Lula: 'Così cambieremo il Brasile'

Intervista alla vigilia del voto: le alleanze, i programmi, perché la finanza mondiale deve fidarsi

Luiz Ignacio da Silva, Lula, non ce l'ha fatta a conquistare al primo turno la presidenza del Brasile. Ma ha ottenuto il 46,5% dei voti contro il 23 del suo avversario diretto Jose Serra. El lo ha intervistato poco prima del voto.

Il presidente onorario del Partito dei lavoratori (PT) ha oltre 20 milioni di voti in più di Serra, ex ministro della Sanità del governo conservatore uscente. Le sue possibilità di essere eletto al secondo turno, il 27 ottobre, rimangono elevate, tanto più che gli altri due candidati, il leader degli evangelici Anthony Garotinho (18% dei voti) e il laburista Ciro Gomes (12%), dovrebbero far confluire i loro voti su Lula per il ballottaggio.
Ignacio Lula da Silva (1946), ex operaio metallurgico, fu eletto nel 1975 segretario del sindacato dei metalmeccanici. In seguito fu tra i leader della Cut – Central unica dos trabalhadores - e nel 1980 fondò il PT – Partido dos trabhaladores.

Lula fu candidato alla presidenza della Repubblica la prima volta nel 1987, quando per una manciata di voti vinse Fernando Collor de Mello, sostenuto dalla potente rete televisiva "Globo". Collor de Mello fu deposto due anni dopo per corruzione, e sostituito da Itamar Franco. Nel 1994 lo schieramento conservatore contrappose a Lula, nuovamente candidato, Fernando Henrique Cardoso, intellettuale e sociologo di sinistra, che vinse le elezioni, appoggiato dalla coalizione conservatrice, e che fu poi riconfermato, ancora contro Ignacio da Silva, nelle elezioni del 1998.

Nei suoi dodici anni di vita il Pt, di cui Lula è presidente onorario, si è affermato come il principale partito nazionale, assumendo il governo di regioni e città importanti, fra le quali Porto Alegre, sede dell’ultima riunione del Forum sociale mondiale.
Le elezioni in Brasile, quinto paese del mondo per abitanti (175 milioni) e tra i dieci paesi più industrializzati, sono considerate l’evento più importante nella geografia politica dell’America latina.

EL - Nella sinistra c’è un grande ottimismo. Come andrà questa volta?

Lula -"L'attuale situazione può creare un’impressione falsa nella testa di molta gente, inclusa quella di militanti del PT, sostenitori, simpatizzanti e di tanti milioni di brasiliani che vogliono cambiare il cammino del nostro paese. E dico di più: questo potrebbe creare illusioni dannose nella fase conclusiva della nostra campagna. E' chiaro che sono molto contento e pieno di fiducia per essere così avanti a tutti. E ho la certezza che le nostre possibilità sono questa volta le maggiori possibili. Ma nulla deve essere dato per scontato. Dobbiamo impegnarci con fiducia, perseveranza e lavoro per convincere la grande maggioranza del popolo brasiliano che questa è la volta dell'opposizione, la volta del PT, l'ora di arrivare al governo per cambiare la direzione di marcia del Brasile e della nostra storia. Siamo coscienti che questa è un’occasione storica per un’intera generazione di brasiliani. Ma sappiamo anche che sono in gioco il proseguimento o il cambio di politiche neoliberiste; questo è molto importante e ha un grande significato per il peso economico e politico che ha il nostro paese. Credo che questa è la miglior chance per il PT nei 22 anni della sua storia".

"Siamo più maturi, più credibili, amministriamo bene grandi città e Stati, abbiamo una buona struttura in tutto il paese e siamo il partito di maggioranza relativa. Il PT oggi ha la responsabilità di governo per oltre 50 milioni di persone, in cinque Stati, sette capitali e decine di città con più di 200.000 abitanti. Per tutti questi motivi sono fiducioso nella vittoria elettorale".

EL -Il PT ha la maggioranza relativa nel paese, ma per vincere (e per governare) è necessario costruire alleanze. Il partito è pronto per un'alleanza con forze considerate non di sinistra? Non c'e' il pericolo di scissioni a sinistra?

Lula - "Nessun partito, il PT come gli altri della opposizione o della coalizione di governo, può fare a meno di alleanze. Perciò vedo la nostra alleanza come una necessità politica. Alla base vi sarà il programma di governo che abbiamo presento al paese. Il partito liberale, partito del candidato alla vicepresidenza nella mia lista, il senatore Jose Alencar, da quattro anni vota contro il governo di Fernando Enrique Cardoso nel Congresso Nazionale, insieme alle opposizioni. Alcuni settori non favorevoli al governo del PMDB sono con noi in questa impresa. Spero che quando arriveremo al potere altri partiti verranno a far parte della nostra alleanza, che è un’alleanza contro la povertà, la disoccupazione, l’insicurezza pubblica, l'analfabetismo, per il ritorno di uno sviluppo basato sulla redistribuzione e in difesa della sovranità nazionale. Chi pensa che è poco, si guardi indietro e rifletta sulla storia del nostro paese".

