La riforma della contrattazione/4: Giorgio Caprioli (Fim Cisl)

'Il modello italiano è il più avanzato, occorrono però forme di nuovo tipo in grado di interessare le piccole aziende'
L'inchiesta di EL sulle prospettive di una possibile riforma della contrattazione prosegue con Giorgio Caprioli, segretario generale dei metalmeccanici della Cisl. Anche a lui rivolgiamo le stesse domande a cui hanno già risposto Bruno Trentin, Giorgio Santini e Franco Lotito.
 
Caprioli, vale ancora il famoso accordo del 1993?
 
Credo che resti ancora il miglior modello contrattuale del mondo, se guardo a come gli altri Paesi stanno discutendo. Quelli che hanno solo il livello di contrattazione aziendale ci spiegano, nel dibattito internazionale, che stanno tentando di costruire degli elementi di contrattazione nazionale. Altri, come la Germania, che hanno, di fatto, solo il contratto nazionale, stanno discutendo di ottenere anche quello aziendale. Quindi, secondo me, l’Italia rappresenta, in questo campo, il punto più avanzato.
 
Non c’è proprio nulla da correggere?
 
Esistono, naturalmente, degli scompensi che vanno eliminati, riconfermando, in ogni caso, il doppio livello. Il primo scompenso deriva dal fatto che il secondo livello non è generalizzato in nessun settore e quindi c’è una parte molto importante di lavoratori che non è coperta e questo, tra l’altro, apre spazi ad erogazioni unilaterali da parte delle aziende.
 
Uno scompenso al quale si può ovviare, inventando un altro modello?
 
No, si tratta di introdurre forme di contrattazione decentrata in grado di interessare le piccole aziende. Quindi forme territoriali come scelta complementare, non sostituiva della contrattazione aziendale. Un altro scompenso deriva dal fatto che la definizione dei confini tra il primo e il secondo livello non è del tutto precisa e ci sono argomenti che tradizionalmente sono sempre appartenuti al primo livello, come l’inquadramento. Invece, secondo me, vanno in parte spostati nella contrattazione decentrata.
 
Quale ruolo può continuare ad avere il contratto nazionale, dopo aver superato tali scompensi? Come rispondi a chi accusa sempre la Cisl di volere, in sostanza, la fine di questo livello?
 
E’ un’accusa che gira da molto tempo, ma che considero largamente infondata, rispetto ai termini in cui si svolge la discussione nella Cisl su questi temi. Dal Congresso in poi, in altre parole dallo scorso anno, abbiamo riconfermato che il contratto nazionale è uno strumento ineliminabile. E’ fondamentale perché riguarda tutti. Serve, per prima cosa, a dare diritti omogenei per tutti i lavoratori, a promuovere grandi riforme nelle tematiche contrattuali. Faccio due esempi: le grandi riforme dell’orario di lavoro le abbiamo fatte con il contratto nazionale e la grande riforma dell’inquadramento, perlomeno noi della Fim Cisl penseremmo di farla in questo contratto. Sono punti di cambiamento che si riescono ad affrontare in modo pionieristico in qualche vertenza aziendale, ma se li vuoi generalizzare e mettere a punto bene, non puoi che farlo con il contratto nazionale. Nello stesso tempo occorre rafforzare, nel senso di estendere, la contrattazione decentrata, trovando forme che riescano a interessare tutti i lavoratori, anche perché alcuni argomenti vanno affrontati e gestiti, poi, più a livello decentrato che nazionale. Com’è il caso, appunto dell’inquadramento. Anche sull’orario di lavoro sarebbe necessario avere garanzie fondamentali nel contratto nazionale, capendo che poi, ad esempio, è assai complicato fare a livello nazionale la gestione della flessibilità degli orari.
 
Quale potrebbe essere il rapporto tra una nuova contrattazione e le forme di lavoro nuove e atipiche?
 
Il contratto dei metalmeccanici prevede già, per queste forme, una serie di diritti di conoscenza e di informazione che per la verità magari sono poco utilizzati. Occorre conquistare, anche qui, un quadro di norme che poi a livello aziendale vanno applicate e fatte rispettare. Il contratto nazionale dovrebbe poi cominciare a preoccuparsi di quali sono le vie migliori per trasformare più sicuramente questi rapporti di lavoro in rapporti più stabili.
 
Una volta superata la stagione contrattuale in corso, con tutte le incognite date anche dalle divisioni sulle piattaforme, sarà possibile giungere ad una sintesi unitaria sul modello contrattuale?
 
Io sono, come segretario dei metalmeccanici della Cisl, nel punto più difficile della situazione sindacale. Eravamo la punta più avanzata del processo unitario ed ora stiamo come stiamo. Mi pare in ogni modo che a livello confederale e anche in diverse altre categorie esistano le condizioni per fare una discussione seria e poi presentarci uniti davanti alle controparti. Non mi sembra che le distanze di merito siano grandi, sgombrato l’equivoco secondo il quale noi vorremmo distruggere il contratto nazionale. La stessa Cgil sostiene, ad esempio, che rappresenta un problema la scarsa estensione del secondo livello…
Lunedì, 16. Dicembre 2002
 

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