La strage di Torino e gli imprenditori senza patente

Per aprire un bar bisogna fare un esame, per avviare un'impresa invece non serve. Anche di questo sono figli gli infortuni sul lavoro, che peraltro avvengono per l'80% nelle piccole imprese dove il sindacato non è presente

Domanda: perché tutti quegli estintori in una acciaieria? Perché nel processo di laminazione di una acciaieria il fenomeno di piccoli incendi è sempre presente. In quanto 1°), la lamiera o il profilato che passa attraverso i rulli per la sua deformazione è sempre caldo: ad una temperatura di circa 800 gradi; 2°), per l’uso continuo dell’olio minerale che serve da un lato per fare i dovuti trattamenti termici al prodotto laminato, e per lubrificare tutte le parti degli impianti sempre in movimento. Al che nel processo di lavoro ci sono continue scintille che possono provocare piccoli o grandi incendi.

 

Per cui ne viene per questi impianti una esigenza continua di manutenzione, di manutenzione programmata: ogni tot di ore occorre procedere alla manutenzione e sostituzione di intere parti dell’impianto perché sia sempre in grado di produrre senza causare intoppi o fermate o tragedie come quella che è avvenuta per i 10 lavoratori alla linea 5 di laminazione. Occorre anche precisare che l’uso degli estintori deve essere molto accorto nel senso che un estintore una volta usato, anche per poco, perde tutta la sua capacità e funzione.

 

Alla ThyssenKrupp è in corso una inchiesta della magistratura che avrà il compito di appurare le cause del disastro. Però da questa grave vicenda si possono trarre alcune osservazioni:

 

  1. Il problema non è solo nella mancata ispezione dall’ASL o nella carenza degli Ispettori del Lavoro. Da circa 20 anni si sa che l’organico presente tra gli ispettori dell’ASL è carente di oltre il 20%. Cosa grave in sé, però ancorché fosse ripianato cosa potrebbero rispetto alle oltre 60.000 imprese nella città di Torino? Ma è solo con più controlli che si potrà far fronte al fenomeno che da oltre 10 anni vede la situazione rimanere sempre la stessa? Quattro morti al giorno (ogni morto costava nel 1996 350 milioni), oltre 900.000 infortuni l'anno, sono in aumento le malattie professionali, ecc.  e sì che dal 1994 in Italia c’è una nuova legislazione: il D.Lgs. 626/94. Come mai non è cambiato quasi niente?

  1. Occorre sapere che l’80% degli infortuni avviene nelle imprese con meno di 15 addetti (fonte INAIL). In queste imprese il Documento di Valutazione dei Rischi (previsto dalla legge 626) è redatto in proprio dal datore di lavoro. La presenza dei sindacati in queste imprese in pratica è pressoché nulla, quindi manca il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. 
      

  2. Chi è l’imprenditore: in genere è un ex lavoratore con una buona professionalità, ma a differenza di un barista (il quale per aprire un bar deve sostenere un esame) il nostro per fare l’imprenditore edile o altro basta che vada ad iscriversi alla Camera di Commercio. Il nostro ha chiaro un obiettivo: farsi ricco in fretta (almeno questa è la sua chiara aspirazione). Non sa nulla né del diritto del lavoro in Italia, né della legislazione sulla salute e sicurezza. Occorrerebbe quanto meno, prima della sua “intrapresa”, fargli fare un breve corso di formazione ed un relativo esame per poter fare l’imprenditore. Ma fra tutti i recenti interventi ha ragione Luciano Gallino su Repubblica del 7 dicembre, ovvero di Marco Vitale sul Sole 24Ore (!) dell’11 dicembre, quando entrambi mettono in discussione la mancanza di una cultura dell’impresa italiana sui temi della sicurezza e della salute dei lavoratori.
     

  3. La monetizzazione della salute. Per tutti gli anni ’70 una intera generazione vinse una battaglia storica contro la monetizzazione della salute: “in cambio di quattrini non ti dò la mia salute, devi bonificare l’ambiente di lavoro”. Ora i lavoratori vivono in un ritorno della “monetizzazone della salute”, non più ovviamente nel rapporto tra mansione specifica e “paga di posto”, ma nel rapporto tra “presenza in officina e salario”. La sconfitta è grande per il movimento dei lavoratori: vedi il fenomeno abnorme degli straordinari (alla ThyssenKrupp fino a 16 ore quando normalmente fanno 10 -12 ore al giorno). In pratica abbiamo i “fondamentali” in mano alle imprese: l’orario di lavoro e il salario.
     

  4. A maledire il tutto vi è poi il fenomeno del lavoro precario, di per sé causa di infortuni per sé e per gli altri lavoratori (qual è mai il processo di formazione sulla mansione che questi hanno o ricevono?): tra i lavoratori sono quelli che più facilmente si infortunano.
     

  5. Il tutto aggravato dal fenomeno della immigrazione che vede lavoratori che vengono da altri paesi a sostituire i nostri specie nei posti più pericolosi e più gravosi, sottoposti al ricatto del lavoro che bisogna averlo per non sprofondare nella clandestinità. 

Cosa fare: come CIPES Piemonte e come Associazione Esperienza & Mappe Grezze andiamo da tempo dicendo e denunciando, in convegni e riunioni varie, l’esigenza di attrezzare i singoli lavoratori rispetto alla conoscenza dei rischi che ciascuno corre sul proprio posto di lavoro. Per questo abbiamo prodotto da un lato un software che utilmente utilizzato dalle imprese potrebbe essere di aiuto per far fronte a questa impresa di informare in maniera più efficace i lavoratori e dall’altro un corso di formazione rivolto ai giovani lavoratori, con un occhio particolare agli stranieri. Non è certo questa la soluzione di tutti i mali, ma si sa che per percorrere 100 km bisogna mettersi in cammino.

 

(Gianni Marchetto è presidente dell’Associazione Esperienza & Mappe Grezze)
Mercoledì, 2. Gennaio 2008
 

SOCIAL

 

CONTATTI