Le vere cause della scarsa crescita di produttività

Il problema inizia con lo sforzo di aggiustamento per entrare nell'euro, che fa rallentare l'economia; ma, grazie alla moderazione salariale seguita all'accordo del '93, non la crescita dell'occupazione. Che avviene però in modo anomalo quasi solo nel settore attività finanziarie informatica e servizi alle imprese, e con basso profilo. L'altra grave questione è quella del Mezzogiorno.

I giornali hanno dato molto risalto, come fanno periodicamente, ai nuovi dati pubblicati dall’Ocse sul gap negativo di produttività accumulato negli ultimi anni dal nostro paese. Per la verità, non si tratta di dati nuovi,. Tornano periodicamente. In generale non se dà una spiegazione, se non quella, tanto ovvia e banale quanto distorcente, secondo cui quei ritardi sarebbero l’effetto di un eccesso di rigidità sindacali e del mercato del lavoro.

Nel IV Rapporto Ires su salari, produttività e distribuzione del reddito – appena pubblicato col titolo “Salari in crisi” – abbiamo cercato – certamente in modo non esaustivo - di identificare alcuni fattori, spiegazioni  ed effetti dell’andamento della produttività nel nostro paese rispetto a quanto avviene negli altri paesi. Un tentativo di analisi non ideologico – com’è stata gran parte dell’analisi “liberista” dei problemi del lavoro nel nostro paese – ma, come vedremo, basata sui dati.

Intanto qualche dato sulle tendenze di medio periodo.

 

Tabella 1 – Produttività oraria - Settore privato dell’economia (escl. agric. e PA) – Tassi di crescita medi annui

 

90-'95

95-00

00-06

Francia

2.1%

2.1%

1.5%

Germania

2.1%

2.3%

2.3%

Italia

2.7%

0.5%

-0.2%

Spagna

1.1%

-1.1%

0.7%

Svezia

4.0%

3.4%

4.2%

Regno Unito

2.9%

2.7%

2.3%

Usa

2.1%

2.7%

2.2%

Euro area

1.9%

1.2%

0.8%

Fonte: nostre elaborazioni su dati OECD:Stat

La flessione della crescita della produttività è avvenuta (Tabella 1) a partire dalla seconda metà degli anni ’90, (dal ’90 al ’95, cresceva ad un tasso superiore a quello di molti altri paesi e della media dell’Eurozona) in coincidenza con le politiche di risanamento (riduzione del deficit pubblico e disinflazione) necessarie per raggiungere l’obiettivo dell’ingresso nell’area dell’euro fin dal suo inizio e con il conseguente rallentamento della crescita dell’economia nel suo complesso. Come si vede la flessione più severa è nel periodo 2000-2006: quel che è peggio è che il governo Berlusconi, in quel periodo, aumentò deficit e debito pubblico, senza nemmeno far crescere l’economia. Un deficit spending senza crescita, per puri interessi clientelari. Ma mentre l’economia rallentava rispetto agli altri maggiori paesi europei, non altrettanto faceva l’occupazione.

L’occupazione, infatti, nel decennio 1995-2006, è cresciuta nel nostro paese (Tabella 2) più che in molti grandi paesi europei, nonostante il minor tasso di crescita dell’economia. In realtà il patto sociale del 23 luglio del ’93 manteneva la sua promessa: la moderazione salariale di quegli anni consentiva un recupero ed un aumento dell’occupazione. Fin troppo. L’economia Italiana diveniva da labor saving, alla fine degli anni ’80, capital saving alla fine dei ’90.

 

Tabella 2 Occupazione - Settore privato dell’economia (escl. agric. e PA) – Tassi di crescita medi annui

 

90-'95

95-00

00-06

Francia

-0.6%

1.9%

0.6%

Germania

5.1%

0.1%

-0.1%

Italia

-0.2%

1.5%

1.9%

Spagna

-0.8%

5.6%

4.5%

Sabato, 28. Marzo 2009
 

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