Negli Usa la classe è meno mobile

Riflessioni sul dibattito suscitato in America da una grande inchiesta del New York Times, da cui è emerso che la mobilità sociale, caposaldo del sogno americano, negli ultimi anni è nettamente diminuita
La profonda differenza tra le radici classiste della sinistra europea e l'impronta interclassita della sinistra americana si va diluendo da tempo, in un quadro di convergenze pragmatiche: in Europa si registra la graduale frammentazione della classe "lavoratrice" in una galassia di aggregazioni, in America si va riducendo da una parte la dinamica del "sogno americano", di un grande paese nel quale ognuno ha possibilità di emergere rispetto alla sua collocazione iniziale, mentre dall'altra la cultura americana accetta ormai non solo la realtà dell'aggregazione di classe ma si pone all'avanguardia della riflessione culturale sui limiti stringenti che la stratificazione classista della società pone non solo alla promozione dei singoli individui nella società ma anche e soprattutto al passo di sviluppo della società civile nel suo insieme.
 
In tale contesto si colloca una iniziativa singolare del più autorevole quotidiano degli Stati Uniti, che ha anche dichiaratamente il cuore a sinistra, o a centro sinistra come in realtà anatomicamente risulta: il New York Times ha pubblicato infatti, nelle prime tre settimane di maggio, un breve dibattito sulla mobilità sociale negli Stati Uniti: quale si presenta nei fatti sulla base di diverse rilevazioni ed indagini demoscopiche, quale è assunta o sognata nell'immaginario collettivo da una parte, nel confronto delle idee tra studiosi di discipline diverse, con qualche riflessione a carattere interdisciplinare, dall'altra.
 
Più che un dibattito si tratta della presentazione articolata di una tematica che merita di essere ampliata con interventi "dalla platea", che noi qui vogliamo sollecitare anche in Italia, poiché ci sembra importante ragionare su un tema centrale anche per la nostra vita politica e cogliere la straordinaria occasione che la riflessione su questo tema, un poco caduto ai margini del dibattito politico in Europa, venga autorevolmente rilanciato proprio dagli Stati Uniti.
 
Quale che sia il significato di "classe", la dinamica del suo superamento si è rallentata
 
Un punto di partenza possibile è il risultato di un'indagine condotta negli Stati Uniti, secondo la quale la persistenza del vantaggio economico iniziale, che un tempo si stimava in tre generazioni, oggi si estende ad almeno cinque. E, ovviamente generazioni via via più longeve e quindi tempi ulteriormente dilatati. I fatti sembrano dunque contraddire l'opinione diffusa nella società americana, registrata da altre indagini demoscopiche, che gli Stati Uniti siano nel tempo sempre più e sempre meglio una società aperta nella quale la promozione sociale è una possibilità effettiva e non solo una convinzione profonda. Naturalmente il posizionamento economico non è tutto e lo sviluppo culturale ha una sua dinamica, ma, in generale, difforme da quella del reddito, quando non addirittura meno rapida. Nella valutazione si tiene conto di quattro fattori: cultura (education), livello di reddito, qualifica professionale (occupation), salute.
 
Il fraintendimento principale sembrerebbe dovuto a un difetto di apprezzamento di quanto si osserva: poichè grazie al flusso di innovazioni tutti salgono la scala del benessere materiale, l'occhio non percepisce l'entità dei sorpassi di chi sale più velocemente. Si equivoca tra passo e sorpasso, ma non solo: manca l'attenzione a chi nella scala sosta e quindi, senza arretrare materialmente, si trova relativamente meno avanti. Si tende anche ad equivocare tra percorso di superamento delle divisioni di classe e avanzamento ottenuto all'interno di una stessa classe, fenomeno che si verifica molto più spesso e che è emblematicamente supportato proprio dalla capacità di offrire alle nuova generazione punti di partenza relativamente più solidi mediante modi di fare nell'ambito dei quali il puro trasferimento di ricchezza risulta ormai il fattore meno rilevante, essendo ad esempio assai più importante la comune appartenenza proprio alla classe nell'ambito della quale si è collocati. Le classi sono molto ampie: all'interno di esse tendono a riconoscersi ed a prestarsi mutuo sostegno persone tra le quali esistono divari di ricchezza anche molto importanti.
 
