La Grande Coalizione vista dai tedeschi

I commenti e le analisi dei più importanti organi di stampa sugli equilibri nel governo e ciò che potrà accadere in futuro. La Merkel cancelliere dimezzato. La linea dei sindacati
Fatto l'accordo di massima tra i due grandi partiti popolari tedeschi - la Cdu-Csu (democristiani) e la Spd (socialdemocratici) - per mettere insieme una "Grande Coalizione", è cominciato il difficile cammino che dovrà concludersi a metà novembre con l'approvazione dell'assetto governativo e del programma. Può essere dunque interessante cercare di capire come stanno le cose ai nastri di partenza. Diamo allora un'occhiata a quello che scrivono i principali quotidiani tedeschi, ricavandone alcuni rapidi flash. Abbiamo scorso le pagine di "Frankfurter Allgemeine Zeitung" (FAZ), "Frankfurter Rundschau" (FR), "Süddeutsche Zeitung" (SZ), "Die Welt" e dei due quotidiani economici "Handelsblatt" (HB) e Financial Times Deutschland (FTD) nei giorni 11 e 12 ottobre.
 
La distribuzione dei ministeri
Cdu-Csu e Spd si divideranno in parti eguali i ministeri: otto per parte. Ai socialdemocratici, se nulla cambia nel corso della trattativa, toccheranno: esteri, lavoro e politiche sociali, finanze, trasporti e politica della casa, ambiente, sanità, coesione sociale e sviluppo, giustizia. In genere l'attenzione dei giornali è attratta dalla "qualità strategica", ai fini delle future riforme, di alcuni dei ministeri attribuiti alla Spd, in particolare finanze e lavoro. In pratica - questo è il commento più diffuso - sarà la grande coalizione, sempre che riesca a partire, a portare avanti le riforme avviate dal governo "rosso-verde" di Schröder, soprattutto in tema di mercato del lavoro e di welfare.

Quasi sconsolata, la liberal-conservatrice FAZ (11 ottobre), prende atto che "il cancellierato di Angela Merkel costerà caro all'Unione (i partiti democristiani, ndr). Nel gioco di dare e avere in vista del potere, essa rinuncia proprio ai dicasteri decisivi per il futuro economico del Paese. I grandi compiti di riforma rimangono nelle mani di coloro che non sono riusciti ad assolverli nei sette anni precedenti". Malgrado i passati fallimenti, "la Spd nella grande coalizione sarà responsabile non solo delle finanze, ma anche delle politiche sociali e del mercato del lavoro: giusto i campi nei quali si decide quale grado di libertà la politica consentirà all'economia e ai cittadini".

Sulla stessa lunghezza d'onda il quotidiano economico HB (12 ottobre), che registra il malumore degli ambienti imprenditoriali: "Gli imprenditori, che prima delle elezioni avevano sperato in un governo nero-giallo (democristiani e liberali, ndr), ora vedono con disagio come l'Unione, nei contatti avviati con la Spd, si sia allontanata dalle posizioni originarie in campi di importanza centrale. Così, ad esempio, l'Unione aveva dichiarato prima delle elezioni la volontà di favorire la possibilità di accordi in deroga al contratto di categoria tra le imprese e i consigli di azienda. Ora invece la Merkel annuncia che il sistema di autonomia contrattuale, così com'è, non verrà toccato".

Anche nella Cdu-Csu serpeggiano malumori, e alcuni politici hanno espressamente dichiarato (FTD, 12 ottobre) che "è stato un errore rinunciare al ministero delle finanze, un dicastero chiave per la realizzazione delle riforme propugnate dall'Unione". Altri hanno manifestato sorpresa che Stoiber (al quale andrà il ministero dell'economia, ma privato della competenza sul lavoro, vedi più sotto), si sia accontentato di questa soluzione, oltre tutto da lui stesso proposta: "senza la competenza sul lavoro e senza avere controllo sul dicastero dei trasporti, quello dell'economia è tutt'altro che un superministero".
 
Qualche lamentela, in verità, si ode pure dal lato della Spd: ad esempio, la FR (11 ottobre) registra il protrarsi di malumori per la rinuncia a un "dicastero del futuro" quale il ministero della famiglia, della scuola e della ricerca, tre campi per i quali l'Unione non avrebbe manifestato particolari competenze.

Infine va registrata l'opinione un po' controcorrente della SZ (11 ottobre), che considera anche i rischi che corre la Spd assumendo la responsabilità di dicasteri sicuramente strategici per le riforme, ma anche pericolosi perché più esposti di altri alla perdita di consenso tra gli elettori, per le eventuali (inevitabili) misure impopolari che da essi dovranno prendere.
 
Resurrezione del ministero del lavoro
Un fatto politicamente rilevante è il ritorno in vita, come dicastero autonomo, del ministero del lavoro, che nel secondo gabinetto Schröder era stato assorbito nell'ambito del "superministero" dell'economia affidato al socialdemocratico di destra Wolfgang Clement, bersaglio privilegiato dell'ostilità dei sindacati.

