Per la monnezza nessuno è innocente

Breve storia degli errori, bugie e falsificazioni che hanno reso quello dei rifiuti in Campania un problema abnorme. Dopo 16 anni siamo ancora al punto di partenza, anzi, molto peggio. Eppure, se si smette il gioco al massacro, una via d’uscita si può individuare

Un frullato di errori, superficialità, bugie, e poi vere e proprie falsificazioni, imbrogli, affari illeciti, e infine spregiudicate speculazioni politiche e pesanti interferenze della camorra: è difficile districarsi nel magma dei rifiuti. Ma poiché, come dice Totò, è la somma che fa il totale, la prima sintesi e inconfutabile verità è che, sulla vicenda rifiuti in Campania, non ci sono innocenti in giro, anche se le responsabilità non si possono dividere in parti uguali

Gli errori di Bassolino non possono coprire e assolvere tutti. Ci sono gravi collusioni tra camorra e politica (sempre denunciate ma poco ascoltate), e ci sono mercanti di voti cercati nei cumuli di mondezza. Non c’è stato il controllo degli organi preposti (polizia, autorità sanitarie, enti locali ecc.), forte invece la ricerca della spettacolarizzazione mediatica sostenuta dalle proteste indistinte e generalizzate dei cittadini, fomentate anche dai distributori di panico a basso costo. Per non dire poi della pontificazione degli eterni intellettuali “super partes”, che, non avendo la responsabilità di dover prendere decisioni difficili, fanno come il clero, benedicente una volta i pro e una i contro. Molti dovrebbero sentirsi obbligati a meditare.

Proviamo a ricostruire l’ingarbugliata vicenda da un suo significativo inizio. Nel 1997 viene redatto, in applicazione della legge voluta dall'allora ministro Ronchi, un progetto della Giunta regionale di centrodestra guidata da Antonio Rastrelli, anche Commissario di governo per la gestione dei rifiuti in Campania. Il progetto prevede la costruzione di 7 impianti CDR (combustibile da rifiuti), 3 inceneritori e la raccolta differenziata al 50%.

Rastrelli è costretto alle dimissioni a metà del suo mandato per una irreversibile crisi del centrodestra. Gli succede Losco e poi Bassolino a cui toccherà, anche come Commissario straordinario, attuare il progetto, firmando, dopo una discussa aggiudicazione, il contratto con la società Impregilo, a seguito di una gara tutta gestita dalla giunta regionale di centrodestra.

Mentre si costruiscono gli impianti CDR, con una scelta a dir poco avventata si chiudono le discariche, che tutti riconoscono essere molto esposte alla penetrazione della camorra: si vuole dimostrare la vittoria della legalità contro l’inquinamento della delinquenza organizzata nella gestione delle discariche. Ci si accorge invece di essere stati molto superficiali nel prevedere la rapida realizzazione dei 3 inceneritori che dovevano chiudere il ciclo integrato dei rifiuti bruciando il prodotto degli impianti CDR. Bassolino si imbatte in una opposizione politica e sociale che non aveva previsto o che pensava di poter governare. Avvia così una lunga e paziente opera di persuasione, non potendo rompere con gli alleati che sostengono la sua giunta (Verdi, Rifondazione e Comunisti italiani) e non volendo usare la forza contro il blocco sociale che si oppone alla costruzione degli inceneritori. Nella lotta si distinguono le associazioni ambientaliste, la destra all’opposizione, e la Chiesa locale, sempre in prima fila nelle combattive manifestazioni per impedire l’avvio dei lavori dell’impianto di Acerra. Gli altri impianti previsti dal progetto a Salerno e a Caserta (S. Maria La Fossa), restano, invece, sulla carta.

Il collasso del sistema è inevitabile. Gli impianti CDR, tra l'altro costruiti male, non sono in grado di produrre combustibile da rifiuti a norma, non ci sono gli inceneritori, e non ci sono più le discariche per conferire il tal-quale (sacchetti di spazzatura non trattata). Si ripiega quindi sulle “eco balle”, (spazzatura imballata da teli di plastica). Mentre la magistratura comincia a perseguire i responsabili degli errori, le ingombranti eco balle si ammassano in apposite aree di parcheggio soprattutto a Taverna del Re a Giugliano, ma anche molti altri siti disseminati nella provincia di Napoli sono invasi da spazzatura imballata, la cui quantità è oggi stimata tra i sei e nove milioni di eco balle. Con la saturazione di questi siti scoppiano le prime crisi (2001/2003).

L’insostenibile condizione igienico sanitaria determinata dai crescenti cumuli di spazzatura per le strade della città e i conseguenti problemi di ordine pubblico che si vengono a determinare, costringono coralmente le autorità a porre fine all’eterno dibattito sui pro e i contro all’impianto di Acerra. Nel 2004, in una drammatica domenica di fine agosto, la polizia irrompe nel sito individuato ad Acerra per la costruzione del termovalorizzatore, occupato dai manifestanti, e, dopo violenti scontri con feriti ed arresti, lo libera. Il costoso presidio permanente delle forze dell'ordine consente l’avvio dei lavori.