Naturalmente, rileva Leonhardt, l'autore dell'inchiesta, le classi non sono scomparse per il solo fatto che il sogno americano insistentemente per due secoli ne abbia negato l'esistenza o almeno la rilevanza, ma hanno subito un processo di articolazione che rende più difficile attribuire appartenenze, che quindi sono meno percepite dai singoli individui, anche perché manca ormai l'identificazione di status symbols generalizzati e ciò contribuisce certamente a rendere più elusiva nei singoli la coscienza di appartenere non tanto a una classe ben definita con netti confini rispetto ad altre classi, quanto di far parte di una società nella quale l'articolazione per classi, se risulta più sfumata nella definizione e nel tracciamento di confini, risulta tuttavia ben radicata con una tendenza ad aumentare il vincolo di appartenenza.
 
La connessione inversa tra staticità della stratificazione sociale e sviluppo economico
 
Analizzando la dinamica del solo fattore reddito negli ultimi cinquant'anni, la Federal Riserve Bank di Boston ha rilevato che, suddividendo come si usa i livelli di reddito in quintili, la dinamica di passaggio dall'una all'altra delle cinque classi di reddito che ne risultano, è gradualmente diminuita negli anni '80 e '90 rispetto a una base di riferimento anni '70. E' qui possibile avanzare una osservazione: all'inizio degli anni '70 si è prodotta una frattura nel tasso di sviluppo dell'economia internazionale in corrispondenza della decisione degli Stati Uniti di rompere la parità dollaro/oro sulla quale era basata la costruzione in dimensione internazionale del sistema keynesiano, che aveva assicurato una rapida ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale e un tasso di sviluppo mondiale mai prima e mai dopo osservato, nel corso degli anni '50, '60,'70. Altri studi (Chicago e Berkley) hanno rilevato che, corrispondentemente, i punti di partenza iniziali hanno contato di più ai fini del successivo percorso di promozione sociale nel secondo trentennio  - che definirei un poco giocosamente monetaristico - rispetto al primo trentennio, che definirei sinteticamente keynesiano.
 
Si tratta di ricerche difficili e delicate, ma anche le opinioni più critiche da parte degli studiosi convergono nell'ammettere che se anche la mobilità sociale negli ultimi trent'anni non fosse diminuita, certamente non è aumentata. L'opinione generale, quale è stata rilevata mediante indagini demoscopiche, è molto diversa: con riferimento agli ultimi trent'anni  il 40% ritiene che la dinamica sociale sia migliorata, il 35% che essa sia rimasta eguale nel tempo e solo il 23% che essa sia diminuita. Esiste ovviamente un'ulteriore obiezione, avanzata da alcuni studiosi conservatori: non sarà che il livello di mobilità raggiunto possa essere considerato sufficientemente elevato, tanto da considerare poco importanti anche limitati arretramenti? Questo a parer mio significa ciò che si definisce far di necessità virtù, tanto più che i riscontri a livello internazionale vanno in un senso opposto.
 
Il dibattito, pur concentrato su fatti ed opinioni prevalentemente riferiti all'analisi della società americana, ha recepito i risultati di indagini che mostrano come ove maggiore è il livello di reddito, maggiore è la mobilità sociale: ciò significa che essa è maggiore negli Stati Uniti che nel Brasile, a conferma di una differenza di carattere assai più generale tra società industrializzate e società meno sviluppate. Tuttavia si è anche osservato che ai livelli più alti di reddito le maggiori disparità nella distribuzione del reddito stesso creano una maggiore massa critica da impegnare nella promozione dei figli e quindi una situazione meno aperta alla mobilità sociale.
 
La maggiore disponibilità di dati e la maggiore attenzione all'analisi del ventaglio dei redditi lascia in un'area meno indagata la valutazione degli altri tre fattori di promozione sociale e quindi di mobilità. Tuttavia appare evidente che l'aumento dell'aspettativa di vita e le possibilità di prolungarla premiano le classi sociali più elevate, che il processo di acculturazione premia gli appartenenti alle classi più elevate, a partire dalla circostanza che nell'istruzione superiore è in aumento la quota di appartenenti a famiglie più ricche, che in un mondo nel quale l'innovazione galoppa e la professionalità è correlata alla formazione continua la maggiore ricchezza è anche garanzia di più stabile e crescente livello professionale.
 
