Le disuguaglianze dimenticate e l’uguaglianza da riscoprire

Un saggio di Ermanno Gorrieri sul tema dell'uguaglianza e delle politiche per promuoverla

Richiamandosi a Don Milani, “nulla è più ingiusto che far le parti uguali fra disuguali”, Ermanno Gorrieri ritorna con questo saggio sul tema dell’uguaglianza e delle politiche per promuoverla, cui aveva già dedicato nel 1999 la sua ‘lezione’ - dall’eloquente titolo “Uguaglianza: una parola in disuso” - in occasione del conferimento della laurea ad honorem in sociologia da parte dell’Università di Trento. Ma non v’è dubbio che l’attenzione all’uguaglianza e alla giustizia distributiva rappresenta il tratto unificante di tutto il suo inesausto impegno civile, prima da sindacalista, parlamentare e ministro, poi da “artigiano della ricerca sociale”, com’egli ama definirsi.


Il libro, che non tratta della povertà, bensì delle disuguaglianze fra i cittadini che stanno al di sopra della soglia della povertà, affronta, con la consueta efficacia e concretezza, un insieme particolarmente ampio e complesso di questioni: dal rapporto fra uguaglianza e libertà, all’uguaglianza auspicabile e da perseguire in società sempre più disuguali, alle condizioni per l’effettività dei diritti di cittadinanza sociale, al ripensamento del modello e delle politiche dello Stato sociale, agli strumenti di redistribuzione monetaria del reddito, fino ad un’analisi rigorosa delle politiche sociali perseguite dai governi di centro-sinistra.

Quale uguaglianza?

Quattro le tesi enucleabili dalla parte più propriamente di impianto teorico del saggio:

1. - Non solo sotto il profilo concettuale, ma ancor più nella concretezza dei rapporti sociali, libertà ed uguaglianza sono tra loro inseparabili, nel senso specifico per cui la seconda è funzionale alla prima. Infatti, le libertà e i diritti civili e politici “rischiano di restare proclamazioni astratte, se non sono accompagnate dal pieno ed effettivo godimento dei diritti sociali, che garantiscono ai cittadini la partecipazione ai beni, materiali e immateriali, di cui dispone la società” (p. 13). Evidente la piena sintonia con il valore e la funzione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.

2. - Le società complesse, economicamente avanzate e competitive, sono “società disuguali” in una forma storicamente e socialmente specifica, consistente in una peculiare segmentazione del corpo sociale. Quest’ultimo, ad una verifica empirica, si rivela infatti articolato non - come comunemente si pensa - in una stragrande e omogenea maggioranza di benestanti, con alle due estremità una fascia ristretta di ricchi, da un lato, e una marginale di poveri, dall’altro, bensì in una frammentata e stratificata scala sociale, risultante dal vero ventaglio delle disuguaglianze e delle iniquità. La pur ricorrente rappresentazione duale delle nostre società è frutto di un “deficit di conoscenza”, che impedisce di cogliere le reali dimensioni della disuguaglianza. Esse non riguardano oggi soltanto gli ‘ultimi’, ma il composito universo sociale dei ‘penultimi’, ‘terzultimi’, ecc. L’esempio più lampante è dato dalle tante forme atipiche o precarie o sommerse del lavoro e dalle crescenti differenziazioni della qualità del lavoro: le une e le altre non più riconducibili all’antica e schematica contrapposizione tra occupati/disoccupati o inclusi/esclusi.

3. L’uguaglianza auspicabile e da perseguire, come condizione o misura dell’effettiva libertà di tutti e di ciascuno, non è - in siffatto contesto sociale - l’egualitarismo, con i suoi immancabili esiti di livellamento e di appiattimento, né soltanto l’uguaglianza delle opportunità, importante ma di fatto scarsamente efficace, e neppure un ‘minimo vitale’, di per sé inadeguato a porre rimedio alla natura delle disuguaglianze odierne, ma consiste nell’”obiettivo ragionevole” di “garantire a tutti il raggiungimento di un traguardo costituito (...) da una soglia minimale di benessere, intesa nel senso di adeguata partecipazione ai molteplici beni che sono patrimonio della società” (p. 18).

4. Condizione essenziale per promuovere, nell’odierna segmentazione del corpo sociale, l’uguaglianza è di muovere dalle condizioni di vita effettive degli individui, quali concretamente determinate - com’è esperienza comune - dal contesto di convivenza familiare. Le politiche sociali, per essere strumento efficiente ed efficace di promozione dell’equità e dell’uguaglianza fra i cittadini, devono pertanto assumere il “parametro famiglia” (con le correlate “scale di equivalenza”) quale criterio sia per accertare le reali condizioni di vita degli individui, sia per calibrare conseguentemente gli interventi. Altrimenti si risolvono esse stesse - come di fatto spesso accade - in fattore di riproduzione e moltiplicazione delle iniquità e delle disuguaglianze. Nel campo delle politiche sociali il “parametro famiglia” va riferito a tutti i tipi di convivenza familiare, poiché ciò che fa la differenza, ai fini specifici delle condizioni di vita degli individui, non è la forma giuridica della convivenza (se basata sul matrimonio o meno), bensì il fatto in sé della convivenza e, quindi, dell’utilizzazione in comune di un insieme di relazioni, beni, risorse e servizi.