Arriveranno poi le crisi del 2004/2006, con frequenti intoppi ai malandati impianti quasi sempre coincidenti con le scadenze elettorali. Si può ipotizzare che, sulla inconfutabile fragilità del sistema, si inserisca una regia delle emergenze ad orologeria che tornerà comoda anche alla camorra, perché il fiume delle risorse comincia a scorrere. Infatti le indagini della magistratura fanno emergere un governo della gestione rifiuti, nelle sue diverse articolazioni, condizionato da forti inquinamenti camorristici.

La crescente ricerca di ulteriori spazi per stipare le ecoballe si fa sempre più difficile, con conseguenze sempre più gravi, compreso il blocco della differenziata che nel frattempo era significativamente cresciuta. Nel contempo un contenzioso giudiziario determina il fermo dei lavori di Acerra, ulteriore causa di ritardi nella sua realizzazione.

I nuovi commissari subentrati a Bassolino (prima Catenacci poi Bertolaso e Pansa ) provano ad allocare i rifiuti di Napoli in discariche regionali (Salerno, Avellino e Benevento), dove il rapporto tra densità abitativa e territorio non è quello critico di Napoli. Le sollevazioni popolari guidate dai sindaci con la fascia tricolore rappresentano un delirio di “antinapoletanismo” che punta anche a sconfiggere il “napolicentrismo” Bassoliniano: ma Napoli è vittima di questa situazione essendo espropriata di ogni potere dal commissariato.

Nel 2007/2008 la crisi raggiunge livelli drammatici. Con gli scontri violenti di Pianura si tenta di evitare la riapertura di una discarica che per oltre 40 anni aveva accolto indistintamente i rifiuti di Napoli, della regione e, con le solite complicità, anche quelli tossici provenienti dal Nord. Tonnellate di rifiuti assediano Napoli quando irrompe sulla scena Berlusconi “super star” che si gioca la drammatica vicenda dei rifiuti sul mercato elettorale. Bassolino capro-espiatorio fa comodo a tutti essendo resistente alla rottamazione politica. Berlusconi cavalca la crisi alla grande. Nel 2008, vinte le elezioni anche sulla monnezza napoletana, dichiara lo stato di emergenza, rispedisce in Campania il “miracoloso” Bertolaso, impone l’apertura delle discariche di Chiaiano, nel parco delle colline dei Camaldoli a ridosso del polo ospedaliero, e quella di Terzigno nel parco del Vesuvio. Ci riesce dichiarando per legge le due aree, più una successiva mega discarica sempre a Terzigno, zone di interesse militare e affidando agli stessi militari la gestione dei siti. Assicura inoltre la costruzione di quattro nuovi termovalorizzatori. Viene a Napoli più volte con delle sceneggiate ben organizzate, promettendo il “miracolo della monnezza”. Assicura compensazioni per milioni di euro, ma non ne arriverà neanche uno, mentre non mancherà la repressione dura con feriti e arresti, e la creazione di un clima che convincerà tutti a desistere dal manifestare.

Da questo momento tutto viene assoggettato a ritmi, tempi, necessità e ordinanze del commissariato per l’emergenza, che gestirà la ripulita con mezzi e risorse economiche che non è dato sapere. E’ certo però che le regioni del nord e i leghisti, che avevano negato a Bassolino e Iervolino l’invio nei loro impianti, accolgono con gli “onori militari” i rifiuti mandati da B&B, la coppia dei salvatori di Napoli.

Intanto il termovalorizzatore di Acerra, finalmente dissequestrato, viene rattoppato alla meglio e, con un collaudo “secretato”, viene inaugurato a Marzo del 2009, tra musiche trionfali e una scenografia hollywoodiana. E’ il classico colpo di teatro che a Berlusconi piace.

Il resto è storia recente. L'impianto di Acerra, bello e imponente, affidato alla gestione dei bresciani della A2A, si dimostra subito obsoleto. Ben lontano dall'andare a regime, dal giorno della sua pomposa inaugurazione funziona a singhiozzo, mostrando tutti i suoi problemi.