Questa fusione di ministeri non fu cambiamento innocuo, tutt'altro. Come scrive la FAZ (11 ottobre), essa "celava la speranza di introdurre così più competenza economica e più efficienza nel mercato del lavoro e di far capire che i posti di lavoro vengono creati dall'economia e non dalla burocrazia sociale. La fusione - accolta con ostilità dai sindacati, che concepivano il ministero del lavoro come una sorta di loro agente presso il governo - avrebbe dovuto spezzare sul nascere la resistenza della lobby dei lavoratori. Finora nessun cancelliere aveva inferto un colpo così duro al potere del sindacato. E questo atto di coraggio ebbe espressione visibile, anche se dapprima esclusivamente simbolica, nella scelta del nome: ministero federale dell'economia del lavoro, e non in ordine inverso".

Si capisce, allora, la forte opposizione alla fusione che, senza successo, manifestò Walter Riester, ministro del lavoro nel primo gabinetto Schröder (proveniente dal sindacato, e precisamente dalla IG Metall di cui era stato autorevolissimo numero due). Ora Riester - scrive ancora la FAZ - può celebrare una rivincita postuma, con il ritorno in mano Spd di un ministero chiave per la politica di riforme (ma non sarà lui e nemmeno Clement, ovviamente, ad assumerne la titolarità: il candidato più probabile dovrebbe essere l'ex ministro presidente del Land Nordrhein-Westfalen Peer Steinbruck).
 
Il cancelliere dimezzato
Sulle pagine di tutti i giornali è in evidenza anche la questione, di non poco conto, del ruolo del cancelliere in una coalizione retta da due forze equivalenti. La Costituzione tedesca garantisce al Cancelliere una "competenza di indirizzo" ("il cancelliere definisce le linee di indirizzo della politica e ne porta la responsabilità"). Senza negarla in via di principio, qualche politico Spd ha fatto notare che in una siffatta coalizione quella prerogativa viene di fatto notevolmente limitata, se non resa del tutto astratta.

Più chiaro di tutti è stato il segretario generale Spd Klaus Uwe Benneter, il quale ha ammonito la Merkel "di non azzardarsi, come cancelliere di una grande coalizione, a prnedere delle decisioni non prima concordate con i partner. La grande coalizione che stiamo cercando di costruire avrà successo solo sulla base di un comune sentire e operare. E chi rompe questa comunanza, ritenendo di dover prendere decisioni autonome, dà naturalmente disdetta alla coalizione stessa" (FR 11 ottobre).

Sorprendentemente (ma non troppo) lo stesso punto di vista è stato espresso, sia pure con più garbo, dal leader della Csu bavarese Edmund Stoiber, il quale ha dichiarato che la Merkel "come cancelliere di una grande coalizione ha una competenza di indirizzo limitata. Naturalmente il cancelliere porta una responsabilità peculiare, ma tutto deve essere deciso in comune". Altre voci dall'interno della Csu gli hanno fatto eco, mentre queste dichiarazioni hanno sollevato parecchi malumori all'interno della "sorella" Cdu.
 
Il futuro di Schröder. E della Spd
Come era da attendersi, si sprecano su tutti i giornali gli articoli e le supposizioni sulle ragioni della non partecipazione al governo ("non voglio restare in servizio sotto questa donna") e sul futuro di Schröder. Andrà in prepensionamento, consegnandosi alla storia? O si preparerà a una rentrée alla grande (magari una volta che la coalizione fallisca, e che si debba andare a nuove elezioni)? E poi, davvero si farà da parte?
Di sicuro si sa che parteciperà alle trattative per la definizione del gabinetto e del programma. Poi si vedrà. È interessante, al proposito, come la SZ (11 ottobre) considera il futuro di Schröder nel contesto della situazione nella quale si trovano attualmente i socialdemocratici.

Dal momento che si è deciso di andare a una grande coalizione guidata dalla Merkel - scrive la SZ - "i socialdemocratici, che dopo il 18 settembre si erano creduti perlomeno vincitori morali delle elezioni, si sono trovati di fronte al fatto che la Merkel, contro la quale hanno lottato così duramente, dovrà comunque governarci tutti". Ora, "in un simile governo, senza Schröder e malgrado i numerosi dicasteri ottenuti, le cose paiono non mettersi troppo brillantemente per la Spd". Il fatto è che "la Spd non ha giovani talenti, mentre i più anziani si sono logorati in due legislature. Se ci fosse un uomo o una donna per il futuro, avrebbe bell'e pronto a disposizione il ministero degli esteri, dove solo un cretino non riuscirebbe a rendersi popolare. Ma un tale uomo, o donna, non c'è".
 
È qui, allora, che "torna in gioco Schröder: l'unico che abbia ancora la forza, la popolarità e - grazie alla fulminante campagna elettorale - il consenso del partito per rendere più facile, se non proprio gradevole, il dover addentare l'aspra mela della coalizione". Ma se provasse a esercitare quest'azione "dalla condizione di prepensionato, la sua capacità di persuasione sarebbe notevolmente più debole". Schröder, fino alle ultime elezioni, non era riuscito a recuperare l'incondizionata disponibilità di tutto il suo partito a seguirlo. "Sorprendentemente, l'ha riconquistata dal 18 settembre. Se ora se ne va definitivamente, si consegna alla storia. Che poi la Spd nella grande coalizione riesca a costruire (senza Schröder, ndr) un buon futuro per le prossime elezioni, non è sicuro". Resta dunque aperto, da questo punto di vista, il problema di come utilizzare anche in futuro la "risorsa" Schröder per un partito privo - almeno per ora - di leader alternativi.
 
