La recente indagine della Banca dItalia sui redditi delle famiglie conferma la necessità di aumentare i salari, che non è solo sociale, ma anche economica; stupisce invece che sulla stampa se ne parli come fosse una novità. E dallinizio degli anni 90 che i salari sono pressoché esclusi dagli incrementi di produttività e a malapena hanno recuperato sullaumento dei prezzi; nel frattempo i profitti hanno aumentato la loro quota sul reddito di oltre dieci punti.
La via maestra per aumentare i salari è la contrattazione tra le parti sociali; a tale riguardo sta crescendo il dibattito sui ruoli da assegnare alla sfera nazionale e a quella aziendale.
Secondo una tesi accolta anche in settori dellUnione e del sindacato, gli incrementi salariali dovrebbero essere giustificati dagli aumenti di produttività realizzati in ciascuna realtà produttiva, cosicché andrebbero decisi essenzialmente a livello aziendale, riducendo il peso della contrattazione centralizzata.
Lincremento dellintero reddito reale di un paese (che non coincide affatto con il suo benessere, ma questa è un'altra questione) è direttamente connesso allaumento della produttività del suo sistema produttivo. Peraltro, con laccresciuta integrazione economica sopranazionale e gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni, la crescita del reddito complessivo di un paese dipende maggiormente dalla sua competitività di qualità che non da quella di prezzo, più dallinnovazione di prodotto che non dalla compressione degli oneri salariali.
Per produrre un chiodo oggi occorre un impiego di lavoro infinitamente inferiore rispetto a qualche secolo fa, ma il tempo necessario ad un docente per spiegare il teorema di Pitagora ad uno studente non è cambiato molto. Se le dinamiche salariali dei lavoratori nei due settori dipendessero dallevoluzione relativa delle loro produttività fisiche, negli ultimi secoli gli operai metalmeccanici dovrebbero aver goduto di una crescita delle retribuzioni infinitamente superiore a quella dei docenti di geometria. Naturalmente non è stato così. Daltra parte, il progresso tecnologico di cui hanno usufruito molti comparti industriali non è estraneo al fatto che il teorema di Pitagora continui ad essere insegnato, pur senza significativi incrementi di produttività (i quali non sempre sono auspicabili: Baumol giustamente si compiaceva che per suonare un quintetto di Mozart della durata di mezzora, da oltre due secoli continuano ad essere necessarie due ore e mezza di lavoro complessive).
Rintracciare un collegamento a livello aziendale tra crescita dei salari e della produttività rimane problematico anche se - come normalmente avviene (per omogeneizzare prodotti qualitativamente diversi) - la seconda viene misurata in termini non fisici ma di valore (ad esempio, fatturato per addetto).Ma in tal modo, la misura della produttività e il confronto della sua dinamica tra diversi settori vengono a dipendere anche dallevoluzione dei prezzi relativi, creando problemi di circolarità.
Il punto è che i prezzi relativi e il valore attribuito alla produzione di ciascun settore e azienda dipendono essi stessi dalla distribuzione del reddito la quale, a sua volta, dipende dagli equilibri politici e dalla forza economico-contrattuale delle diverse parti sociali titolari di profitti, rendite e salari. Cosicché è la distribuzione del reddito che influenza la misura della produttività (in valore) e non il contrario. Peraltro, i fattori socio-politici che determinano la distribuzione del reddito non agiscono in modo omogeneo nei diversi settori, aziende e territori di uno stesso paese; inoltre i prezzi relativi sono influenzati anche da altre circostanze concrete come le differenti condizioni di mercato (più o meno concorrenziali) diffuse nei diversi settori e territori di produzione.
In definitiva, la proposta di legare i salari alla produttività aziendale e privilegiare la contrattazione decentrata non solo è socialmente e politicamente pericolosa, ma non è sorretta da solide ragioni economiche e risulta controproducente ai fini della competitività e della crescita. Infatti il legame aziendale tra produttività e salari tenderebbe ad accentuare il meccanismo perverso diffuso nel nostro sistema produttivo: esso non disincentiverebbe ma avallerebbe le strategie delle imprese meno innovative, poiché almeno nel breve periodo - consentirebbe di attenuare gli strutturali effetti negativi di quella loro miopia contenendo la dinamica salariale, la sicurezza delle condizioni di lavoro e la stabilità occupazionale dei loro malcapitati lavoratori.