E ormai diventato un luogo comune il riferimento alle caratteristiche dei grandi paesi europei di più antico sviluppo (Germania. Francia, ecc.) per effettuare confronti con i il nostro paese. Quando si volge lo sguardo al fisco si considera di solito una sola macro grandezza (la pressione fiscale, ossia il rapporto tra il gettito del prelievo e il Pil) per valutare la nostra maggiore o minore vicinanza allEuropa. Il dibattito si anima quindi sulla congruità della cifra: il 43 per cento esprime vicinanza o no? Non voglio soffermarmi su tutte le ragioni che possono essere portate a sostegno delluna o dellaltra tesi; vorrei piuttosto ricordare tre macro anomalie della struttura del nostro sistema di prelievo tributario nel confronto con gli altri grandi paesi dellUE.
Come molti altri fenomeni naturali e sociali, la distribuzione dei redditi personali segue landamento della curva gaussiana (o normale, secondo il lessico di lingua inglese), ossia la relazione tra numero di percettori di reddito e ammontare dei redditi può essere rappresentata da una campana, più o meno larga e simmetrica nei diversi casi concreti. Questa caratteristica, osservata per primo da Vilfredo Pareto circa un secolo fa, trova conferma dappertutto. E noto che la distribuzione dei redditi viene rilevata in tutti i paesi attraverso le statistiche del fisco (normalmente derivate dalle dichiarazioni dovute dai contribuenti); sulla base dei dati forniti dalle Amministrazioni dei principali paesi europei, relativi ad anni recenti, si può notare che la distribuzione dei contribuenti rispetta ovunque landamento ricordato, per cui ad esempio i contribuenti che percepiscono non più di 10 mila euro rappresentano una percentuale del totale compresa tra il 3 e il 10, se si esclude lItalia. Il massimo dei contribuenti si concentra in una fascia vicina al reddito medio e la percentuale dei contribuenti scende successivamente al crescere del reddito fino a percentuali vicine a quelle delle fasce iniziali. In Italia,invece, i contribuenti risultano distribuiti, secondo i dati dellAnagrafe tributaria, nella forma di una curva decrescente.
I dati effettivamente forniti dai contribuenti consentono di osservare un altra macro anomalia italiana. Circa 880 mila degli oltre 4 milioni di imprese sono società di capitali ( Spa, s.r.l., ). I dati del 2004 confermano una caratteristica anchessa persistente nel tempo: circa la metà di queste società dichiarano perdite. Anche questa è una caratteristica sconosciuta negli altri grandi paesi dellUE. In questo settore i danni collaterali, oltre a quello dellevasione e dellelusione dei tributi, possono essere particolarmente gravi. Questa situazione fa supporre, infatti, che i controlli sui conti delle società non siano particolarmente accurati, rendendo difficili le valutazioni sulla situazione economica delle aziende, ad esempio da parte di chi concede credito. La situazione può aggravarsi in seguito alladozione di criteri di valutazione di banche e clienti basati anche su statistiche ricavate da dati di bilancio (come richiesto dagli accordi di Basilea).
Una terza macro anomalia riguarda la ripartizione dei poteri fiscali tra livelli di governo. Tradizionalmente, ma particolarmente dagli anni Settanta agli anni Novanta del secolo scorso, le entrate pubbliche sono state nel nostro paese molto più accentrate rispetto ai grandi paesi UE (sia federali sia unitari). Negli ultimi quindici anni è fortemente aumentato il gettito dei tributi destinati agli enti decentrati di governo (Regioni e Comuni); inoltre la riforma del titolo V della Costituzione ha aperto un periodo di ristrutturazione dei rapporti finanziari intergovernativi.
La normalità europea di un prelievo pari a circa il 43 percento del Pil va perciò giudicata valutando anche il peso di queste macro anomalie, che vanno al di là delle inevitabili particolarità di ognuno dei sistemi di prelievo dei paesi UE.