La fabbrica delle verità

Quello messo in piedi da Berlusconi è un meccanismo complesso di manipolazione dell’opinione pubblica. Il leader della destra ha capito che l’investimento in politica è il più redditizio e ora punta a una trasformazione istituzionale che concentri tutto il potere nelle sue mani. Il voto ha mostrato una crepa nel progetto, ma il centro sinistra non può più sbagliare

Il primo turno delle elezioni amministrative ci ha consegnato un centrosinistra in decisa ripresa e un centro destra (sia Pdl che Lega) sconfitto. Siamo ad un punto di svolta? Può darsi, dipenderà da ciò che si farà nei prossimi mesi. Saranno i più pericolosi, perché si gioca il fine partita. Berlusconi non è un vecchio democristiano capace di galleggiare innocuamente, glielo impedisce la  sua storia personale. S’apre dunque una fase al termine della quale potranno esserci solo due alternative: o il crollo del berlusconismo, o il raggiungimento dei suoi obiettivi politici. La “fabbrica delle verità”, opportunamente revisionata, continuerà ad operare. E il tentativo sarà ancora quello di dar vita ad un regime nel quale i poteri siano accentrati in una sola figura istituzionale. Ipotesi già sconfitte o troppo azzardate? Forse sì, ma anche forse no.

 

Tesi numero uno: Berlusconi ha posto in essere, per la manipolazione dell’informazione e il controllo della comunicazione, una vera e propria “fabbrica delle verità” che ha in un sistema informativo integrato il suo strumento operativo.

 

Per crederci non servono documenti, è sufficiente osservare le numerose  tracce che la “fabbrica delle verità” lascia ad ogni suo passaggio. Ragioniamo sulle quattro sezioni che lo compongono.

 

La “sezione strategia” è il cervello e il perno del progetto. Essa produce, raccoglie, elabora, analizza, interpreta e distribuisce le informazioni quotidiane necessarie al mondo berlusconiano per i suoi fabbisogni politici. Un apposito istituto di sondaggi verifica sistematicamente le opinioni degli elettori. I risultati di tali sondaggi, adeguatamente elaborati e revisionati, innervano le naturali attitudini del premier al populismo, che trova qui la sua linfa vitale. Sempre nella “sezione strategia” analisti politici ed economici scelgono ed elaborano i temi prioritari della giornata e predispongono una sintesi ragionata della stampa quotidiana e periodica. Infine i “writers”, anche utilizzando i materiali raccolti, approntano testi e documentazione da fornire agli esponenti di partito impegnati nei talk show e nei dibattiti pubblici.

 

La “sezione servizi”, addetta alle operazioni più discutibili, è quella che fornisce le informazioni “giuste” affinché la macchina del fango, illustrata da Roberto Saviano, possa operare efficacemente. Essa provvede alla raccolta, presso tutte le sedi istituzionali e private, di informazioni relative ad interlocutori politici, economici, sociali, religiosi, attivi e potenzialmente oppositivi.

 

La “sezione media” orienta l’informazione fornita da televisioni, quotidiani, radio e  periodici tramite appositi “operatori di riferimento”, che intrattengono rapporti diretti e personali con i giornalisti coinvolti.  Informazioni “politicamente utili” devono circolare sulla stampa popolare e all’interno delle trasmissioni di intrattenimento, laddove le difese degli ascoltatori sono meno vigili. Da non sottovalutare i telegiornali lampo di Mediaset:  contengono pochissime notizie ma, confuso tra queste, il messaggio del giorno. Infine tutti gli esponenti del partito impegnati in pubblici dibattiti devono, prima degli eventi in questione, frequentare sedute di “training”, di addestramento al confronto e allo scontro, indispensabili per rendere omogenea l’informazione e più efficaci gli strumenti, i contenuti, le forme della comunicazione. Tali sedute prevedono l’analisi della documentazione ricevuta e la pratica delle tecniche comunicative più aggressive: sovrapposizione delle voci quando gli avversari dicono cose scomode, prevalenza nell’utilizzo dei tempi disponibili e contestuale lamentazione della discriminazione subita, contestazione di qualunque dato o indicatore che avvalori tesi altrui, ripetizione spinta della tesi del giorno e degli slogan che devono farsi opinione comune, controllo dei toni di voce così da esprimere sempre grande sicurezza come se si dicessero cose note e indiscutibili  ecc…).