I fattori che determinano la mobilità sociale
 
I quattro fattori indagati dall'inchiesta sono: aspettative di vita e salute; opportunità e vincoli nell'assetto delle famiglie; difficoltà nella professionalizzazione della generazione giovanile che è il soggetto naturale deputato a compiere il "salto" di classe"; difficoltà nella persistenza di un bagaglio culturale che ostacola il percorso di "salto di classe", emblematicamente rappresentato negli Stati Uniti dall'inserimento degli immigrati, così importanti da sempre nel processo di formazione dell'appartenenza alla nazione americana.
 
Questi temi, affidati dal NYT a studiosi specialisti dei vari aspetti della dinamica sociale, sono stati trattati con il corredo di indagini di campo, utilizzando un approccio particolarmente aperto e pragmatico quale quello di esaminare, alla luce di ipotesi di lavoro scientifiche, un piccolo campione di storie individuali dalle quali trarre conferma o correzione rispetto ai risultati delle diverse analisi demoscopiche che segnano gli orientamenti dell'opinione pubblica.
 
Significativamente al rapporto tra salute e mobilità sociale è stato dedicato il secondo intervento nel dibattito, il 16 maggio, con un incipit sulla forza unificatrice interclassista che eguaglia tutti i cittadini di una certa età negli attacchi di cuore, ma non nelle successive terapie e quindi sull'efficacia e la rapidità di recupero, fortemente legate al posizionamento di classe degli infartuati. L'analisi di tre diversi eventi traumatici, e del successivo percorso di riabilitazione in tre persone appartenenti a diverse classi sociali, ha consentito di avvalorare in modo assai dettagliato l'implacabile rigidità della risposta di classe ai rischi, allo stress, alle diete non controllate.
In particolare l'aumento di stress indotto dalla precarizzazione del rapporto di lavoro subordinato,  che colpisce i livelli di occupazione relativamente più bassi, crea una maggiore debolezza nelle classi a minor reddito
La conclusione di questa analisi particolare è che si vive più a lungo e meglio se si è più ricchi, per banale che possa essere tale osservazione, meno banale se si tiene conto che l'eccezionale aumento dell'aspettativa di vita che si è registrato negli ultimi trent'anni ha aumentato il differenziale di aspettativa tra ricchi e poveri.
 
Nel terzo intervento, del 19 maggio, è stata analizzata la componente di mobilità sociale connessa con i matrimoni tra appartenenti a classi sociali diverse. E' stato rilevato, sempre mediante l'analisi di alcuni casi concreti che, anche in relazione all'incidenza dei divorzi, l'atteggiamento dei singoli componenti di una famiglia mista è lungi dall'essere comune. Inoltre la precarizzazione graduale dei rapporti di lavoro subordinati per i giovani ed il protrarsi del lasso di tempo tra pensionamento e decesso negli anziani, aggravato dallo scarso recupero del tasso di inflazione, rilevante nel medio termine, crea nell'ambito della famiglia tensione crescente in corrispondenza da una parte alle incertezze sulla continuità del reddito dei singoli, dall'altra alla necessità di ripartirlo per sovvenire alla insorgenze di crisi spesso poco prevedibili sia per ampiezza sia per durata nel tempo.
 
Il quarto intervento, del 24 maggio, ha analizzato l'impatto del fenomeno dei drop out rispetto ai percorsi scolastici sulla dinamica della mobilità sociale. Utilizzando rilevazioni statistiche si è osservato che la percentuale di drop out al livello universitario dipende fortemente dalla collocazione di classe dei genitori dei giovani: in alcune università si è rilevato che il 41% degli abbandoni riguarda gli appartenenti alle classi più ricche, il 66% a quelle più povere. Ancora più significativamente, considerando la partizione americana tra laurea breve di due anni e laurea lunga di quattro anni, contro il 75% degli studenti che in partenza dichiara di mirare alla laurea lunga, solo il 17% la ottiene effettivamente; ciò ha portato a un livello di drop out, nel senso particolare del termine che riguarda i due diversi livelli dell'educazione universitaria, molto negativo per l'economia americana nel suo complesso. Naturalmente l'ostacolo più importante al recupero dei drop out è costituito dal fatto che le necessità cogenti della famiglia rendono difficile al giovane che ha mancato il primo ciclo di raggiungimento della laurea di conseguirla mediante la formazione continua o la rinuncia temporanea a percepire una retribuzione a pieno tempo.
 
