La riforma della contrattazione/5: Mario Rusciano

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Mario Rusciano è ordinario di Diritto del lavoro dell'Università di Napoli Federico II
 
C'è un’originalità del modello italiano di contrattazione, sancito nell'accordo del luglio 1993, basato su due livelli, quello aziendale e quello nazionale. È un modello da considerarsi superato?
 
I modelli di contrattazione non sono scolpiti nella pietra. Anzi, per loro natura, sono storicamente mutevoli, poiché dipendono da vari fattori. Ad esempio: l’andamento dell’economia; i metodi di organizzazione produttiva e del lavoro (specie nell’era della rivoluzione tecnologica); la forza sindacale in questo o in quel settore merceologico, in questa o in quella categoria professionale; l’assetto politico-istituzionale del paese (il cosiddetto "federalismo", dopo la riforma del titolo V della Costituzione). E via dicendo.
Non si tratta, allora, di stabilire se il modello dell’accordo del luglio 1993 è superato oppure no. Si tratta, piuttosto, di operare un’attenta rilevazione delle reali esigenze di regolamentazione dei diversi istituti contrattuali: se a livello nazionale, territoriale o aziendale. È su queste esigenze che va disegnato il sistema contrattuale. Tanto da non potersi escludere, in linea di massima, l’esistenza di modelli differenziati, a seconda del settore o della categoria. E del resto, tra i giuristi, è pacifico che la libertà sindacale comprende anche la libertà di contrattazione, la quale, a sua volta, contiene in sé la libertà di individuare metodi ed aree di contrattazione.
 
Tuttavia, scontata la storicità e l’eventuale diversità dei modelli, mi pare che due livelli di contrattazione siano comunque sempre necessari, in quanto nella struttura dei rapporti di lavoro si ritrovano sia situazioni comuni a tutti i rapporti di lavoro (da regolare con il contratto nazionale), sia situazioni peculiari, che dipendono dalle concrete modalità organizzative e produttive (da regolare con il contratto aziendale). Infine, non si può trascurare che, sul piano tecnico-giuridico, il contratto nazionale è indispensabile quando ad esso facciano espresso rinvio norme di leggi statali (e il caso non è infrequente).
 
Quali scopi può ancora mantenere, comunque, il contratto nazionale di lavoro?
 
La risposta a questa domanda viene facilitata da quanto ho appena detto, rispondendo alla prima. Il contratto nazionale ha la funzione di garantire minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori di una determinata categoria. In questo senso, è ineliminabile se non si vogliono creare gravi disuguaglianze sociali, lesive degli interessi non solo dei lavoratori, ma anche degli imprenditori, visto che le disparità di trattamento dei lavoratori turbano la normale concorrenza sui mercati. Aggiungerei che, proprio nel momento in cui, in materia di "tutela e sicurezza del lavoro", c’è la competenza concorrente dello Stato e della Regione, occorre maggiore vigilanza a livello nazionale per fronteggiare, in sede sindacale, possibili differenze tra leggi regionali. Insomma, non si può escludere che il contratto nazionale serva, oggi, anche a correggere disuguaglianze dovute alla nuova articolazione legislativa d’alcune tutele.
 
Un possibile rafforzamento della contrattazione integrativa, ad esempio per quanto riguarda il sistema delle qualifiche e degli orari, può implicare, ad ogni modo, un superamento del contratto nazionale di lavoro?
 
La contrattazione integrativa ha, da sempre, la funzione, appunto, di integrare la contrattazione nazionale, regolando istituti e condizioni di lavoro legate alla realtà locale o aziendale (come l’attuazione del sistema delle qualifiche, gli orari e i turni di lavoro, la retribuzione incentivante, i premi di produttività, etc.). Non mi pare, quindi, che, anche se rafforzata, possa determinare il superamento del contratto nazionale. Il problema, se mai, è quello di rispettare i confini di competenza, diciamo così, tra l’uno e l’altro livello contrattuale, attraverso un meccanismo di rinvii chiari e precisi, da aggiornare, se necessario, a seconda delle esigenze di regolazione.
 
Un ridimensionamento del contratto nazionale rischia in ogni modo di portare anche al ridimensionamento, come è avvenuto in altri paesi (vedi le esperienze in Germania e Usa) del sindacato nazionale di categoria?
 
Questo rischio esiste, ma non mi pare incombente, perché il sindacato nazionale di categoria ha un ruolo storico assai rilevante nella tradizione sindacale italiana. Non per nulla esso ha costituito, insieme al confederalismo, un’espressione alta dell’aggregazione degli interessi collettivi, direi anche dal punto di vista socio-antropologico (come dimenticare testimonianze di reciproca solidarietà, comprensione e cooperazione che, stando nello stesso sindacato, hanno dato e danno i lavoratori del Piemonte e della Campania, del Veneto e della Sicilia?). Se poi ci mettiamo nella prospettiva dell’integrazione europea, il sindacato nazionale, quand’anche perdesse qualche “competenza” contrattuale, servirebbe comunque a rappresentare i lavoratori italiani nel contesto comunitario (anche in sede di eventuale contrattazione europea). In definitiva, una struttura forte di rappresentanza degli interessi di categoria, sul piano nazionale, mi pare tuttora necessaria.
 
Quale rapporto ci dovrebbe essere tra contratto nazionale e le tante forme di lavoro temporaneo (interinali, collaboratori, etc.)?
 
Penso che proprio nel contratto nazionale vadano previste apposite clausole adatte alle varie forme di lavoro temporaneo, le quali, come sappiamo, variano da settore a settore e da categoria a categoria. Sarebbe però auspicabile che i problemi comuni dei nuovi lavoratori delle diverse categorie fossero affrontati a livello interconfederale. Poiché non si può escludere che la varietà e la diffusione diversificata dei nuovi lavori portino ad aggregazioni localistiche e ad aggregazioni di mestiere, non sarebbe male che si tentasse di prevedere, ove possibile, discipline comuni, onde evitare quelle disuguaglianze che, per loro natura, vanno sempre contro gli interessi dei lavoratori.
Martedì, 29. Gennaio 2002
 

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