Mercato del lavoro, le proposte del governo

Scheda - Il disegno di legge delega
Il ddl, presentato nel dicembre 2001, è attualmente all’esame della Commissione Lavoro del Senato. Con lo strumento della delega il governo chiede al Parlamento una amplissima facoltà di revisione degli istituti e delle regole fondamentali che disciplinano sia il rapporto di lavoro che il mercato del lavoro: servizi all’impiego e fornitura di manodopera; incentivi all’occupazione; ammortizzatori sociali; tipologie contrattuali; orario di lavoro; arbitrato nelle controversie individuali di lavoro.
Richiamiamo di seguito alcuni punti del ddl, su cui più si concentra il confronto politico e tra le parti sociali in queste settimane.
 
- Il Governo ritiene che l’attuale ordinamento giuridico del lavoro garantisca agli insider una posizione di privilegio a scapito degli outsider, sostanzialmente abbandonati a se stessi da strutture di collocamento pubblico del tutto inadeguate. Sulla base di questo presupposto, diventa centrale la riforma dei servizi pubblici all’impiego. In sostanza, il ddl contempla un modello di cooperazione e competizione tra strutture pubbliche, convenzionate e private. Pertanto, devono essere individuate le attività riconducibili ad una residua funzione pubblica (anagrafe, scheda professionale, controllo dello stato di disoccupazione), da assicurare mediante i servizi pubblici all’impiego; mentre occorre affidare al libero mercato le attività di servizio.
 
- Il ddl intende ridefinire la disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali, ma senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. L’obiettivo dichiarato è soltanto quello, dunque, di razionalizzare e ridurre, nel quadro di un graduale calo della pressione fiscale e contributiva sul lavoro, i diversi strumenti di sostegno al reddito esistenti (CIG ordinaria e straordinaria, indennità di mobilità, indennità di disoccupazione, reddito minimo di inserimento), sulla scorta delle esperienze prevalenti in Europa.
 
- L’art. 10 del provvedimento introduce in via sperimentale (per quattro anni) la possibilità di modificare l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che tutela il lavoratore licenziato senza giusta causa con il reintegro nel posto di lavoro nelle aziende con più di 15 dipendenti. La possibilità del risarcimento in luogo della reintegrazione è ammessa in relazione a misure di riemersione dell’impresa dal lavoro nero, di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato e nel caso, infine, di una crescita del numero degli occupati di un’azienda oltre la soglia dei 15 addetti.
 
- Il ddl ipotizza una amministrazione delle controversie individuali di lavoro per mezzo di collegi arbitrali, ai quali verrebbe attribuito il potere di scelta tra la reintegrazione e il risarcimento, tenendo conto anche delle caratteristiche del mercato del lavoro locale. Si introduce, in definitiva, l’arbitrato “secondo equità”, che però non è vincolato al rispetto di leggi e contratti.
 
- Particolarmente rilevante è la norma che prevede la suddivisione dell’impresa in più società controllate (perfino uffici o reparti), cui si applicano contratti collettivi diversi. Va da sé che, se il reparto ceduto è sotto i 16 addetti, si aggira anche l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
 
- Il ddl interviene solo sul mondo del lavoro privato. L’arbitrato riguarda, invece, anche i pubblici dipendenti. E’ chiara la tendenza a invertire o frenare il processo, avviato negli ultimi anni, di avvicinamento e convergenza tra lavoro pubblico e lavoro privato.
 
- Il governo si richiama esplicitamente alle raccomandazioni dell’Unione Europea per favorire una politica dell’occupabilità, come criterio ispiratore fondamentale delle norme proposte nel testo di delega. Vale la pena di ricordare, però, che l’Unione Europea, in materia di lavoro, ha sempre invitato tutti i paesi a rispettare la clausola di “non regresso”, in base alla quale non si possono approvare norme che prevedano un peggioramento della tutela a favore dei lavoratori.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea approvata a Nizza, in secondo luogo, stabilisce (art. 30) che ogni lavoratore ha diritto a essere tutelato contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni nazionali.

E’ necessario ricordare, infine, che il Governo ha annunciato un riordino del welfare imperniato su un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, che integrerà le misure previste nel ddl delega. Un sistema che, avvalendosi di risorse finanziarie aggiuntive (da reperire il prossimo anno), dovrebbe poggiare su due pilastri: prolungamento e irrobustimento dell’indennità di disoccupazione; coinvolgimento diretto delle parti sociali nella gestione degli strumenti di sostegno al reddito (a partire dalla Cassa integrazione guadagni) attraverso, in particolare, l’istituto degli Enti bilaterali. Sarà un documento del Ministro del Lavoro, sottoposto alla valutazione collegiale del Governo, a indicare le tappe e gli obiettivi di un welfare to work che, proprio sulla base del provvedimento in discussione al Senato e della riorganizzazione organica degli ammortizzatori sociali che è stata promessa, dovrebbe concludersi con un nuovo testo unico sullo Statuto dei lavori.
 
Giovedì, 13. Giugno 2002
 

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