 

“L’ufficio stampa” e la relativa figura del portavoce hanno un mero compito esecutivo: sulla base delle vicende quotidiane e tenuto conto delle informazioni ricevute dalla sezione strategie devono recitare i comunicati che esprimono la posizione ufficiale del partito.

 

Direttamente di Berlusconi è invece l’intervento per il controllo dei mezzi di informazione. Ce lo ricordano Mediaset, il caso Mondadori, la creazione e il sostegno della stampa fiancheggiatrice, Rai Uno e Rai Due, la cosiddetta Commissione di vigilanza. Resistono Ballarò, Parla con me, Report, Che tempo che fa e Annozero, cioè Rai TRE più Santoro. Ma non si può negare che il premier ce l’abbia messa tutta per eliminare questa anomalia, finora senza successo.

 

Bene, ora l’esercito sputa-parole è pronto, la capacità di fuoco impressionante. Non si deve perdere neanche un colpo: i contenuti dell’informazione, le persone da “trattare”, i metodi da utilizzare sono stati fatti omogenei ed efficaci. Lo spettacolo può continuare.

 

 

Tesi numero due.  Il mondo berlusconiano non ha, come bandiera, la menzogna, ma “le verità” che lui stesso costruisce. Sembra la stessa cosa ma non lo è.

 

Ormai siamo oltre la  macchina del fango, siamo alla costruzione e alla diffusione delle “verità” indispensabili per il consenso, per la difesa del premier, per mitizzarne l’immagine, per rafforzarne la tenuta politica, per il suo progetto politico. Verità che poggiano sul sistema informativo e possono dunque essere manipolate. Quando le cose dette o i fatti accaduti non servono questo fine, semplicemente non sono dette, non accadono, sono dei falsi. Nel mondo berlusconiano tutto è plurale perché niente ha valore assoluto. Lo sono di certo “le libertà”: il plurale rinvia ad un contesto nel quale ciascuno fa ciò che vuole, mentre la libertà costringe a pensare cosa sia, quali responsabilità comporti il suo uso.

 

Non c’è quasi mai niente di improvvisato o di superficiale nelle uscite di Berlusconi. Ci può mettere qualcosa di suo quando parla a ruota libera, di esasperato o di comico da avanspettacolo disponibile a rischiare per una risata. Ma ciò che dice è sempre coerente con una delle “verità” che vuol fare diventare vere o con il contesto, il clima, il costume che vuole affermare nel paese. Tende a togliere alle parole il loro significato, eliminando così perfino la possibilità di essere colto in contraddizione. Tende a trasformare tutto in un gigantesco grande fratello, nel quale la recitazione non si distingua dalla vita vera. Noi protestiamo perché le parole sue e della truppa che lo sostiene sono fuori misura, sono gridate, false, confuse. Il rischio, diciamo, è la torre di Babele, la confusione dei linguaggi. Ma questo non è il rischio, è l’obiettivo, il loro obiettivo. Contraddirsi, offendere, accusare, raccontare barzellette sconce, farsi vittima, annunciare piani sempre mirabolanti e miracolosi: tutto va bene purché l’ultimo titolo sui giornali scacci i precedenti. Perché così, al riparo di questo baccano di parole ormai insignificanti, il potere può fare i suoi giochi.

 

A cosa è finalizzato un così brillante e corposo sistema di comunicazione? A difendersi dai processi, certo, ma Berlusconi sta trasformando i suoi processi nel suo alibi: tutta l’attenzione dell’opinione pubblica è attirata sui processi, mentre in sordina tenta la trasformazione in senso autoritario della nostra Repubblica. Non so dire se in modo dolce, come taluni sembrano pensare, o assai amaro. No, non fa la vittima Berlusconi quando dichiara ripetutamente che non lo lasciano governare, che il presidente del Consiglio non conta niente: prepara il suo futuro. Se non sarà sconfitto non mollerà, e sceglierà il luogo del potere massimo, presidenza del Consiglio o della Repubblica,  secondo il nuovo equilibrio tra i poteri .

