Se il salvataggio di Chrysler aveva suscitato non pochi commenti, anche se non è la prima volta che lazienda viene soccorsa da un intervento statale, la scelta di GM di ricorrere allart .11 ha suscitato ancor più scalpore e anche emozione.Il 1° giugno i giornali di tutto il mondo abbondano di commenti, analisi economiche,sociologiche e anche culturali e filosofiche sullevento. GM è il simbolo dellAmerica: ciò che è buono per GM è buono per gli USA è la dichiarazione, diventata famosa di engine Charlie Wilson, presidente di GM, quando nel 1953 venne nominato segretario alla difesa da Eisenhower.
Molti commenti sono di routine giornalistica, abbastanza scontati ( fine di unera, un simbolo decaduto, da General Motor a Governement Motor..), ma emerge anche un dibattito più in profondità ,estremamente interessante, sul rapporto Stato/economia, modelli di impresa, le relazioni industriali, la divisione internazionale del lavoro. Un dibattito iniziato ancor prima dellinsediamento di Obama alla Presidenza e che il fallimento e conseguente salvataggio di Chrysler e GM ha ulteriormente esteso. Laugurio è che giunga sino a noi ,in particolare dopo la saga OPEL. Per il momento non se ne vedono i segnali. Anche la proposta CISL sulla partecipazione lanciata al recente congresso sembra più una bandiera identitaria che il frutto di una analisi ed elaborazione condivisa dal corpo dellorganizzazione. I riferimenti a quanto sta avvenendo in America sono superficiali e retorici - nasce il fiore della democrazia economica - non colgono la specificità della situazione e la sua complessità . Difettano di informazione,presentando come novità prassi da tempo in uso: la presenza del sindacato nel consiglio di amministrazione Chrysler risale ai tempi della Presidenza Carter e del mitico Lee Jacocca. Le esperienze di azionariato gestito dal sindacato ( gli ESOP ) si sono diffuse negli anni 90 soprattutto nelle aziende di trasporto aereo, con risultati controversi. Colpiscono lassenza del lavoro nel gran parlare di azionariato e consigli di vigilanza, fatto singolare e preoccupante per un sindacato, e la caratterizzazione ideologica sostanzialmente interclassista. Se si partecipa, magari attraverso il possesso dazioni, non si è più salariati ma soci. Vecchia teoria ripresentata come attuale. Paradossalmente nel mezzo di una crisi finanziaria senza precedenti.
Ma torniamo al dibattito in USA. Prima questione: il ruolo del Governo nella politica dimpresa. Senza lintervento governativo Chrysler e GM non sarebbero sopravvissute. Il Governo detiene la maggioranza assoluta delle azioni nella seconda e una parte cospicua nella prima. Quale ruolo intende giocare o è opportuno che giochi ? Seconda questione: dato levolvere degli scenari internazionali del settore auto il salvataggio con ingente uso di denaro pubblico ha prospettive di successo ? In termini più brutali . Non era forse meglio lasciare le due aziende al loro destino ?
A seconda delle risposte, si inseriscono nel dibattito altri temi di enorme portata: il ruolo del sindacato, la riorganizzazione produttiva delle aziende , i modelli organizzativi, le politiche di prodotto/mercato, le relazioni industriali. Tenteremo di descrivere molto in sintesi le posizioni a confronto.
La prima ,fortemente provocatoria, è stata ben illustrata da Robert Reich, ex Ministro del lavoro di Clinton, in un intervento comparso il fatale 1° Giugno sul FT. Citiamo testualmente perché i cittadini americani che pagano le tasse dovrebbero, oggi, voler possedere GM ?...non per la redditività delle azioni. GM è stata in declino per anni Molti giovani non hanno mai comprato una GM e non pensano di farlo. E probabile che i 50 miliardi di dollari investiti dallo Stato non saranno mai rimborsati. Ma questo sembra non essere lobiettivo del bail out ( garanzia ). Deve esserci altro. Difendere loccupazione ? Non sembra dal momento che è lo stesso Tesoro a richiedere un bel dimagrimento dellazienda ( 20.000 posti di lavoro in meno ). Neppure dare vita ad una nuova impresa redditizia. Il Tesoro ha già detto che questo è compito dei privati e che il Governo non intende fare limprenditore. Se è così lunico scopo pratico del bail out, conclude Reich, è di rallentare il declino di GM, di dare tempo al tempo per una sua indolore scomparsa dalla scena. E parte la domanda schock. Non ci sarebbero modi migliori per utilizzare i soldi pubblici che comprare GM ? Questi fondi potrebbero essere spesi meglio per diversificare leconomia del middle West. Per formare i lavoratori licenziati garantendo loro un reddito . Ma conclude nessun politico ha il coraggio di far sparire GM. Sarebbe impopolare .
