La Fiat e le banche

La situazione finanziaria è gravissima, ma non irrimediabile. Ci sono alternative possibili: ecco quali

Il tema è estremamente complicato, perché si differenzia se lo si analizza dal punto di vista industriale o da quello finanziario. Dal punto di vista industriale, la crisi della Fiat Auto è talmente grave da poter trovare una soluzione solo se si modifica il tasso di crescita degli investimenti della ricerca e sviluppo, e dunque dell’innovazione per l’impresa Fiat. Accompagnando questo a una profonda riorganizzazione produttiva e forse, per rendere possibile tutto questo, anche al cambiamento degli attuali assetti proprietari della Fiat Auto. Il che probabilmente richiede un’aggregazione di altre imprese del settore.
Se quindi gli aspetti industriali sono così gravi, ci si potrebbe aspettare che altrettanto drammatici siano gli aspetti finanziari. Dal punto di vista finanziario la valutazione, più variegata e più complessa, invece non può essere così unidimensionale: per cercare di giustificare questa mia tesi, vorrei invitare a ragionare anche su un po’ di numeri, che ci permettono di affrontare il problema in modo concreto e circoscritto.

Partirei, anzitutto, da un dato: la situazione finanziaria della Fiat Spa. Bisogna operare un’attenta distinzione tra Fiat Auto, ossia la società che opera nel settore automobilistico, e Fiat Spa, cioè la holding generale che controlla vari rami di attività.
Perché, passando agli aspetti finanziari, faccio riferimento a Fiat Spa e non a Fiat Auto? Perché il grosso dell’indebitamento che la Fiat ha nei confronti del sistema bancario, fa riferimento alla Fiat Spa e non alla Fiat Auto.

Allora, se teniamo conto di questo – sebbene sia difficile trovare dei numeri credibili, poiché non vi sono cifre ufficiali su tutti gli aspetti del problema –, credo si possa dire che alla fine del settembre scorso la situazione finanziaria del gruppo Fiat, cioè della Fiat Spa, non era così pesante come potrebbe sembrare. I debiti finanziari lordi, ossia l’indebitamento complessivo della Fiat Spa, si aggiravano tra i 33 e i 34 miliardi di euro; a fronte di questo indebitamento, il gruppo Fiat vantava crediti finanziari di poco inferiori ai 23 miliardi di euro, e aveva una liquidità pari o un po’ inferiore ai 5 miliardi di euro.
Se mettiamo insieme queste cifre, emerge che l’indebitamento netto del gruppo Fiat è inferiore ai 6 miliardi di euro: una cifra certamente cospicua ma che, rapportata al patrimonio netto della holding, non è così drammatica.

Noi economisti, di solito, per valutare l’indebitamento di una società, facciamo questo rapporto: l’indebitamento netto, cioè l’indebitamento complessivo sottratti le attività liquide e i crediti finanziari, rapportato al patrimonio. Ebbene, queste cifre implicano che questo rapporto, per il gruppo Fiat, è inferiore al 50 per cento.
Qui bisogna, forse, correggere un po’ questa cifra. Per spiegarmi, sono costretto a entrare in dettagli tecnici, ma utili per il prosieguo della storia che vorrei raccontare.

I crediti finanziari della Fiat non sono tutti immediatamente liquidabili, perché ci sono dei crediti verso i consumatori che sono a basso rischio di insolvenza, cioè di non realizzabilità, ma ci sono anche dei crediti nei confronti dei fornitori, in particolare dei concessionari, che sono più problematici.
Facciamo allora un’ipotesi estremamente prudenziale, fondata non su un’analisi molto sofisticata ma su considerazioni di buonsenso, e supponiamo che l’8 per cento di questi crediti finanziari sia inesigibile, cioè si riveli un cattivo credito che non può essere realizzato dal gruppo Fiat. In questo caso, il rapporto tra indebitamento netto e patrimonio netto sale a circa il 60 per cento.

Mi rendo conto che, per i non addetti ai lavori, quando gli economisti danno dei numeri senza rapportarli a niente, questi sono difficili da apprezzare. Vediamo allora la situazione di questo rapporto per altre grandi o brillanti società italiane: per l’Enel è del 118 per cento, per Olivetti-Telecom questo rapporto è del 160, per Luxottica è del 100 per cento.
Questo piccolo numero, allora, ci dice che la situazione di Fiat Spa non è così drammatica: anche se teniamo conto che i crediti non saranno necessariamente tutti realizzati, il rapporto indebitamento netto su patrimonio netto è di molto inferiore a tante società.

Il problema, però, è che le altre società che ho ricordato hanno un’alta profittabilità: Enel e Olivetti-Telecom operano in mercati che, per usare un eufemismo, non sono perfettamente concorrenziali, mentre Luxottica è stata in un business particolarmente profittevole e ha ottenuto quote di mercato significative. Dal punto di vista strettamente finanziario, anche tenendo conto di questi aspetti, la situazione Fiat non sembrerebbe così drammatica.