Il quinto intervento, del 27 maggio, ha analizzato il rapporto degli immigrati con il sogno americano della mobilità sociale, da essi acquisito rapidamente come ideale. E' stato messo a confronto il gap tra aspettative e realtà rispettivamente di un gruppo di immigrati greci, tipica espressione del tipo di emigrazione europea che ha costituito nei secoli il flusso persistente dell'amalgama nel crogiolo americano, con un gruppo di immigrati messicani, il cui accesso di massa recente negli Stati Uniti è stato di oltre 25 milioni di immigrati regolarizzati, cui se ne aggiungono 5 di clandestini, al tasso di aumento di mezzo milione all'anno. Le posizioni dei due gruppi sociali sono assai diverse, nel primo caso di soddisfacente inserimento e di grande capacità di mobilità nella scala sociale, nel secondo caso di un inserimento insoddisfacente e di una stasi nelle zone basse della scala sociale con continue minacce di una discesa piuttosto che un avanzamento.
 
Il sesto intervento, del 29 maggio, ha analizzato infine l'effetto delle differenze che si producono nell'utilizzazione del reddito mediante spese, investimenti con l'integrazione fatale del crescente indebitamento delle famiglie americane (aumentato di sei volte nell'ultimo ventennio), sempre agli effetti della dinamica di mobilità sociale. La sensazione di un avanzamento generale nella dinamica sociale è oggi certamente supportato dalla mancanza di status symbols generalmente accreditati. L'analisi del NYT indica come ormai il confronto di quartiere con il vicinato ha ceduto il passo al confronto indiretto, mediato essenzialmente dai mezzi di comunicazione di massa. Il posizionamento di classe non si misura quindi con il vicino di quartiere, ma con un Bill Gates del quale le televisioni dicono tutto sul livello di vita ma soprattutto sulla caratterizzazione preferenziale verso alcuni tipi di acquisti di lusso che la catena del valore gestita dalle imprese va valorizzando creando un ampio ventaglio di "affordable luxury goods and services", cioè di scelte ragionevolmente costose di prodotti di lusso per così dire "di serie", concepiti cioè tenendo conto che il vero lusso è alla portata di pochi punti per cento degli acquirenti.
 
C'è oggi una corsa, da una parte a miniaturizzare il lusso (la logica alternativa alla famosa accoppiata donne e champagne), dall'altra all'upgrading di consumi comuni, nel tentativo cioè di rendere preziose delle banalità attraverso una imposizione di prezzi specchietto. Questa scalata da una parte a un ventaglio ampio di status simbols costosi, dall'altra alla vertiginosa spirale dell'indebitamento, rende sempre più fragile, dal lato degli acquisti, la famiglia americana, portandola a consolidarsi in un posizionamento di classe piuttosto statico, ma che, mediante l'uso di accresciuti mezzi provenienti dall'indebitamento e  l'acquisizione di un vasto ventaglio di beni specchietto offre l'apparenza di un aumentato benessere. In questa situazione la vera preoccupazione non è quella di salire, ma quella di non scivolare più in basso. Mancando ormai tuttavia il confronto con il vicinato, la misura del proprio posizionamento di classe è affidata a ciò che i media indicano come punti di riferimento della collocazione di classe.
 
Le conclusioni del dibattito del NYT, che sono un invito ad aprirlo,  il dibattito, anche da noi
 
La breve conclusione del dibattito, del 30 maggio, è una nota redazionale nella quale si sottolinea come, in qualche contrapposizione al "sogno americano" di mobilità sociale, sottolineato esplicitamente nella carta costituzionale degli Stati Uniti, la stratificazione sociale abbia giocato un ruolo molto forte e crescente nel modello di sviluppo del paese. A conferma di tali conclusioni si cita una parallela indagine, sullo stesso tema, ma a carattere più spiccatamente economicistico condotta nello stesso periodo sulle colonne del Wall Street Journal.
 
Malgrado l'abbondanza e la risonanza ottenuta nei mezzi di comunicazione sui numerosi percorsi di trasferimento nell'arco della struttura di classe della società americana, né nella scuola, né nella tutela della salute e nel supporto alla longevità, né nella pienezza della maturazione culturale e professionale, né nella gestione di consumi ed investimenti, si riscontrano tendenze dinamiche, anzi negli ultimi trent'anni la mobilità sociale è certamente diminuita, anche se resta l'ideale fondamentale condiviso da tutti gli strati della società americana ed ottiene dalle varie amministrazioni e in modi molto diversi attenzione e supporto.
 
 
Giovedì, 28. Luglio 2005
 

SOCIAL

 

CONTATTI