Robert Reich non è un liberista, anzi. La sua tesi viene però, in altri termini, ripresa da settori repubblicani critici verso lamministrazione Obama, per sostenere che è illusorio, data levoluzione degli scenari di mercato, puntare ad una ripresa delle due ex big dellauto USA. Il baricentro della produzione si sta spostando in America latina e Asia. Li si faranno ancora profitti producendo automobili e si possono saturare le capacità produttive oggi eccedenti. In quanto al mercato nordamericano è estremamente improbabile un recupero da parte di GM (e Chrysler ) data la presenza aggressiva dei produttori asiatici che già ne detengono ampie fette. In Europa una posizione non dissimile, sia pure temperata per esigenze elettorali ( in Germania a settembre si vota per la cancelleria ), è sostenuta dal Ministro dellindustria tedesco a proposito della OPEL filiale europea di GM. Ironia della storia. Lazienda fondata da Adam Opel era, nelle temperie economiche seguite alla crisi del 29, sullorlo del fallimento da cui fu salvata dallacquisizione a prezzo di svendita dalla GM.
A Reich rispondono economisti industriali di area democratica , tra gli altri, Tom Kochan studioso di relazioni industriali al MIT e Barry Bluestone Professore ad Harvard e profondo conoscitore del mondo sindacale dellauto con cui ha cooperato per molti anni. Citando Obama non possiamo permetterci il lusso di sprecare una crisi sostengono che il Governo deve farsi parte attiva per limplementazione di un coraggioso piano di reinvenzione del settore automotive. E un momento magico afferma Barry Bluestone , analogo a quello di un altro periodo di crisi del settore allinizio anni 80 quando si parlava di neo infant industry. Allora si tentarono alcuni esperimenti di grande interesse (la joint venture in California tra Toyota GM, Nummi ; il progetto Saturno) i cui principi base possono essere oggi ripresi e aggiornati. Momento magico perché molteplici fattori convergono e impongono un radicale mutamento di prospettiva di prodotto , di processo e culturale. Senza di ciò, avrebbe ragione ragione Reich.
Anche se Obama dichiara che non credo che dovremo fare del micro management , nei fatti GM è unazienda pubblica e lo è, parzialmente, anche Chrysler. Ed è lo Stato che deciderà il gruppo dirigente. In GM cinque o sei membri del consiglio damministrazione saranno di nomina del Tesoro, già sei amministratori sono di fatto scelti dal Governo, la UAW e il Governo canadese avranno un posto ciascuno. Il fatto di dover ripartire da zero osserva Barry Bluestone è una chance rilevante. Le aziende dovranno riformulare i loro piani strategici di marketing riducendo il numero di marchi, smettere politiche di mercato suicide di continui ribassi e concentrarsi sulla qualità e linnovazione di prodotto. Riconquistare la fiducia dei consumatori rivalutando la propria immagine. GM e Chrysler hanno a questo proposito un problema terribile ,analogo a quello di FIAT ventanni fa quando era sul mercato USA.
Lultimo rapporto annuale di Consumer report ,vera bibbia per chi voglia comprare unauto in USA, consiglia lacquisto di solo il 19% dei modelli GM. In quanto alla Chrysler la situazione è ancor più vulnerabile. I suoi prodotti sono minivans, modelli sportivi, SUV che laumento del combustibile e la problematica ecologica ha reso meno attraenti.
Quali sono i componenti del momento magico di B. Bluestone ?
Primo :il consumo energetico e lemissione di anidride carbonica : è impensabile che il prezzo del combustibile rimanga ai livelli odierni. Inoltre il riscaldamento atmosferico impone di ridurre drasticamente lemissione di anidride carbonica e particelle inquinanti. I vecchi incrociatori tipici della produzione USA, i divoratori di gasolio come suv, jeeps, minivans devono lasciare il posto a vetture di minori dimensioni con motori a basso consumo. Nellattesa dellauto elettrica a costo accessibile a larghe masse ,che può nascere solo con forti investimenti in ricerca e sviluppo.
Il secondo fattore è linvecchiamento della popolazione e il fenomeno di riurbanizzazione. I giovani preferiscono auto meno ingombranti e gli anziani, sempre più numerosi, sono poco propensi al cambio di vettura. Si ritorna ad abitare nelle città o nelle immediate vicinanze con conseguenti problemi di spazio, mobilità, inquinamento, necessità di sistemi di trasporto integrati rotaia/strada.
Il successo della beatle della VW (prodotta in Messico ) starebbe nella capacità di risposta a queste nuove esigenze. E non solo la coccinella si è venduta bene in USA ma ha rilanciato la vendita di altri marchi VW. Più nessuno oggi racconta barzellette sulle auto tedesche, sulla loro bruttezza o cattivo gusto. Dimostrazione che una cattiva immagine può essere rovesciata. Succederà anche per FIAT-Chrysler ?
Quindi lobiettivo del rilancio di unindustria auto americana è raggiungibile se si cambia è il mantra di chi non concorda con il pessimismo di Reich. Ripercorrere la strada tracciata da VW è lindicazione ma , al momento, mancano alle due big salvate, la gamma , la tecnologia e anche la cultura manageriale, come riconosce il nuovo presidente di GM, che permetta loro di ripetere la formula. Si parla molto della Volt, la vettura elettrica di GM che uscirà nel 2010. Lo Stato si è già impegnato a sostenere piani di investimento per la Volt ma il prezzo rimane elevato ( 28.000 euro ). E difficile pensare che questa berlina possa essere il traino del recupero di GM nel breve periodo.
