La Corte di Giustizia in seguito ad un ricorso della Commissione europea ha sentenziato che mantenendo in vigore una normativa in forza della quale i dipendenti pubblici hanno diritto a percepire la pensione di vecchiaia a età diverse a seconda che siano uomini o donne,
Si può discutere che il regime pensionistico Inpdap sia un regime professionale e non legale soprattutto dopo il processo di parificazione in corso tra pubblici e privati, ma questa è una linea adottata nei confronti di tutti i paesi.
Il dispositivo della sentenza, tuttavia, esclude che possa essere estesa anche al settore privato data la riaffermata valenza generale del regime pensionistico in questo settore. Diversamente da quanto affermato, quindi, non solo la sentenza ha valore solo nel settore pubblico, ma analoghi ricorsi contro la differenza nelletà di pensionamento di vecchiaia nel regime Inps sarebbero non accolti dalla Corte.
E evidente, tuttavia, come la sentenza ponga un problema politico generale, dato che una differenza nelletà di pensionamento delle donne tra pubblico e privato sarebbe poco giustificabile.
Il ministro Brunetta e altri politici e commentatori hanno sostenuto, in relazione alla sentenza, che le donne, in primis le lavoratrici statali, sono discriminate nelle pensioni più basse legate alla più bassa età di pensionamento.
Ma la possibilità per le donne di andare in pensione dopo i 60 anni non è limitata solo alle lavoratrici dello Stato per effetto del loro ordinamento. Questa possibilità è goduta anche dalle lavoratrici private e da quelle pubbliche della Sanità e degli Enti locali in base alla legge 903/1977 (legge di parità di trattamento tra uomini e donne) che stabilisce che le lavoratrici in possesso dei limiti di età per la pensione di vecchiaia possono scegliere di continuare il rapporto di lavoro fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini (quindi fino a 65 anni). Lobbligo previsto dalla legge di comunicare al datore di lavoro lintenzione di proseguire il rapporto di lavoro al meno 3 mesi prima del raggiungimento delletà pensionabile è stato dichiarato incostituzionale (sentenza 498/1988), pertanto tutte le lavoratrici possono continuare a lavorare anche dopo il raggiungimento dei 60 anni di età.
In sintesi, le donne che oggi vogliono proseguire nel lavoro oltre i 60 anni lo possono fare, il punto vero è se lo vogliono o se, specie nel privato, gli è consentito di farlo dalle imprese. Se si esaminano tutte le norme pensionistiche, le donne non appaiono discriminate, ma bensì godono di vantaggi. Nel sistema retributivo possono arrivare fino ai 65 anni, ma possono scegliere di andare in pensione di vecchiaia al compimento dei 60 anni, mentre per gli uomini lanticipo rispetto ai 65 anni è possibile solo in presenza di una contribuzione minima di 35 anni. Nel sistema contributivo gli uomini possono andare in pensione solo a 65 anni, con la possibilità di anticipare a regime a 63 solo con almeno 35 anni di contribuzione. Per le donne vi è la possibilità di andare in pensione a partire dai 60 anni, ma hanno la possibilità di continuare fino a 65. Nel sistema contributivo, inoltre, i coefficienti di trasformazione non rispecchiano la speranza di vita di uomini e donne, ma sono una media ponderata che favorisce le donne e svantaggia gli uomini.
Il ministro Brunetta farebbe allora meglio ad occuparsi delle norme relative alle retribuzioni e alle carriere delle donne, delle situazioni relative alle dimissioni forzate nel settore privato nel caso di gravidanza, ecc.. Potrebbe occuparsi di trovare le risorse per estendere il periodo e la percentuale di retribuzione nelle aspettative per maternità e per esigenze familiari e trovare le risorse per aumentare il numero di posti negli asili nido e diminuirne i costi.
Letà pensionabile delle donne non è un tabù. Nel sistema contributivo unetà precoce di pensionamento si sconta duramente sullimporto della pensione, ma non si può ignorare che per una larga parte delle donne il pensionamento precoce è imposto da condizioni familiari e dalla mancanza di adeguate tutele sociali. Si intervenga su questo e si discuta poi delletà pensionabile.
In ogni caso la drammaticità della situazione economica non pone certo in primo piano il problema pensionistico. In una situazione in cui è il lavoro di molte donne (oltre a quello di molti uomini) ad essere messo in pericolo e in cui si manifesta tutta la carenza del nostro sistema di ammortizzatori, di tante cose si può discutere salvo che di aumentare letà pensionistica delle donne.