tra questi principi non possiamo non annoverare l’equilibrio fra i poteri.
 
Non vorrei scomodare concetti gravi però se la parola “tradimento” (dei principi basilari della Costituzione, ovvero dell’equilibrio fra i poteri) ha un senso, potrebbe ben applicarsi a questa storia. Comunque bene fa Renzi, dal suo punto di vista, a insistere adesso per fare questa riforma: dopo le prossime elezioni potrebbe constatare che a quel 40,8 per cento potrebbe mancare qualcosa.
Domenica, 27. Luglio 2014
 

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