Il 1 gennaio del 2010 per legge i poteri passano alle Provincie e viene dichiarata solennemente una fasulla fine dell’emergenza. Le amministrazioni regionali e provinciali possono operare autonomamente. La norma, fortemente osteggiata dai sindaci e dall'ANCI, si rivela debole e azzardata. Infatti, i limiti dell'impianto di Acerra e la rivolta popolare di Terzigno, scoppiata con l'inizio dei lavori del secondo invaso, determina l'attuale ulteriore crisi, anche se il pretesto è dato dai conferimenti nella discarica di Cava Sari di frazioni di umido particolarmente maleodoranti, che procurano una accentuazione del grave disagio che subiscono le popolazioni dell’area vesuviana. Ad aggravare ulteriormente la situazione è bastato, nel pieno di questa crisi, la sconcertante decisione di affidare l’ufficio flussi, quello che indica ai comuni dove scaricare i rifiuti, che era gestito dai militari, alla Regione. Qui si misurano tutti i limiti di Regione e Provincia, i nuovi attori cui spetta la responsabilità della gestione dei rifiuti, oramai governati dalla “nuova”classe dirigente di centro-destra. Ad oggi non hanno ancora organizzato gli uffici competenti regionali e provinciali dove si programma il ciclo, si decidono i flussi e si controllano impianti e attività. Il caos è totale e non si capisce chi decide che cosa.

Per nascondere il fallimento del proprio “miracolo” Berlusconi, che ormai su questo e su molto altro ha perso i freni inibitori, scarica le responsabilità sul sindaco di Napoli, solo perché è l’ultimo bersaglio da abbattere dopo la sconfitta del centro sinistra alle provinciali e alle regionali e l'uscita di scena di Bassolino. Il presidente del Consiglio si scatena contro la Iervolino e rimanda a Napoli il fido Bertolaso, che non ha più lo smalto dei tempi migliori e si limita a fare proclami in coro con Berlusconi, cadenzando prima in dieci e poi in tre giorni il ritorno alla normalità prima di “fuggire” senza aver risolto assolutamente nulla. Ma anche lontano da Napoli continua a suggerire al suo capo attacchi risibili, considerato che la legge, da loro stessi prodotta, affida al Comune di Napoli la responsabilità della sola raccolta.

La città dunque, resta, ad oggi, piena di rifiuti perché nessuno sa indicare dove portare l’immondizia dopo averla raccolta . Questo compito è affidato alla partecipata Asia (azienda per l'igiene urbana), che è stata costretta dalla Regione a scaricare a Terzigno, nel pieno della rivolta, con il conseguente incendio di sette compattatori e il danneggiamento di molti altri, con un danno economico pesante.

L’altro punto di attacco è sulla differenziata. A Napoli è stata realizzata la raccolta “porta a porta” in quattro municipalità, coinvolgendo circa 150.000 abitanti, raggiungendo il 19% di risultato, con un sacrificio economico al limite della sopportazione. (Roma è al 20%, Palermo al 5%). Tutti sono consapevoli che si può e si deve fare di più; ma non bisogna dimenticare che la politica del governo ha portato allo strangolamento economico degli enti locali. La differenziata si fa con i soldi, perché è una operazione costosa in generale e lo è ancora di più per le particolari caratteristiche, non solo urbanistiche, della città di Napoli: forte densità abitativa e difficile conformazione delle strade.

E dunque: che fare per chiudere definitivamente questa triste vicenda e tornare ad essere una regione e una città normale? Il punto di partenza è innanzitutto avere la consapevolezza che ci portiamo sulle spalle 16 pesanti anni di sconfitte, ma se finisce il gioco al massacro del rimpallo delle responsabilità e si crea uno spirito di leale collaborazione, si può ipotizzare di cambiare la pessima legge vigente per:

  • restituire alle Regioni i compiti di programmazione, in modo che i flussi diventino regionali e si possa operare su un miglior rapporto tra densità abitativa e espansione territoriale.

  • affidare alle Provincie la responsabilità di controllo, fondamentale per ricostruire il rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini, oggi del tutto compromesso.

  • dare ai Comuni le competenze della gestione dei rifiuti che comprendono la raccolta, lo spazzamento, la differenziata e la costituzione delle isole ecologiche nei punti strategici della città.

  • finanziare con risorse certe e significative i Comuni per farli decollare verso una raccolta differenziata di qualità, che preveda azioni promozionali e un sistema di tariffe premiali.

  • prevedere una efficace politica di riduzione alla fonte di imballaggi, plastica,vetro.

  • promuovere politiche pubbliche di sviluppo delle materie prime riciclabili.

    Sul versante impiantistico:

  • realizzare moderni impianti di compostaggio compatibili per quantità e grandezza con le realtà territoriali. Tali impianti possono rendere residuali sia gli inceneritori, che sono a valle di questo processo, sia le discariche, che diventerebbero strumenti per scarti delle attività impiantistiche sopra esposte, adeguandosi così alla normativa comunitaria che non prevede il deposito dei rifiuti urbani.

    Per la tristezza di questa storia, per i danni procurati e per la delicatezza della materia, non possono essere fatti ulteriori errori. Altro che miracoli, siamo seri.

  • Lunedì, 8. Novembre 2010
     

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