Ma, se così è, neppure l’esposizione del sistema bancario sembrerebbe così drammatica, perché le banche, in particolare i quattro maggiori gruppi italiani (Banca Intesa, Unicredito italiano, San Paolo Imi e Capitalia), che detengono gran parte del credito verso Fiat Spa – e in particolare gran parte (circa il 75 per cento) dell’ultimo consistente credito che è stato fatto a Fiat, pari a tre miliardi di euro –, vantano questo credito non nei confronti di Fiat Auto ma nei confronti di Fiat Spa che, come abbiamo visto, ha indicatori finanziari abbastanza rassicuranti.

Dov’è allora il problema? A questo punto ragionevolmente si potrebbe dire: ma perché, anche dal punto di vista bancario e finanziario, la crisi Fiat è stata così tanto drammatizzata? Perché effettivamente un problema c’è e consiste – entro purtroppo in nuovi dettagli tecnici – nella modalità attraverso cui questi quattro grandi gruppi bancari, più altri gruppi italiani ed esteri (Bnl, Monte dei Paschi di Siena, Abm Ambro, Banque nationale de Paris, Paribas, ecc.), hanno concesso il finanziamento, questi tre miliardi di euro, a Fiat Spa. Si tratta di un finanziamento che potrà essere convertito in titoli azionari e che dà al sistema bancario creditore di Fiat Spa una serie di poteri di verifica dell’andamento del gruppo Fiat e di Fiat Auto.
In particolare, questo finanziamento è subordinato al fatto che Fiat Spa, quindi il gruppo Fiat, alla fine di quest’anno riduca il suo indebitamento netto a 3,6 miliardi di euro (quindi, da poco meno dei 6 miliardi che ricordavo prima, a 3,6 miliardi di euro), e che l’indebitamento lordo, cioè quello da cui non sono detratte la liquidità e i crediti, venga ridotto dagli attuali 33-34 miliardi a 23 miliardi di euro.

Qualora il gruppo Fiat non riesca a raggiungere queste cifre, il sistema bancario creditore, per il contratto che ha stipulato, ha il diritto di imporre alla Fiat la dismissione di altre attività profittevoli per rientrare in questi parametri. La Fiat avrà un lasso di tempo per poterlo fare, ma certamente questo potrebbe fortemente impoverire le attività della Fiat holding. Allora il problema sta proprio qui, nel fatto se Fiat Spa sarà in grado di ottenere questo risultato.

Anche in questo caso, i dati su cui ragionare sono molto complessi. È difficile stabilire se si arriverà a questo risultato; certamente Fiat ha già fatto dismissioni che hanno abbassato sia l’indebitamento lordo sia l’indebitamento netto. Attualmente si dice che non è arrivata così lontana, mediante la dismissione di una quota di Italenergia, dai 4 miliardi e mezzo di indebitamento netto e dai 28-30 miliardi di indebitamento lordo. È molto difficile, comunque, stabilire se queste cifre siano fondate.

Un’ipotesi ragionevole è che Fiat Auto riuscirà a rispettare questo parametro. Se rispettasse questo parametro, il contratto di indebitamento non presenterebbe particolari problemi e tutto potrebbe procedere normalmente, senza una dismissione forzata di altre attività. Certamente rimane un problema, e cioè il fatto che Fiat Auto continua a perdere moltissimi soldi, una perdita che naturalmente pesa e aggrava i bilanci anche di Fiat Spa.
Di qui la forte pressione – di cui si legge sui giornali – che le banche creditrici fanno perché, rispettando questi parametri, Fiat Spa dismetta Fiat Auto, o comunque trovi una soluzione alla struttura proprietaria di Fiat Auto che impedisca questa emorragia finanziaria dal complesso del gruppo Fiat, detentore della gran parte dei debiti nei confronti del sistema bancario.

C’è un elemento che andrebbe aggiunto a questo quadro. Noi sappiamo che un’impresa è solvibile, può far fronte ai suoi debiti, non solo se è in equilibrio nel medio e lungo periodo, ma anche se non ha vincoli di liquidità troppo drammatici, cioè se è in grado di far fronte alle sue difficoltà di breve termine.
Qui vediamo che questi vincoli diventano un poco più stringenti: in termini di liquidità il gruppo Fiat non sta malissimo, come ho ricordato prima: ha 5 miliardi di euro di liquidità e, attingendo a linee di credito aperte, potrebbe forse arrivare a circa 10 miliardi di euro; ma è anche vero che l’emorragia di Fiat Auto è pesante e soprattutto sono pesanti gli oneri finanziari. Su questo il dato è certo, è un bilancio pubblico del 2001. Gli oneri finanziari corrisposti da Fiat Spa per il 2001, in una situazione analoga a quella attuale, sono stati di poco inferiori a un miliardo di euro.

Di qui nasce il problema, perché richiederebbe un’analisi ben più articolata degli aspetti reali, degli aspetti di impresa, degli aspetti di settore della Fiat Auto. In altre parole, cosa fare di Fiat Auto. Posso solo aggiungere che la posizione del sistema bancario mi sembra abbastanza chiara: esercitare, quanto prima, l’opzione di vendita verso General Motors.
A questo punto occorre chiedersi – i dati che ho offerto credo ci consentano di fare qualche passo avanti nel ragionare su questo problema – se questa sia davvero l’unica alternativa possibile, oppure se non ve ne siano altre.

Martedì, 4. Marzo 2003
 

SOCIAL

 

CONTATTI