In quanto a Chrysler, la FIAT apporterà, tra due anni, nuove tecnologie nella motorizzazione e una piattaforma per vetture di piccole dimensioni. Verrà utilizzata la rete di vendita Chrysler, fortemente ridimensionata, per il ritorno di marchi italiani nel mercato USA. Avranno successo ? Agli americani piacerà la 500 ? Impossibile fare previsioni. Troppe le varianti in gioco. I livelli di recupero del mercato americano dopo le drastiche cadute degli ultimi anni ; le politiche della concorrenza asiatica già presente in USA; i cambiamenti sociali e di consumo.
Il terzo fattore sono i nuovi scenari internazionali del settore. Lindustria auto mondiale è capace di produrre 90 milioni di vetture allanno per un mercato sceso a 55 milioni. Sui mercati emergenti in Cina e India i costruttori nazionali stanno acquisendo parti sempre maggiori dei mercati nazionali. Lo stesso avviene sul mercato nordamericano. Che possono fare aziende sclerotizzate che in cinque anni hanno perso più di 60 miliardi di euro ? Solo una rivoluzione culturale, di management, del modello organizzativo e di regolazione sociale può far ritrovare allindustria auto americana una parte del posto che occupava. E possibile ? Il Tesoro americano ostenta ottimismo puntando ad un recupero di gran parte del prestito pubblico nel 2013. Improbabile, sostengono analisti del settore, senza piani coraggiosi in cui lo Stato, azionista di maggioranza, giochi in prima fila, non stia alla finestra e proponga un nuovo patto sociale, una nuova jointness: termine piu vicino alla codeterminazione che alla partecipazione . Ma non facciamo questioni terminologiche. Contano i contenuti precisa Bluestone.
A corto termine lobiettivo della casa Bianca è duplice. Evitare la liquidazione pura e semplice con costi enormi soprattutto politici per il paese: Mantenere in vita aziende americane nella fase di passaggio tecnologico dalla combustione alla elettricità. Una scelta pragmatica e strategica allo stesso tempo. Ma anche un rischio politico enorme. Per questo Barack Obama ha fatto appello a tutti gli attori interessati: management e sindacato in primo luogo.
Quindi jointness come strategia imparando dal passato, innanzitutto dagli errori. Il primo errore delle esperienze di ESOP (il sindacato detiene un cospicuo pacchetto dazioni ), sostiene T. Kochan, è stato il concentrarsi eccessivamente sul livello azionario. Se le retribuzioni dipendono in misura eccessiva dalla borsa, non solo si rischia uneccessiva volatilità ma si ha uno sganciamento dalla prestazione di lavoro. Il sindacato viene vissuto dai suoi membri non come unattore di tutela ma come un investitore e lo si misura dal successo in questo campo. La cautela con cui la UAW tratta il problema delluso del pacchetto azionario è significativa. Il presidente del sindacato è giunto a dire che prima cè ne liberiamo meglio è. Le azioni sono state date in compensazione di debiti che lazienda aveva verso i fondi pensionistici e assistenza sanitaria. Devono coprire le spese per medicine e pensioni ad una popolazione anziana di ex dipendenti sempre più numerosa.
Il secondo errore è di non aver investito abbastanza in formazione. Un diverso modello organizzativo dimpresa richiede forti interventi di riqualificazione ad ogni livello. Il terzo errore è stato aver abbandonato alle prime difficoltà esperienze come quelle della NUMMI e del Saturno per mancanza di volontà politica e per gli effetti di un clima economico sempre più orientato alla speculazione che non alla produzione, ritornando alla vecchia burocratica routine.
Quarto errore: non aver inserito le relazioni industriali in un quadro strategico più vasto di rinnovamento della cultura manageriale. Le relazioni industriali sono una risorsa non un ostacolo, afferma il Professore del MIT. Espressione ripresa da Obama allincontro con i sindacati poco dopo la sua investitura. Non ripetere quindi questi errori e costruire un sistema di relazioni industriali che valorizzino la prestazione di lavoro a tutti i livelli come fonte di qualità, di innovazione. Riconoscendo e valorizzando professionalità, sviluppando polivalenza attraverso nuovi modelli organizzativi che vedano la presenza del sindacato. In altri termini rivalorizzare il lavoro.
A questo proposito colpisce la centralità del lavoro in parecchia nellattuale elaborazione accademica in Nord America. Un effetto della crisi? Certamente ,ma anche il frutto di un interesse mai scomparso anche nel periodo di grandeur del liberismo e della finanza creativa. E evidente che un sistema di relazioni non può cambiare senza una cornice di sostegno, un modello sociale adeguato. Per gli USA vuol dire un diverso finanziamento del welfare e la sua generalizzazione ; unaltra legislazione del lavoro che permetta al sindacato una presenza più diffusa. Su entrambi i cantieri i lavori sono in corso. In quanto al dibattito sul futuro dellauto, ci riguarda? Può insegnarci qualche cosa ? Ne siamo convinti e cercheremo di dimostrarlo in un prossimo articolo.