 

Tesi numero tre: Berlusconi vuole realizzare nel nostro paese un regime, premoderno, governato da un presidente (del Consiglio o della Repubblica) “absolutus”, cioè svincolato dalle leggi e dagli equilibri istituzionali previsti dalla Costituzione vigente.

 

L’obbiettivo è dare vita ad un regime totalitario nel quale i tre poteri (fare le leggi, farle rispettare, governare)  siano fortemente concentrati su un’unica figura istituzionale e l’informazione sia, per quanto possibile, controllata. Insomma disporre di un potere politico molto forte senza adeguati contrappesi.

 

Anche questa è una tesi eccessiva, forzata? Proviamo a mettere in fila le iniziative già poste in essere da Berlusconi e soci:

- controllo del Parlamento tramite una maggioranza di parlamentari che risponda     direttamente al premier perché dallo stesso nominata: fatto;

- sovranità assoluta del Parlamento, e quindi della maggioranza, su tutti gli altri poteri costituzionali: iniziata la discussione;

- depotenziamento e controllo della Corte costituzionale: lavori avviati;

- rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio e parallelo indebolimento della presidenza della Repubblica (o viceversa): il cantiere è aperto;

- esautoramento del Consiglio superiore della magistratura, subordinazione della polizia giudiziaria al ministero dell’Interno, eliminazione dell’obbligo dell’azione penale e previsione dei reati da perseguire prioritariamente, sostanziale azzeramento della possibilità di fare e utilizzare le intercettazioni: lavori in fase avanzata sotto il titolo “Riforma della giustizia”;

- controllo dei più diffusi strumenti di informazione: TV, giornali, radio, periodici, case editrici, internet. Su questo versante molti successi sono stati già raggiunti.

 

Osservare il quadro d’insieme è impressionante. Eppure nel paese s’è parlato prevalentemente d’altro. Perché? Forse perché ancora molte voci avverse riescono a farsi sentire, ma la società moderna, costituzionale, è in equilibrio perché poggia su una pluralità di poteri, non solo di voci. Poteri che controllano altri poteri,  non voci contro poteri, che sarebbero destinate alla sconfitta. Forse è vero che quando il cambiamento avviene lentamente sfugge alla coscienza. Forse troppe informazioni contraddittorie rendono arduo comprendere ciò che può accadere realmente. Forse molti pensano che basteranno le complicazioni previste per le leggi di riforma costituzionale ad azzerare il progetto. Ma il gioco è tutt’altro che scontato. A condurlo è uno degli uomini più ricchi del mondo che ha ben compreso che gli investimenti nella politica, proprio nel senso delle risorse finanziarie spese per la politica, sono in assoluto i più redditizi, rendono cioè soldi e potere. E quel che ne segue.

 

Tesi numero quattro: c’è sicuramente qualcuno che può allontanare questa prospettiva da incubo, il centro-sinistra, tutto il centro sinistra, se mette in campo un gioco all’altezza dello scontro.

 

Possiamo sperare che i trucchi vengano scoperti e che la gente si stufi: da questa tornata di elezioni rinasce forte la speranza che ormai la fabbrica delle verità abbia talmente saturato l’ambiente da essere diventata inefficace. Possiamo sperare pure che la Lega, punita anch’essa in questa tornata e contestata sempre più diffusamente dalla sua base, non ce la faccia a reggere il gioco e molli. Oppure che la rana, come nella favola, scoppi  per l’ipertrofia del suo ego, cioè che il male stesso provochi la sua distruzione. E ragionevolmente possiamo attenderci che i guasti economici e sociali prodotti da questo governo, e cioè la mancata crescita economica, la divaricazione delle disuguaglianze, il peggioramento della qualità della vita per fasce di popolazione sempre più estese, la caduta dei redditi da lavoro dipendente, la mancanza e la precarizzazione del lavoro, inducano ad un rigetto del governo stesso. Possiamo puntare sui referendum e attendere che la magistratura faccia il suo dovere. Ma non illudiamoci, non ci saranno scorciatoie: dovremo vincere nella competizione elettorale. Di sicuro il centro sinistra unito e le altre forze democratiche possono fermare le ambizioni da presidente “absolutus” del nostro premier. Ma lo scontro potrebbe essere molto duro, e questa volta non è ammesso sbagliare.

Martedì, 17. Maggio 2011
 

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