Lavorare in Canada: sembra l'Italia. In peggio

In questa intervista il leader sindacale Ken Georgetti descrive una situazione che ci è familiare: compressione dei salari, aumento delle disuguaglianze e dei lavori precari, grosse difficoltà per i giovani. Con in più ostacoli alla stessa presenza del sindacato
Forse del Canada si ha l'immagine di un paese di gente benestante, di piena e "buona" occupazione, di diritti sociali e sindacali garantiti. La realtà, vista da vicino, è un po' diversa. Come in molti altri paesi, anche il movimento sindacale canadese denuncia lo scarto crescente tra ricchi e poveri, l'aumento dei working poor i cui salari non bastano per un livello di vita decoroso, persino gli ostacoli all'esercizio dei diritti sindacali.

Traduciamo un colloquio con Ken Georgetti, presidente del Ctc, Congresso del lavoro del Canada (confederazione dei sindacati), ripreso dal sito web della Ictu/Csi (www.ituc.csi.org).
 
La stagnazione dei salari, in particolare di quelli bassi, costituisce ormai un problema globale. Il rapporto annuale del Ctc portava come titolo un interrogativo: "Il mio lavoro, quanto mi rende?". Cosa mostra il rapporto?

"Mostra che ci sono effettivamente una stagnazione dei salari e un deterioramento della qualità del lavoro. Tra il 2005 e il 2006 il numero dei lavoratori con salari da miseria è aumentato dell'1,5%. Vi sono stime che indicano come il 12% dei lavoratori ha un reddito pari o inferiore alla soglia di povertà. Se dovessimo credere al mondo degli affari, quella del Canada sarebbe un'economia in piena espansione. Assistiamo in realtà a una "crescita senza occupazione" e a un aumento del lavoro precario. Le persone che perdono il posto di lavoro nell'industria debbono aspettarsi delle diminuzioni di reddito almeno del 17% nel caso che trovino un nuovo impiego, supposto che riescano a trovarne uno. Gli occupati attuali guadagnano di meno e ai nuovi arrivati nel lavoro toccano impieghi precari con retribuzioni insufficienti. Se si fa un paragone con le generazioni precedenti di lavoratori, vi è attualmente un enorme aumento di posti a tempo parziale, temporanei e assai mal retribuiti".
 
Cosa rivendica il Ctc circa il salario minimo?

"Rivendichiamo un salario orario minimo a livello federale di 10 $ canadesi (6,5 euro) per i settori economici regolati dal governo federale (per esempio banche, tlc, compagnie aeree). Attualmente non esiste salario minimo su scala federale. Gli importi sono stabiliti separatamente da ciascuna provincia (il Canada è una federazione divisa in province, ndt). Così noi conduciamo anche a livello provinciale la nostra campagna per stabilire un salario minimo orario di 10 $ l'ora. Vi sono disparità considerevoli da provincia a provincia, con uno scarto tra il più basso e il più alto di 3,10 $. Nessuna provincia arriva ad applicare un salario orario minimo di 10 $, che costituisce il minimo di cui ha bisogno un "single" che lavori a tempo pieno per evitare di cadere nella povertà (così come è definita dalle statistiche ufficiali)".
 
Lo scarto salariale tra i generi è in via di assorbimento in Canada?

"Stavamo raggiungendo alcuni progressi sul piano della parità salariale tra maschi e femmine, che però sono stati vanificati essenzialmente a causa dell'impennata all'insù delle retribuzioni ai livelli alti, che riguardano in gran parte i maschi. Complessivamente le retribuzioni delle donne ristagnano attorno a un 83% di quelle degli uomini. Né il governo federale, né le amministrazioni provinciali fanno alcunché rispetto a questo problema. Noi lottiamo perché si predispongano programmi di equità salariale, ma questo governo, che è risolutamente di destra, è assai reticente in proposito".
 
Qual è la situazione dei giovani lavoratori in Canada? Hanno accesso a impieghi dignitosi e aderiscono ai sindacati?

"I loro redditi sono inferiori a quelli della passata generazione. In generale sono confinati in impieghi precari, o che non sono a tempo pieno, e comunque tutt'altro che soddisfacenti. Non appena usciti dagli studi, sono travolti dai debiti accumulati per l'aumento delle rette universitarie o scolastiche. Se a ciò aggiungiamo i bassi salari, essi sono ben lungi dal riuscire a pagare i loro debiti e dal potersi lanciare nell'acquisto di una casa o di altri beni di consumo, cosa che farebbe solo del bene alla nostra economia.

I giovani non sono organizzati in sindacati come lo erano i loro genitori. Le piccole imprese nelle quali lavorano sono di difficile accesso per l'organizzazione sindacale, il che rende loro più difficile accedere a retribuzioni migliori. Così tendono a pensare che il movimento sindacale "è per papà e mamma, non per me".