Per uno Stato sociale universalistico e selettivo

Muovendo da queste premesse, Gorrieri sviluppa, nella seconda parte del saggio, una critica netta dell’idea e del modello dello Stato sociale universalistico indifferenziato, vale a dire - semplificando molto, ma per capirci - inteso nel senso sia di ‘dare tutto a tutti’, formula oggi neppure proponibile (in presenza della limitatezza delle risorse, conseguente anche alla crisi fiscale dello Stato, e della potenziale illimitatezza dei bisogni), sia di ‘dare a tutti identiche prestazioni’, finendo così con il fare, appunto, le parti uguali tra disuguali. A questa impostazione egli contrappone il progetto di uno Stato sociale selettivo, vale a dire universalistico quanto ai destinatari e alla natura delle prestazioni, ma selettivo - sulla base delle condizioni di vita (familiare) degli individui - quanto alla misura delle prestazioni e alla partecipazione dei cittadini ai loro costi. Un’idea che - pur trovando fondamento concreto, ad esempio, nelle politiche dei servizi sociali praticate in molti Comuni ormai da decenni e, più di recente, nel modello di ‘riccometro’ adottato dai governi dell’Ulivo per il diritto allo studio universitario e per la contribuzione studentesca al costo degli studi universitari - incontra tuttora non poche resistenze culturali e politiche, anche in settori della sinistra e del centro-sinistra condizionati, come scrive Gorrieri, dalla “dittatura dei ceti medi” e dal “mito dell’universalismo senza selettività”.


Eppure, come Gorrieri ricorda e documenta, è al modello dello Stato sociale selettivo che si era ispirato il progetto di complessiva riforma del welfare messo a punto dalla Commissione Onofri durante il governo Prodi, purtroppo abbandonato dai successivi governi di centro-sinistra.

Equità sociale e redistribuzione monetaria

La terza parte del saggio è dedicata ad un settore specifico delle politiche sociali, quello della redistribuzione monetaria del reddito, preso a banco di prova della giustezza dei criteri proposti e, in controluce, delle iniquità provocate da politiche che non assumano l’equità sociale come criterio e, insieme, obiettivo prioritario nell’uso di leve quali le agevolazioni fiscali e i trasferimenti diretti di reddito.

Emerge così in tutta evidenza come la leva fiscale - soprattutto ove non sia fortemente ed efficacemente progressiva - escludendo da qualsivoglia beneficio i titolari di redditi incapienti e non potendo tener conto del ‘parametro famiglia’, cioè delle vere condizioni di vita degli individui, anziché redistribuire la ricchezza, e quindi fare uguaglianza, finisca di fatto per riprodurre e radicalizzare le disuguaglianze. Diversa è invece l’efficacia, in funzione dell’uguaglianza tra i cittadini, dei trasferimenti diretti di reddito, se i relativi interventi venissero realizzati - com’è il caso dell’assegno al nucleo familiare - in misura decrescente con il crescere del reddito (familiare) dei beneficiari. Ma ciò non avviene per molti degli istituti oggi vigenti, frutto di un’impostazione in cui ha prevalso, nel corso del tempo, più l’attenzione ai bisogni e agli interessi delle diverse ‘categorie’ sociali, che non il concreto riconoscimento della cittadinanza sociale per tutti i cittadini.

La politica del centro-sinistra: una deriva "neo-liberista"?

Il capitolo conclusivo Gorrieri lo riserva ad un esame pacato ma stringente delle politiche sociali dei governi di centro-sinistra, cui riconosce meriti inconfutabili, insieme però al severo giudizio di una caduta, nell’ultima fase, dell’attenzione per l’equità sociale e per l’uguaglianza, così da indurlo a parlare di una “deriva neo-liberista”, sul piano tanto dei valori, che delle concrete scelte politiche. Ne sono prova: l’abbandono delle problematiche della giustizia sociale da parte dei cattolici, presi da un’assorbente attenzione per le marginalità sociali e per i poveri; l’oscuramento, da parte della sinistra, del termine stesso di ‘uguaglianza’; il cambiamento di rotta delle politiche governative, nel campo specifico della redistribuzione monetaria, con il progressivo passaggio dai trasferimenti diretti di reddito alle agevolazioni fiscali, in una rincorsa perdente con l’ossessiva ideologia della destra della riduzione delle tasse per tutti.

Solo riponendo al centro il valore dell’uguaglianza, come condizione e misura dell’eticità stessa del vivere sociale, la sinistra e il centro-sinistra potranno utilmente affrontare il necessario ripensamento dello Stato sociale, e delle politiche per realizzarlo, nel nuovo orizzonte della competizione globale. Per tale ripensamento, senza il quale non potrà darsi un programma credibile e vincente per l’Ulivo, sarà bene prendere in attenta considerazione il contributo etico, politico e tecnico contenuto nelle dense pagine di questo pur breve, ma illuminante saggio.

ERMANNO GORRIERI
Parti uguali tra disuguali - Povertà, disuguaglianza e politiche redistributive nell’Italia di oggi
Il Mulino, Bologna, 2002
pp. 165, € 9,50

Mercoledì, 19. Febbraio 2003
 

SOCIAL

 

CONTATTI