Lavori e tutele, un progetto dalla sinistra

Scheda - La proposta Amato-Treu
"Il lavoro e i lavori. Principi e indirizzi sui nuovi diritti e le nuove tutele": s’intitola così la proposta di legge che Giuliano Amato e Tiziano Treu stanno per presentare in Parlamento. Ne riassumiamo i punti fondamentali, anche se la stesura definitiva della proposta potrà contenere modifiche di cui daremo conto tempestivamente.

Nuovi diritti per tutti - Entrano nel nuovo Statuto dei lavori “diritti nuovi come il diritto alla riservatezza, il principio di eguaglianza e di non discriminazione, di pari opportunità”. Con un occhio all’organizzazione del lavoro post-fordista, si sottolinea l’importanza del diritto agli “standard protettivi fondamentali per la tutela della salute e la sicurezza del lavoro in quanto svolte in ambienti organizzati dal datore di lavoro o dal committente”.
 
Arbitrato - Sì all’arbitrato per decidere se l’indennizzo può sostituire il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa, ma a condizione che sia su base volontaria e che rispetti leggi e contratti collettivi.
 
Tutele più estese per i lavoratori parasubordinati - Si certificano diritti anche per coloro che prestano un’opera continua e coordinata senza subordinazione giuridica. Avranno il diritto, oggi negato, di “organizzazione e attività sindacale e il diritto di sciopero”. Inoltre avranno il diritto ad un “compenso proporzionale alla qualità e alla quantità del lavoro”, a trattamenti in caso di malattia, al risarcimento in caso di recesso senza giusta causa, a forme di ammortizzatori “in casi prolungati di inattività”.
 
Le nuove regole e i contratti individuali - “Al di sopra delle regole fondamentali che dovranno valere per tutti, la gradazione” verso nuove normative e tutele differenziate, “si dovrà realizzare in modo a sua volta diversificato, sia quanto alle materie sia quanto alle fonti; cioè non solo in via legislativa ma anche attraverso il chiaro riconoscimento del valore dell’autonomia collettiva nonché, per certi aspetti e per gruppi di soggetti in grado di farlo, anche attraverso la contrattazione individuale”.
La formazione permanente - “E’ necessario fare della formazione per l’intero arco della vita una risorsa volta a consentire l’aggiornamento continuo del personale già occupato contro i rischi di obsolescenza professionale”. Si propone un accesso gratuito alle informazioni riguardanti le offerte di lavoro, soprattutto dovrà essere introdotto il diritto all’accesso ai servizi per l’impiego “nei primi sei mesi di inoccupazione e nei dodici mesi successivi alla perdita di un impiego”. La formazione dovrà essere finanziata con un apposito fondo costituito con i contributi delle parti sociali, eventualmente integrati dallo Stato. Ci dovranno essere agevolazioni fiscali per le spese di formazione a carattere integrativo da parte dell’impresa e dei singoli lavoratori.
 
Il “conto sicurezza” per chi perde il posto L’obiettivo è di armonizzare i trattamenti che riguardano gli ammortizzatori sociali, ora differenziati in forme che rasentano “l’illegittimità costituzionale”. Per sostenere chi perde il lavoro, si propone di “unificare progressivamente le attuali indennità ordinarie e speciali di disoccupazione, l’indennità di mobilità e anche la cassa integrazione speciale”. Mentre i prepensionamenti – si dice – “vanno definitivamente superati potenziando le opportunità di occupazione e di riconversione dei lavoratori anziani, anche con il part-time”. La nuova impostazione farà perno sul “conto sicurezza individuale”, che sarebbe più sostanzioso delle attuali indennità, e “saranno regolati in modo appropriato i limiti di prelievo ai diversi fini”. Chi vorrà accedere ai nuovi ammortizzatori dovrà dare comunque la propria disponibilità a partecipare a processi formativi. In caso di rifiuto può decadere la prestazione. Il nuovo ammortizzatore andrà applicato a tutti i lavoratori, “compresi quelli pubblici”, e gradualmente ai lavoratori temporanei e parasubordinati.
 
Chi paga Quanto al finanziamento del nuovo ammortizzatore anti-disoccupazione, è previsto un contributo misto. Lo Stato dovrà intervenire in misura sostanziosa: si parla di cinque miliardi di euro a regime. Ma contribuiranno anche le imprese e i lavoratori. “Occorre pensare – si aggiunge – ad una modulazione dell’entità del contributo in capo alle imprese con riferimento alla tipologia del rapporto di lavoro (si tratterebbe cioè di farle pagare di meno per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e di più per i rapporti di lavoro a termine). Ciò, si spiega, incentiverebbe le imprese a privilegiare forme più stabili di relazioni lavorative e a farle partecipare in maniera più equa ai costi del sistema.
 
Un’assicurazione per le crisi Il progetto prevede di armonizzare le attuali forme di cassa integrazione, di estendere la protezione alle categorie escluse, di definire in modo rigoroso la durata dell’integrazione. “Questi ammortizzatori dovranno finanziarsi essenzialmente su base assicurativa, cioè con i contributi dei soggetti beneficiari, e le prestazioni dovranno essere correlate, entro un certo limite, all’onere contributivo”. Poiché “occorre responsabilizzare le parti all’uso delle provvidenze”, è anche necessario “incentivare le aziende a farsi carico attivamente della sorte dei dipendenti in caso di crisi, secondo il modello del piano sociale già adottato in alcune esperienze europee”.
Giovedì, 13. Giugno 2002
 

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