Un modo per affrontare questo problema potrebbe essere quello di fare come in alcune giurisdizioni, dove dei governi guidati dal Nuovo partito democratico (Partito di ispirazione socialdemocratica aderente all'internazionale socialista: New Democratic Party (Ndp) in inglese o Nouveau parti démocratique (Npd) in francese - n.d.t.) ci aiutano a pilotare un modello di contrattazione collettiva settoriale: una volta stabilito un certo numero di contratti in un settore, i nuovi salariati che arrivano in questo settore sarebbero automaticamente coperti. In Canada la mano d'opera sindacalizzata è notevolmente avvantaggiata rispetto al resto dei lavoratori. Gli iscritti al sindacato guadagnano in media 5 $ in più all'ora rispetto ai lavoratori non sindacalizzati; inoltre l'85% dei lavoratori sindacalizzati beneficiano di una copertura sociale e di piani pensionistici, mentre solo il 45% dei non sindacalizzati beneficiano di copertura sociale e il 18% di essi di un piano pensionistico".
 
Come mai, allora, la gente non fa ressa davanti alle porte dei sindacati per iscriversi?

"In un certo senso dovrebbe essere così. Un terzo dei lavoratori non sindacalizzati si iscriverebbe se ne avesse la possibilità o non temesse rappresaglie da parte dei datori di lavoro. In Canada il solo diritto costituzionale che i cittadini esercitano in segreto è la firma della tessera sindacale! Quello di perdere il posto di lavoro con l'iscrizione al sindacato è un timore fondato. Per citare un esempio concreto, quando abbiamo organizzato tre grandi magazzini Wal Mart e tentato di cominciare a contrattare, la direzione non ha fatto altro che chiudere bottega, il che ha ovviamente intimidito l'insieme dei dipendenti.

La lentezza del sistema giudiziario e dei tribunali, dove una vertenza può richiedere mesi e mesi, è un altro elemento che il datore di lavoro può sfruttare a proprio vantaggio. Abbiamo bisogno di un sistema di "verifica delle tessere" in base al quale una maggioranza semplice dei lavoratori provvisti di tessera sindacale possa bastare per ottenere la rappresentanza sindacale. Persino nel Manitoba, una provincia con governo Npd, i sindacati devono raggiungere un quorum del 65% per ottenere di poter essere presenti nelle fabbriche.
 
Ci stiamo anche battendo per far adottare dal Parlamento un progetto di legge per vietare ai datori di lavoro di ricorrere a mano d'opera di rincalzo durante gli scioperi. La nostra speranza è di riuscire a far adottare questa legge, ma attualmente c'è aria di nuove elezioni e, alla fine, non siamo affatto sicuri che venga adottata".
 
Un altro problema che fa scorrere molto inchiostro è quello della politica fiscale. Quali cambiamenti propone il Ctc in materia di politica fiscale nel vostro paese?

"L'ironia è che l'imposizione sui redditi più elevata è quella applicata al "sudore delle nostre fronti": quelli che lavorano per guadagnare un salario sono tassati sulla totalità del loro reddito; ma se si gioca in Borsa, solo la metà del guadagno è imponibile. Se poi si ottengono dei dividendi, questi saranno imponibili solo per un terzo. Noi crediamo nella necessità di un'equità fiscale - i redditi sono redditi, e le persone dovrebbero essere tassate sulla base del loro reddito, in maniera equa e coerente. Tuttavia, far passare questo messaggio nel grande pubblico non è cosa facile. In Canada i giornali principali appartengono a una medesima persona e non si occupano di queste questioni. Un po' meglio sono i media nel Qébec francofono".
 
Lei è presidente del Comitato sul capitale dei lavoratori in seno alla Ituc/Csi. A suo avviso, i Fondi pensione sindacali possono giocare un ruolo per la promozione della giustizia e dell'equità?

"I Fondi pensione giocano un ruolo significativo nei mercati borsistici mondiali. Noi pensiamo che occorre stabilire delle regole circa il modo con cui votano i gestori dei Fondi pensione. Stiamo attualmente conducendo in America del Nord, in collaborazione con il movimento sindacale Usa, una campagna per modificare la legge sulle imprese, in modo che gli azionisti possano nominare dei direttori nei consigli di amministrazione. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi perché i consigli di amministrazione siano tenuti responsabili del modo con cui retribuiscono i loro quadri, distribuiscono dei dividendi agli azionisti, trattano l'ambiente e i loro dipendenti. Dobbiamo adottare un approccio più attivo, per quel che riguarda non solo i benefici, ma anche il modo con cui il denaro è gestito. Creare queste grandi riserve di capitali per poi metterle a disposizione di persone che agiscono contro i nostri interessi, segnatamente i Fondi d'investimento privati, è contrario al mio modo di pensare".
 
La Ituc/Csi è stata creata da pochi mesi. Come può essere più efficace nel suo modo di lavorare con le organizzazioni nazionali affiliate su questioni come la lotta contro le disuguaglianze e i mercati dei capitali?

"È essenziale fissare della campagne e delle azioni e portarle a termine, tenere duro fino alla fine, lavorare sul lungo termine. In Canada sarebbe un successo se si riuscisse a far sì che la questione del posto di lavoro influenzasse anche il voto alle elezioni. L'organizzazione e la contrattazione collettiva sono al cuore della nostra azione. Non dimentichiamo che noi disponiamo della più grande rete democratica del mondo per portata, profondità e ampiezza, quella sindacale, e che quindi ci è imposto di valorizzare molto di più questa capacità".
Martedì, 27. Marzo 2007
 

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