E l'opposizione?
Dell'opposizione - sia di destra (i liberali della Fdp) che di sinistra (i verdi e il partito di Lafontaine e Gysi) - poco o nulla si dice. Salvo qualche cenno ai liberali, i veri falchi della deregulation, che hanno deciso di opporsi al governo Merkel, una volta preso atto del "tradimento" degli intenti programmatici neoliberali e deregolativi proclamati in campagna elettorale. Non c'è da stupirsi: con un simile governo, l'opposizione avrà ben poca rilevanza.

Un editoriale della conservatrice "Die Welt" (11 ottobre) esprime tutto il suo scetticismo sulla capacità della grande coalizione di produrre riforme incisive all'altezza della situazione, perché "il processo politico soffrirà della mancanza di una opposizione vera e si aggroviglierà al centro. Dalle nostalgiche sinistre guidate da Lafontaine non c'è da attendersi nulla che sia orientato al futuro. Il ruolo importante di advocatus diaboli spetta alla Fdp, come forza coerente sul piano della politica economica".
 
Il sindacato
Infine, come la pensa il sindacato? La SZ (11 ottobre) pubblica una lunga intervista a Michael Sommer, presidente del Dgb, la Confederazione tedesca dei sindacati. Alla domanda iniziale se può convivere con la Merkel, Sommer risponde che i sindacati non possono scegliersi il governo, sono gli elettori a farlo. Dunque, tocca convivere anche con la Merkel. Certo, "la cosa migliore sarebbe stata se avesse avuto la maggioranza la coalizione rosso-verde, ma sappiamo che ciò non era probabile. Tuttavia, la coalizione nero-gialla ha ricevuto una bella lezione. In Germania la politica neoconservatrice non ha una maggioranza".

Secondo Sommer, l'Unione, nei colloqui con la Spd, ha fatto chiaramente marcia indietro rispetto alle posizioni antisindacali e fortemente neoliberali sostenute in campagna elettorale. Ciò ha influito positivamente anche sugli imprenditori i quali, "dopo aver creduto di poter realizzare i loro sogni da lacrime e sangue con una coalizione nero-gialla, ora sono tornati a posizioni più realistiche e cercano di recuperare un rapporto con noi".

Il presidente del Dgb dice anche di aver fatto bene a non impegnare esplicitamente il Dgb nell'orientare la scelta elettorale, pur avendo espresso le proprie rivendicazioni di politica economico-sociale. "È stato difficile, ma abbiamo tenuto duro e ci abbiamo guadagnato in credibilità". Sommer non ha mai nascosto di essere socialdemocratico, ma si deve sapere che "il presidente del Dgb è presidente di un sindacato unitario. A noi interessa  che in questo paese si vada avanti e che si creino nuovamente posti lavoro socialmente tutelati. E per questo abbiamo bisogno di maggioranze parlamentari". Ora, "la politica dei due grandi partiti popolari avrà successo se manterrà un equilibrio sociale". Se così non sarà, "noi eserciteremo la nostra critica. Ma se vedremo che il risanamento delle finanze dello Stato e della sicurezza sociale avviene in modo socialmente giusto, daremo il nostro appoggio. Agiremo in modo critico-costruttivo".

Nell'insieme, la posizione di Sommer è di moderata ma benevola attesa. Del resto, prima delle elezioni aveva cercato di interloquire con tutti i partiti, e aveva avuto un incontro anche con la Merkel. Questo incontro non era stato gradito da alcuni sindacati di categoria, in primo luogo i due maggiori (insieme, oltre 5 milioni di iscritti), IG Metall e Verdi (sigla che sta per sindacato unificato dei servizi), che tradizionalmente battono una strada spostata "più a sinistra", pur tenendo fede anch'essi al principio di non dare indicazioni elettorali.

Ma quello che pensano, l'hanno lasciato chiaramente intendere. Sia IG Metall che Verdi non hanno finora espresso valutazioni sulla grande coalizione, ma hanno tenuto a far notare, attraverso i propri organi di informazione, che il paese ha espresso una chiara maggioranza di sinistra, fatta di Spd più Verdi più Partito della sinistra. Si vuol dire forse che questa dovrebbe essere la coalizione più coerente con la volontà degli elettori? In ogni caso, scrive Jürgen Peters, presidente dell'IG Metall, sul mensile della sua organizzazione (ottobre 2005), "i sindacati non hanno dato consigli di votare questo o quel partito, ed era giusto. Nella campagna elettorale noi abbiamo posto dei temi. Il 18 settembre la maggioranza dei tedeschi ha votato per una politica favorevole ai lavoratori. Se mai si riuscirà a formare in Germania un governo, questo non potrà ignorare questa volontà degli elettori".
Sabato, 15. Ottobre 2005
 

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