EL - Durante tutta la campagna elettorale, la stampa finanziaria internazionale ha insistito sul tema: "Se vince Lula il Brasile finisce come l'Argentina". Che cosa rispondete a questa campagna? Quale potrà essere la reazione del Fondo monetario internazionale? Quale potrebbe essere il comportamento delle imprese multinazionali che controllano punti fondamentali dell’economia brasiliana?

Lula - "Continuo a dire che il problema del mercato non dipende da chi sta al governo. Se fosse così non saremmo nel mezzo di una grave crisi economica, non ci sarebbe fuga di capitali, dal momento che sino al dicembre 2002 il presidente si chiama Cardoso, il ministro del Tesoro è Pedro Milan e il presidente della Banca Centrale Arminio Fraga. La verità è che è la politica economica di questa coalizione che ha reso il Brasile vulnerabile. E’ questa coalizione che ha subordinato l’economia alla speculazione finanziaria, tentando poi di utilizzarla facendo terrorismo elettorale. Gli investitori sanno che il PT è un partito democratico e responsabile. La nostra maggiore preoccupazione è che la vittima di queste speculazioni sarà la gente povera, quella che non gioca in Borsa e non ha neppure un conto in banca".

EL - Quali sono i punti chiave del programma? Che cosa farà, se vince, nei primi cento giorni ?

Lula - "Il mio impegno di vita è il riscatto del debito sociale che il Brasile ha nei confronti di 50 milioni di persone che sopravvivono al di sotto della soglia di povertà definita dall'ONU. Questo vuol dire farla finita con l'indigenza cronica, la fame (come abbiamo definito nel progetto Zeo Fame), incentivare opere civili, case, infrastrutture (come abbiamo fatto nel progetto Abitazioni). Questi progetti sono parte del nostro programma, hanno obiettivi e indicazioni per conseguirli. Sono esempi concreti di come si possa dinamizzare, far crescere il mercato interno, creare sviluppo e occupazione, senza necessità di investire in dollari. Per questo è necessario assumere decisioni coraggiose con fermezza e cautela nello stesso tempo. Recentemente, come candidato, ho inviato una "Lettera al popolo del Brasile" in cui dicevo tra l'altro che "sarà necessaria una lucida e avveduta transizione tra quello che c'è oggi e quello che la società rivendica.Quello che non è stato fatto e quello che è stato distrutto in otto anni non si risolve in otto giorni. Un nuovo modello non potrà essere il prodotto di decisioni unilaterali e verticistiche del governo, come avviene oggi; non si cambia per decreto. Il cambiamento sarà il frutto di una ampia negoziazione nazionale che deve condurre ad una alleanza per il paese, un nuovo contratto sociale capace di assicurare sviluppo e stabilità". Per questo abbasseremo i tassi d’interesse, incrementeremo le esportazioni e incentiveremo in modo selettivo le sostituzioni d’importazioni tentando di sanare la questione della estrema vulnerabilità dell'economia brasiliana. In questo contesto creeremo migliori condizioni per il rispetto dei patti firmati dall'attuale governo con le istituzioni economiche internazionali senza compromettere i traguardi sociali del nostro governo".

EL - L'esperienza europea è per voi importante? Pensate sia possibile un modello simile per il Cono Sud?

Lula - "Non c'e' dubbio che abbiamo molto da apprendere dalla esperienza europea. Noi sosteniamo il rafforzamento e l'ampliamento del Mercosur. Occorre andare avanti in un’integrazione economica, culturale e politica. Oggi non abbiamo nel Mercosur un’istituzione simile al Parlamento europeo. Non ci sono politiche di sostegno all'industria argentina, uruguayana, paraguayana. Come non ci sono per i contadini brasiliani. E' necessario creare meccanismi di protezione per favorire l'integrazione. Vorremmo anche coinvolgere il Venezuela, il Perù e il Cile in un’integrazione che tocchi l'intera America Latina. Riguardo all'ALCA (un accordo per la liberalizzazione degli scambi interamericani, ndr), nei termini in cui è oggi proposto non è accettabile. Non è un accordo di libero commercio con gli USA, è una proposta d’annessione della nostra economia a quella nord-americana. L'integrazione presuppone equilibrio ed equità tra i partecipanti. Gli USA, che detengono l'egemonia tecnologica, economica, militare e culturale non si preoccupano di sviluppare una politica di compensazione come quella ad esempio dell’Unione Europea nei confronti di Portogallo e Grecia".

(traduzione di Toni Ferigo)

Lunedì, 30. Settembre 2002
 

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