La questione salariale è allordine del giorno, tutti riconoscono che le retribuzioni italiane sono basse, troppo basse, e che quindi bisogna porvi rimedio. La denuncia del problema è generalizzata, troppo generalizzata per non destare qualche sospetto, e infatti alcune proposte sembrano sottendere altri obbiettivi, o almeno anche altri obbiettivi, rispetto alla crescita delle retribuzioni.
I sindacati hanno chiesto lapertura di un confronto con il governo e le controparti datoriali per incrementare il potere di acquisto delle retribuzioni attraverso il fisco, il controllo delle tariffe e la riforma del modello di contrattazione. In particolare sul fronte fiscale, per CGIL CISL UIL la priorità è diminuire le tasse ai lavoratori dipendenti e pensionati. Ciò deve essere fatto in maniera chiara e significativa, in modo che tutti possano percepirne i benefici. A questo fine il sindacato chiede un intervento pari a 1 punto di Pil, ossia circa 15 miliardi di euro.
Dovremmo quindi aspettarci manovre complessive nel triennio non inferiori ad almeno 50 miliardi di euro, limitando di molto il campo degli interventi.
Immaginare che tutto sarà reso possibile dalla lotta allevasione o da nuovi tesoretti appare illusorio. Le prospettive economiche non sono positive, la crescita del Pil potrebbe anche essere inferiore a quella programmata (lOcse ha abbassato all1,3% la crescita del Pil nel 2008 rispetto all1,5% previsto dalla Relazione previsionale e programmatica), con necessità di ulteriori risorse per annullare il disavanzo. Una crescita più contenuta ridurrebbe inoltre lammontare degli attesi tesoretti e renderebbe più difficile la lotta allevasione. Il tutto a parità del quadro politico, dato che una sua modifica potrebbe anche peggiorare le prospettive.
Insomma, sinistra e sindacato si troveranno di fronte alla necessità, se effettivamente vorranno una riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente della misura indicata, di affrontare il nodo della spesa pubblica.
Non è dato di sapere se le confederazioni hanno chiare le implicazioni macroeconomiche della loro richiesta nellattuale quadro economico, ma il problema che si troveranno ad affrontare è quello dei tagli alla spesa pubblica. Nel suo intervento presso la Scuola di Polizia Tributaria il ministro del Tesoro ha indicato nella pubblica Amministrazione il settore in cui ottenere i risparmi necessari, anche attraverso una nuova politica di impiego del personale pubblico. La pressione sui pubblici dipendenti sarà quindi fortissima e se questo non bastasse, sanità e pensioni sono gli altri settori su cui i sostenitori del taglio della spesa pubblica chiederanno di intervenire.
Questultimo, inoltre, è quello che ha pagato più di tutti il cambio lira-euro. A differenza di commercianti, professionisti e delle imprese non soggette alla concorrenza internazionale che hanno potuto aumentare i prezzi dei loro prodotti e servizi realizzando spesso nei loro prezzi un cambio lira-euro pari a 1.000, i lavoratori dipendenti hanno subito il cambio ufficiale a 1.936, con una perdita netta di potere dacquisto. Se con lentrata nelleuro hanno guadagnato in termini di minori tassi di interesse e in maggiore stabilità per il paese, hanno perso in termini di valore reale delle retribuzioni. Non si tratta di mettere in discussione lentrata nelleuro, ma di prendere atto di un effetto fortemente negativo sui redditi fissi che il passaggio alleuro ha determinato. Una diminuzione della pressione fiscale è quindi necessaria, anche se non sufficiente, per aumentare il potere di acquisto dei dipendenti.
Oggi siamo ad un punto di svolta. Lemergenza salariale spinge il sindacato, ferma restando la lotta allevasione, a chiedere una forte diminuzione della pressione fiscale, ma questo aumenterà, assieme ad altri fattori, la spinta per un taglio non marginale alla spesa pubblica.
Per il sindacato è allora urgente affrontare con consapevolezza il tema della spesa pubblica e della sua riduzione per non trovarsi poi con le spalle al muro.